1 -V
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/
DELLE
FRASCHERIE
D I
/
ANTONIO JIB ATI
/ 1 '
Falci Tré. i ; /
\,S
Quicquid agunt homines > votum 9
timor y ira , voluptas •
Gbudia y difcurfus , nojlri ejt
F arrogo Libelli .
Iuuenal. Satira Prima .
r y v»
/V
,v/r
In FR ANCFORT, 1V73'.
Ferii Heredi Sardani.
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L AB ATI
ài . . . * « *
AL LIBRO.
r
là fpunta la tua luce , ò Li-
bro . Sorgi homai , e /li-
mola le fonnacchiofe pi-
atine al camino. Affret-
ta i pa/H j che fe’l tuo
Viaggio tènde à gloriola
meta, porrefti giugner di notte ,* perche»»
alla Gloria non mai , che nell’Occidente
s’arriua. 1'
* Non badare à raffazzonarti molto, pér
che il Pellegrinaggio non vuòl pompe: -e
molto meno deui hauerletù, chepremé-
do vie non legnate da humano vc/ligio',
lei certo, che non ti mancheranno fterpo-
ni; che ti sferzino, pruni, che ti pungano.
Oh quanti Libri fon’hoggi i che peregri-
nano co la Giornea d’vn bel titolo, frà gl*
ìncaflati arne/i , non hanno poi hafbitb dà
A 5 mu-
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è
mutar cófftpàrfa , c veftimento, che geof-
folano non fta .
Sù,che amerelti di hauer teco Compaq
gni, da confabulare in cammino; mà non
ti verrà fatto . Molti però dormono; per-
che non hanno pellegrini gl'iqgegni, altri
, vfeiranho tardi , perche il viaggio loro è
più corto del tuo, & altri precorferoi
tuoi muouimenti al notturno raggio *,
perche fi vergognano d’dler vi rii . ego-
dono di peregrinarealla cieca.Non ti cu-
rar di quelli : già che la luce delle loro
Stampe è come quella d’vna Prigione fe-
greta a i Rei, che più vale à pigliar aria_» ,
ch’à farfi vedere.
Non faria gran fatto in quello tuo ca-
mÌHarfolitario,che vrtafiì nei Malandrini
non ti Rapir deli -incontro : perche i La-
dronecci hanno per lo più origine dalle
careftie , e chi non hà robba, và a rubba_»
Preparati di hauer à pagare chi ti fà in-
f iuria,e ti elficura intanto,che auuerrà a i
,adri come alla Cornacchia di £fopo,
chefpogliata, dalle rapite pene, molle
iirifoài .-pennuti, ò come quell’ Alino,
che sbraueggiando fotto la mafehera di
vn Cuoio, che fuo non era, fù derifo
dalla Volpe , che lo riconobbe al rag.
ghiare .
Spero , che ti conuerrà far tranfito per
molte Città, ein quelle trouerai,fe ben_*
cerchi qualche dotto, e nobil hùoino,che
non pouero di fpirito t’offrità patroci nlj>
. - &
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& hofpitij . I miei Padroni , & Amici fon
pochi ;mà fon tali, che per honorarmi ,
fonficuro, che ti raccoglieranno, pel-
legrino, ti compatiranno incfpcrto, ti
ripareranno lacero , ti «fioreranno fian-
co.
Ti rammento,chc tù hai gran fembian-
za di cattino , perche hai teco vn Mondo
di cofe, e nel Mondo è hoggi poco di
buono , e però non t infuperbirc , s’alct**
no t’inalzafie alle (Ielle , dicendoti , che-*
l’intelligenza de* tuoi verfi è Phebo, ò
che nelle trafitture de’ Vitij ti porti da_*
Marte ,più tofto , fe vuoi lode di celefle
Natura » in quelle tre co/Tc profeflfala . A
quei Perfonaggi, che ponilo compartirti
fpleudore, balena i tuoi lumi. A que-
gli Amici, che fono trombatori del tuo
«onorato talento, tuona le loro glorie .
A quei Giganti , che per foprafairi ,
ardifeono d’inalzarfi , che non è dato
loroilgiugnere, c fulmina le tue Sati-
re.
t . Nel vagare fra ingegni ftranieri, e bar-
bari , compatifci quei molti , che non in-
tenderanno i tuoi detti , foffri quei mol-
tiflimi, che diranno, non hauer tù l’inten-
dimento loro, confiderà che non fenza_<
cagione t'hò fatto io ragionare à gli E-
fefi ) .
Se piacci ad vno in qualche cofa , dì ,
che per lui ti mouelli, fe gli difpiacci i rL.»
molte, dì, chcpafiì à veder altri, fe lo flo-
A 4 xni-
s _
michiin tutti, dì, coraggi ofamente, che-#
anch’egli in tutte le parti tifà naufea_».
Sempre la tua Fede farà più autentica del.
la Tua, perche è di feritto,efon teco Tetti -
moni j che la confermano .
Se tu confeguilfi mai accoglienza fui
bcncuolc labro di qualche Grande, fanne
conto, perche ,
* prineipibus pi acuiffìg viris non vltima
la us efl . Hor.
nè temere, che alcuni d’effi habbia pa-
rentelle in Alia , per imprender à tuo
danno la difefa di quegli Attacchi , di cui
mormorando vai . lnoftri perfonaggid’
E uropaj-ed Italia fon veri, e di non__>
mentite lodi fon degni ; onde non cure-
ranno, che in Arte tù finga cenfure in que-
gli Afiatici , che non furono mai in Na-
tura ,
Ti fei sfigurato Ih Idea vnCorpofan-
tafticodi vitio,c come tale, tiponeftià
notomi zarlo in tutt’i gradi di perfone-* ,
per infegnar altrui à conofcer, da qual
parte può contaminarfi illutto di vn Mi*
crocofmo. »
, Tu non ifuifeeri i corpi de’viuéti, per-
che quelli non fon capaci di taglio; c le-»
Notomie fi fanno fempre ne membri di
fentimento priui;ond’è imponìbile, che fi
marauigliano i Sauij , che tu laceri in a-
flcatto i picciotti me tani, e* grandi.'men.
tre fi sa , che i Notomi (li non fi fermano
sù l’ofscruationi d'vn’anguinaglia, e di
vai
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vna milza, màricercanO'etiandio le vene
che hanno conneffione col capo, e col
cuore , c più quelle alle volte , che i mu-
scoli delle eftremità s’incidono. I vitij
cenfurati ne gli huomini fon co >;e—
FRASCHE reciTeii» Campagna , che_#
guanto più fono di legna grofse , più du-
rano j Io fterpar i Fufcelli minuti, che po-
co s’ergono, è vn far prouifioni da ple-
beo, e vn ammafsar materia , atta folo
à recar vna luce momentanea al tuo ca-
mino .
Sarà alcuno , che v edendoti fra varie-»
Sardnedi profe,edi veri! con ì’infcrit-
tioni dirette ad altri, crederà , che tu fi a
più tollo il Vetturale, che il Padróne di
etììjmà và pur iicuro ; perch’io farò cor-
rer voce , ouc palli , che le prole , e i ver#
Italiani , c’hai teco>benche conuoiatidai
tuoi Di ritornò condotti da Autori Ano.
nimi, fon però t«tti tuoi Carriaggi, e Ba-
gaglio. • '• •
Haurò anche cura , di far noto , che ti
' vengono dietro altri FASCI di robbe-» ,
già che in quefta Condotta , in cui i Fa-
gotti paion molti, le Come fon tré fole-* .
E vero, ch’io non pofliedo Stabili in_»
quello Mondo j mà fon però iia concetto
apprefso gli Amici , d’hauer del Mobile.#
afsai. - -
Preparati intanto per la Robba nuoua,
che trafporti bora, d’hauer à pagare vn_#
buon Pedaggio a’Cenfori ; benché à dir il
A 5 vero,
IO
vero,potrebb’eflere, che vi rifparmiafli
queft’interefle;poiche te le vedrai dai lo-
ro critici rimefcolamenti lacerata in gui-
fa , che haurà più cera di vfata, e di logo-
ra.
Nel reflo non ti mancheranno graui
fopracigli, copiati dalla fronte di Catone,
che ti terranno in conto d’vn Fantacci-
no, vedendoti viaggiare alle volte con lo
flil pedestre . Deridili, ct’aflìcura, che
s’efli di caualcare profcfsano, èforza_.
c’habbiano dello Stiuale più che tù non_«
hai.
T annuncio per vltimo , che a molti ;
finche fei giouanne , farai gradito, ma col
tempo potrefli cfser efpollo fra i Riuen-
dugli delle Piazze,cioè morto,come tut-
to poluejod imbalfamato,come vnto dal-r
le mani del V ulgo ; non ti rammaricare ,
perche quelli mali , ò limili pronolticò
anche vn Horatio al fuo Libro .
Cbarus eris Roma* donec te deferat
dtas 9
ComreftatHs vbi otatiibus [orde (cere
vulgi
Caper/s , aut tinca* pace* taciturnus
inerte* ,
uiutfugies l r ùcam , aut vnfìus wittc-
rts Herdan*.
Due cofepuoi fperar di buono , che fe
non viurai immortale, forfè morrai in-
corruttibile, perche non ti mancano Sali;
cfc auuerrà mai , ch'altri Libri comparir-
cano
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cano più di te ornati alla luce , forfè niu-
no d effi farà di tc più neccfsario alla cor»
rcctione dVn-Età corrotta .
Inchinati al merito di quel Per fon ag-
gioȈ cui facrafti le tue fperanze, prima di
farti conofcere, c da cui traefti guiderdc*
ni , prima differirgli i trituri . In quello
Secolo vanno anche al rouefeio i Pianeti;
< ondepotrebbiffere,chetu confegunfi vn
giorno dal fuo Marte quelle beneficenze,
che non afsaggiafti mai da vn Gioue_-f.
Vanne in buon’hora.Viui lieto, e già che
fei parto d*vna Tefla, sforzati d’hauer
cerueilo.
• . . • . Addio Figlio.
titiano a b a n o
.. al libro.
L ìbr o,tu nafeì adejfo ,
Non ti Ugnar, fé in teneri Natali
Proni maligni i mali .
Fà Nat ura i Bambin nafeer inferni i.
Genera lnuidta ai nati Libri i Ver-
mi,
A 6 II
Digiti;
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“IL .SIGNOR
L VI Gl F I CI E NI
Al Libro . ..
B EI Cantar de l'Età 3 Parto fecondo ,
Nafcìcon l’arco in manfott'al mio
guardo , -
Per combatter et trar l'otto codardo ,
. Incatenato al tuo Valor facondo .
JMa di palme [icttro io non circondo(do«
La penna tua già trasformata in dar -
Che quaggiù dominando Ajlro infin -
gardo , ■ {do.
Letto in Pindo farai più che nel Mo-
Hoggì non s'erge al Ver halz.a di Paro ,
L'ombra fifugge dt pungente Alloro j
Ne plettro , eh' ammaeflri al mondo è
caro .
Grato fia foto il tuo ferir canoro ,
Al cupo fen de l* affettato Aitare :
Poiché ogni Jìral > che vtbriihàpnnta
doro. v
LET*
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-
LETTORE.'*
x
I N quell 6 Libre di finta Critica ^
non mi cadde in mente di pecca-
re contra lavera humanita ctalcu -
» *
no : e pero molto meno nella Diuini-
ta di quei Religiojfi precettile* quali
ojferuator fui fempre . Ft proteflo
dunque > che le voci Fato , JDeJlino »
Fortuna 3 Sorte , Bei, idoli , e fimili
fono in quefie carte puri termini di
Poeta 3 e non impuri mot ini d* animo
Ethico #
'i
vm
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Vidfc D. Mauritius Girebaldi
Cler.Reg.S.Pauli, Penit.in
Metrop. Bonon. prò Emi-
nentifs. ac Reuerendifs.
> • Card. Archiepifc. & Prin-
' cipe. -
% 4 * * *
f \ f *
Imprimatur.
Fr. Ioannes Bapcifìa Brufa_»
Ord.Pratd.Sac. Theologias
Ledtor, & S. Offici] Bono-
,niat Provicarius .
/
D E U
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1
FRASCHERIE
l ’ l *
a Snet .Tranq. b Plut.
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ENAVA l’Afla in vn feco-
Sp lo, c ^ e ^ acea dubbio, s’era
K^tl il tirannico, in cui regna-
ua Caligola, ò’icalamito-
fo > in cui egli a anhelaùa
^fsere. I flagelli dei Cie-
lo crefccuano di pari grado con l’huma-
ne ingordi gie,come ne 'corpi infermi con
l’ardore d'vna febre s’auanza anche la fé-
te.E perche, à parer di Solone, b l’eguali-
tà non fà mai guerra, la difuguaglianza de
gli humori hauea cagionata sì bellicofa
intemperie alla tranquillità dell’Afia,che
pareuano tinouare a’fuoi irreparabili
efternrinij le duali oppreflìoni dVn Mi-
tridate, ed’vn Siila . A molti grandi , a*
quali pareua tolto l’efsere, perche man-
caua loro la potenza di fare, altri alimen-
ti non rimancuano,che sài rimafugli de*
Sudditi , & à molti Sudditi, lecui fati-
cone induftrie erano cotidiani facrificij
a*Pa-
i6 . Delle Frafcherie
a’Padroni , non reltaua altra cagione di
viuer lieti, che il non hauer più da perde-
re, nè più da temere. In tanto, perché na-
tura de* mortali l’ofseruar con occhio
torno le profperità imperiofe, fembyaua à
prima fróte vn refrigerio dei trauagliato
Vulgo, poter vantare coTuoi maggiori v-
na confimile proportene nelle difauué-
ture : métte la Fortuna auezza a baleflrar
i prillati qualificaua có le percofse, da lei
fegnalate sù i grandi, la vilipefa cònditio-
ne de* Tuoi colpi volgari. Era vn folazzo
de’ miferi , fl-veder depredi , ed auuallati
quei Monti, che poco dianzi nella penofa
vallea degl’infimi aduggiauano con 1 ohi.
bre loro tiranniche i femi delle virtù hu-
mane:epóderauano i Sauij, ch’efsendo la
fortuna vna efecutrice dei diuini decreti,
non conueniuale, il fard vincere di gloria
da quei tali,che delle Deità fi fanno emu-
li : mà più tolto infegnar co colpi di mae-
flreuolc ferza quello gra dogma ai Prin-
cipùche non per altro fi fè cieca Fortuna,
che per non diftinguere dal volgo Imma-
ginate franchigie dei Potenti , ferendo cò
vgual fini (tra chi viue. E perche reputa-
uafi comuneméte,che i maggioriTi ranni
dell’vniuerfofi fufsero feelti per fato
difperder i Regni Afiatici, viueuano in-ì
dubbio i popoliiCom’auueniua ai Roma-
ni ne le coutefe d’Othone,e di Vitellio, a
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F afe io Primo . 17
per qual d’eflì doueuano ricorrere ai
Tempi j , facrar le preci , ò deteftat i voti,
mentr’era certo , che Caria (lato Tempre il
peggiore , chi hauefle vinto .
Haueuano antichi, & onorati affari per
l'Ionia alcuni ben agiati Patriti j Europei,
che per efler dei beni d’vna ftranicra for-
tuna corredati, men de gl’altri i mali dell*
intelaine calamità fentiuano. Eran cotto-
lo dimoranti in Efefo ; e quantunque di
famiglie dittimi , vinti però di volere , ne
menauano per lo più frà infeparabili con-;
forti j la vita.
Godeua frà quefti vn vanto di priuile-!
giara Rinomea Stamperme Caualicro d’-
alto legnaggio , il qual haueua in Ce fretto
quelle due prerogatiue congiunte,che frà
i nobili indiuidui di quel fecolotroua-
uauii malageuolmente diuife,cioè à dice»
diuino Ingegno nelle feienze , &humai-
niflima Idea nei coftumi .
«. S’crano a cafa di Stamperme trasferi-
ti in vn giorno eftiuo alcuni de’ prati-
cati Amici, per diuertir futili col (p!-
lieuo di qualche cfemplare ragionamen-
to la noia d*vn fonnacchiofo meriggio .
mà parendo all’hofpite , che gl’anim 1
loro fufsero anche da vn iufoìito ftupo-
re ingombrati , vago di fcuoterc dal-
la mefta taciturnità i loro viuaci talen-
ti, prefea faueliar ai medesimi in cotal
guifa .
Amici, Non sò fe vi facciano più guer-
ra
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18 l>elle Frafcherie
ra i pensieri , ò vi diano piùpcnfieti
guerre. Di gratta ponderate alquanto,
qual fia hoggi l’hauere, e il faper vo-
lto. I danni, che dalle militie,e dai Graui
di il tragono,fon communi per l’Afiaj mà ,
la natura ha fatto commune quel ch’è
grauiflìmo ; accioche 1 egualità nella fie-
rezza del fattoci riconfoli .. I Cieli fono
inesorabili ,* nè per ingiurie fi placano ; è
però , fe la volontà non termina il pianto
col configlio della ragione v non attende-
te s che le ftelle ad iftàza de’noftri arbitri)
dian fine . La volontà che à fuo talento fi
sà alleuiar gli infortuni j ; ed architettar le
letitic, hà forza di conuertir ogni cofa, fe
non in oro,in quello almeno , che con_*
l'oro non fi compra . E maggior Ventura
quefta di quella di Mida » che
In penaf il de l'auide preghiere
T ratte hauta sk te dita auree miniere •
Perdette, e vero, vna gran parte delle
fottanze vottre j mà fe ponderate , che la
maggior ancora ne ritenete, voi acquifta.
te molto.Confittono Colo le voftre perdi.
te,in dimenticar quel che vi rimane, quel
che il Cielo non vi tolfe. La fortuna vi fè
fobrij , ma non digiuni ; anzi hà corpi di-
giuni l’Ioniaiche fi riempirebbono con le
y oltre reliquie* Ricordatati eh è fatio
quel volete, che hà quel che vuole, quan-
do non v uole, fe non que 1 che può . Au-
uampano di martiali incendi j le Prouin-
tic d’ Afia a noi nego; mà fe la Terra non
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F afe te Primo . 19
sà cefs&e gli alimenti alle fiamme , Haura
ben hnmore da eftinguirle il Cielo .
Non fempre gli Aquiloni
* De V aereo fentier votul? il onde ,
S qtt affati fremendo à l'ampia Hirci-
nia i legni ,
Bruma d'Olenij [egni
Non mandan fempre i gelidi T rioni ,
/ tronchi adulti à vedouar di fronde »
V \rtkì ehe'l fuolo afeonde , -
Spunta in aprico al variar d’vn
Cielo :
E a chifojferfe il gelo ,
D a V Arabiche vie
Torta vn Aprili' A ut urne do del Die .
Pitagora comandò ài Tuoi di fccpoli,-
che né il cuore,nè il cerebro diuorafsero/
cioè che non fufse da loro con le fifss ap-
prenfioni diftemperato il cecuello , né il
cuore con Smoderate cure trafitto .
Meglio è batterne la feteAlma, che^
rida ,
Ch' a ritto et or mouer T am alee fauci,
- Ne la lieta penuria è fatta Battei ,
Ne la copia penofa è voto Mida . '
E cosi natura dell amicitie palefare i
cuori, come delle me Ititi e l’afconderl irgli
animi turbati fon come 1 acque torbide ,
le quali non fanno feernere ne'fondi de’
Fiumi quelle arenile, che nelle limpidez-
ze traspaiono. Nelle aperte chiarezze de’
difeorfi noftri il (coprano da noi à vicen*
dai più occulti penetrali ddlanime, eli
io 2 Ielle Fraf cheirte
(offrano con lieta toleranza le mefte tra-
fitture del Ciclo. La patienza è vn Nume
tutelare dc’miferi , vn Cuftode della no-t
ftra coditioneJDiceua vn faceto ingegno.
Ho fempre intefa dir quefla fentenz,a,
Borja de * Letterati e la Penuria >
Moneta de la borja e la P attenda .
Qui fogghignarono in vicendeuoli ri-
fpoftcgl’ Amici, e Stamperme vedendoli
alla letitia , & all’attentione auujati , cosi
proftguì. .
E vero, che la fecura hilarità d’vn fiori-
to fecolo,come quello d’Augufto era,nu-
drifcegli ardori dellcemulationi,e* prua*
ti della Gloria, a Certamenvirtutis,&
ambino gloria ftlicium hominum affé-
Shts, difse Tacito . Come in contrario i
moti fatalide’Regni fcuotono ogni vaio,
rofa co/tanza de gl'ingegni humanijil che
auuenue ne’ tempi della efpeditione di
Xerfe contra la Grecia ; ma che vogliam
far noi <ie J talenti noftri, ò Amici, mentre
così girano i Cieli/ Allettiamo che’l Sati-
rico ci fgridi,che£ ne parata, quidem ar -
tes audemus cog^^/eerccQueli’ammafsa-*
re in sè fteflò fenza vfo le dottrine de’ li-
bri, è yn vitio tanto peggiore dell 5 Amarr-
ila , quanto che vn dotto Capo in morte
non benefica i polleri come vn Erario
colmo. Sia dunque il mio Albergo in-»
auuenire vn erudita Paleftra delle voftrc
tnav
a .C otn.lhctt, t i etr.si.rt/,
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* ,* ^ , .• • • . —
5 T a feto Primo . .. 21
menti , e fe le lettere fliron parti in voi
d’vninduftriofa fatica non vi venga hu-
moredi dar loro entro vn neghittofo
otiola tomba. Non v’è il più pouero
d’vn ricco auaro, nè il più ignorante d’vn
dotto torpido ; màdirò meglio. E così
vergognofo perdere il pofseduto, quando
E trafeura , com’è difficile il ritinere quel
che s’hà quando non efcrcita.I fegreti (lu-
di j non così vagliono a i profitti , come»*
T v(o d’vna palcfc reminifeenza, a Plus fi
f ’eparesj vfusfiue dottrina >quam cura-»
vfum dottrina valet , difse Quintiliano.
Se i moto di ruinofe guerre ci toglie hog-
gi il cóncorfo d’vna compotenza emula ,
l’otio d’vna priuata pace non ci negherà
almeno d’vn compagncuole rifeuoti-
mento la mofsa ^ nè farà poco a chi non_^
può appagare i defideri j del Capere, il gratr-
tarne i pruriti . E vero, che
b T urie bertefortis equus referando ear \
cerecurrit> \
Cumquospratereat quo [uef equa-
tori babet: « < :
Mà fe Tefempio dell’altrui carriere-*
non farà fporoncà’ progredì noftri, potrà
ciafcuno di noi conchiuderc con Lucia-
no , che e fatillìmum eft iuxta prouer-
biumfolum currentem vincere .
Mentre con ifcambicuoli ragiona-
menti giua Stampcrme difponendo a’ vie*
tuoi!
a Slnint' b Quitti c Lue*
j by Google
a* Delle Frafcheri»
tuoi! paflàtempi gli animi de’ fuoi Amici *
& eflì co’ loto voti concordi a 7 Tuoi pro-
fiteutoli cordigli accorreuano,ecco d’im-
prouifo fopfauegnendo Ticleue,il filo
de* loro cominciati difcorfi interruppe .
Era coftui per le agitationi d’vna tra-
fcorCa vita fopranomato Io fcherno di
fortuna. Com’ huomo di verfatile natu-
ra , nel biafmo de’ praui huomini , e nella:
commendatione de* buoni ,
Quel Satiro parta, che in doppia banda ,
Si vantala faper con un Jet fiato
JRifc al dar, raffreddar mano, e vi»
uanda , -, 1 .
Seguì vn tempo le Corti , per guada-
gnarui; mole fuggì poi, per non perderli .
Le (Ielle l’haùean formato miglior Poeta,,
che Corteggiano:perchefapeua più finge,
re conuerfando in carte , che trauerfando
in Corte: e però era folito dire, che le na-
ture Corteggiane ammorbano 5 odim-
pouerifeono. Quelle Vergini Mufe,le_»
quali il vipp.fo/ecolo, ò non ama, perche
non può violarle, ò non sà honorarc, per-
che, a vergogna furano con fuo decoro
trapottate da luì vna volta alla Reggia^;
d’ vn imperiale Perfunaggio, la .cui accre-
ditata Pietà ò tracciaua miferie dafoc»
correre , ò meritauaiacQndie-: che lo de- ,
cantafleio . . J (tantum;
a Epfpeh^ ratio HHdmHm.inCafar^ •
: ‘ So/us
Fa feto Vritno l 2;
Solai enim triflcs hac temperate Ca -
mainai
Refpexit ,cìtm ìam celebra, itotiau<ù
Poeta
Balneolum Gabijs , RomacondttcerO
furnos -
Tetitarem .
Tratto al fine dal genio d’vna placida
fpeculatiuaritolfe alle attiuità corte»ia-
ne l’arbitrio : e diedi frà le conti atte ami-
citie all’ingenuo godimento d’vna priua-
ta quiete . La vera Filofofìa, diceua egli,
tutte le cofe infegna, fuor che il viuer coi
Prencipi; perche ella, nel trouar l’amo-
re della verità , vuolripofo, e libertà di
vita .
Entrò con ridente vifo Ticleue nelle.#
ftanzedi Stamperme : &à gli Amici, che
della cagione delle fue improuife lctitie il
richiefero,così incontinente rifpofe.'
Vengo, Amici di Corte, oue fpettatore
mi trouai d’vn beiPatto . La Padrona i dì
palTati intimò à Caualieri piò ricchi della
Città, che gidfero à giocar Ceco in Palaz-
zo ^ &hoggi appunto d è appiccata la-#
mifchia . Hor è vn leggiadro fpetracolo , 1
il vedere da vn lato vn Donatore , che.» h
vuol efser rubato dall* Volontà, per obli* «
garla Fortuna, e dall’altro VnAuara^J
che vuol doni dalla Fortuna, per non-#
haucr oblighi alla Volontà . Voi già in-
tende/le la Cifra . I denari di quei Gio-
catori fon come gli Animali.» che videa,
cono
\
by Google
' 24, Delle Frafcherie
rono il Leone infermo , ninno nc torna-*
indietro . Si portano borfoni pieni, mà fi
fanno voti , perche i voti non fi fatino ,
che per riceuergratie. Pcnfar di vince-
re è cafo da proceffo , il vincere è corpo
del delitto. IlGiuocoèdi Primiera^» ,
ma le regole fon difordinate, chi non fa
Tempre pafso , non può far pafsata ; chi
non getta al monte, ftà fempr.c baffo , e-*
moftra molta puntualità , chi inoltra po-
chi punti- Infommachi nonafeonde le
Primiere, fi fa veder frà gli vltimi*. echi
vince col Flufso è tenuto in quel luogo ,
onde i Aulii hanno efito . Hor che dite di
quello fepolctto, Amici? Dou’è quel tem-
po d’ Augufto.il quale fi vantò in vna let-
tera a T iberio, di non hauer maggiore , e
più comoda occafione di donare, che ia_*
giuoco? Hoggi il Giuoco vale d’ occafio-
ne alle Dame noftre , per giuftificare i lor
furti. O {acuiate moresl
Io ragionala poc'anzi, replicò Stam-
perme, dal modo da tranquillarci noftri
animi nelle turbolenze belli che:e come il
Beccaio, ne i rifehi della Peftilenza , prefe
occafione da folleuar con noucllei cuori
delle fue forefane ; cosi pareuami oppor-
tuno, già che a noi : a «irte benignai ’
JLt me lier e Iute fin xitfr aceràia T itan.
che in quelli giorni eftiui , nei quali le
' militie , pertar lauoriiii campagna, dan.
^ luHtn,
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Fafcio Prima. *
no ferie a i quartieri con varie FRA^
SCHF.RJEjO lodi ragionamenti di lette-
re li rilloraflero in gran parte granimi
noftri da ie militari calamità abbattuti *
Non meno de i già difpolli Amici ap-
pago® Ticleue del fauio coniglio di
Stamperme, e piacqueli fopra rutto I'ef-
cluiiua , che il diè in comune à pa/Tatem^
pi di giuoco , per contraporli nei cali
delle meftitie » nonfolo al coftume gl*«
idioti Cittadini di quei tempi ,màetian-
dio alla natura d*un certa Prencipe Ita-
liano , che uedendofi aftretto à celebrar
con le ritiratezze il lutto cagionatoli
dalla morte del Padre, non feppe trouar
miglior mezo , per additare alla Córte la
neceflvtà , che haueua di temperare le fue
cupe doglie con qualche honclto fol-
leuameuto , che’l tra frullarli fra i Tuoi
confidenti al giuoco delle carte; onde.-
poteua dirli di lui, quel chcd’un limil
cafo efagera Seneca . a Proh pttdor Im-
ptrijf Principis Ramarti lugentis fora*
rem j 4U* folatium animi fuit .
Si rimanti jil Palatino palfatempo , dil-
le T icleue à quel Romanefco » à cui, per-
che era tutto il dì affilo à giuocarc , & à,
uincerc , foleuano i curio» di Corre ad-
dattare queirantico detto. Romanus fe-
dendo vinci*. Lafciii la dottrina di que-
lle carte , a chi uà indotto delle nofìrc ;
B epac-
a Sena. i
)
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2$: Dille Fr afe berle
e particolarmente à quei Grandigie' qua.
li il mondo non fàvitio il giuoco, riè l’-
adulterio , come ne’ mediocri farebbe .
4 . ■— — Alea turpi : ,
Tt*rpe,& adultcrium mediecribus ,
diffe il Satirico • '
Il giuoco è trà le cofc honefte eom*
prefo » e ben fatui ponno additarli colo-
ro 3 che di luihoneftamente, e con fine
anche d’acrifchdar venture £ vaglio 110 9
ma dirò bene che in eflò per lo più il mi-
glior Artefice è ilpcggior huomo ; e di
quei buoni huomini , che nei Cuoi efer-
citij confumano indiferetamence Phoie»
cccoui le pratticatc fciocchezzc . Logo-
rarci «umilierò da giuoeo ilfuofenno *
afpettare con le fauìezzc d’vn Arte le di-
fcrcttioni d’vna ftolta fortuna, mcrcare
da sè medefimo à prczzódi timori le fal-
lacie d’vnjr fpcranza , auucnturare nell’-,
incerto di fciuola carta il ficurode’ fuo*
tefori, rimettete à gli arbitrij d’vn cafo
Parte d’vn arbitrio; inuitarc PAuuetfa-
rio ai rifehi , & aldfchio d’vn auuerfacio.
inuito attenerli; e finalmente per vn pun.
to in vn punto impouerirc, perdei il tem-
po & in breuc tempo quelle foftanze,che
con longhezza di tempo s adunano. Pur
troppo è giuoco l’humana vita,. fenza_»
che la vita nc i giuochi medefimi i’efperù
menti ># Dkcua vn faceto Poeta -
; Gioco
a ìuuen.
.f
Fdfcio Primo. " 37
Gioco fi am nojdi quella auara et Ade ,
1 Quanti privar vid'io dagli Anne?*
• /*" / ‘
v Infra Coppe menfaarme di Spade,
- Et à quanti i Ballon tolfer Dehari,
. Efc ciò non vi bali addite quello ,
- Quanti pochiin buon Punto han fatto
. m •_ Paffo,
- Quanti in mal Punto hanno perduto
il Redo . .
E quanti Rè vidi tettar ne in Affo .
Palliamo dunque in più valeuoli efer.
citij qucft’horc j già che ad altri acquifti
fi indrizzano le induftrie noftrc . A paf-
faggi dell’erudite Carte non aflìfte For-
tuna ; nè fono itti in arbitrio di Nume.*
cieco i difeapiti delle noftrc vedute : non
pugniamo noi con Auucrfari j mà godia-
mo fra concordie amicheuoli,non ergia-
mo alle Drità,fpergiuri,mà facrificij.-con-
fumiamo in fomma con varoggio il
tempo, per difporci in vn tempo a quei
beni , che per opera di tempo non fi dile-
guano* . . .
• .Qui replicarono i lorovniformi voti
gli aitanti Amici, e Stamperme Mentendo,
chcs'erà tutti dell’antepoftoMttitocó-
fermati , ordinò à tre fuoi Serui?r quali ne
la bell’ Arte del Canto fapeuano così ben
intonare, com'andar malamente intona-
ti , che alcunadelie loromodcrne, c più
poetiche canzonette cantaffero . Ponde-
rò > che la Mufica meglio d i giuhmqut^
B a Arte
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it Velie Frafchtrte
Arte poteua richiamar all’oreccRio
animo profondato nelle meftitie ; perche
folleuato in tal parte , fi rendcfse poi più
difpofto al falurare riceuimcnto di Quei
difeorfi ,'che aH’Intellctto tramandaci •
Aulii intanto gli Aitici , poltì i mùficali
inftrumenti in affetto,! ndi a poco alzaro.
' no concordemente i Cantori all’armonia
della feguent e Canzonetta i concetti lo-
ro, e così cominciarono .
P Arte il fornite già fiorifeono .
Colli, Prati ,
Nuoti i fiati
L'aria gelida addolcirono :
T ributari
Dc’fuoi liquidi Diamanti ,
Sciolto tl piè, fett vanno à i mari
JXvn immobile Madre i Figli er-
ranti .
M a fe torce il Ferito il piede >
, 7 'oftdQhriedc y
jil rotar di poche Lune ;
Se di M or te armi importune
T roncan al mifer huomCAlma ,e la
Pacct (giace .
Torna polue, ombre rejla y vn nulla
Parte Ami, e più nonfpirano
LefreWaurtt
Piagge Mauro
C a Ida vampa al fon cofpirano ,
F erde Paggio
S ecco l angue à i foli oftiui,
Che nelfuol chinando il raggio *
Aid
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r Primo .
Jl lajete comun furano i ritti.
, M torce Aprile il piede ,
7 rie de ,
Al rotar di poche Lune ;
Se di morte armi importune
T ronca n al mifer huom l* Alma, e
la Pace. (giace.
Tornapoluejmbra refla.vn nulla
r arte il Luglio, e già s* infrondano
Secchi arbuftì,
Prajfli aduffi »
Tioggie none h ornai fecondano',
Ecco abbonda
Di bei pomi il curuo legno ;
E dipr ol e hor nera,hor bionda (gno •
Già lafpofa de l'Olmo il feno ha prc -
M afe torce vn Luglio il piede ,
7* o/lo rie de ,
A l rotar di poche Lune ;
Sedi Morte armi importuno
T roncan al mifer huom l'alma , $
la Pace, * (giace .
7* orna polue 3 ombra refrain nulla
V artCjAutunno , e*l giorno adombrano
Nubigreui,
Sparti neui
L'erte cime a* monti ingombrano :
E eco fen de
T ronchi alpini africo fof co ,
Efe il foco i tronchi accende ,
Del Perno reo vendicatore e il Bofc$ t
M afe torce Autunno il piede.
T ofìo riede >
B s Al
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jpf Beile Frafeherie
jil rotar Ai poche Lune!
Se di Mont armi importune
Troncan al mifer huoml* Afona) e
la Pace »
Torna polite > ombra refla&n nulla
giace v .
Grata al fommo riufeì la teftura di
quella Canzonetta , e gli vditori , rauui-
fa ndofì m ella i jriotiui > tratti dal Lirico
in quei ver fi. # ±
a P rigor a mittefeunt zephyris , •ier pre-
terii aftas
ìnterritura^fimul
Tomifer auttimnus fruges effuderit ì &
mox
Bruma recurret iners,
Bamna t amen celerei repar ant ede-
Bia Luna ; - -
Noi vbi decidimusy
Quo piut <t/£ncasy quo T udus di-.
uetyó* vtneus.
puluiit& umbra fumut.
Quantunque l’Intercalare della Can-
zone pareffr per le rimembranze di mor-
te più atto à concitar meilitia , ch’à , diflU
parla, dille però Stampcrme , clfcmiglior
comineiamento no» poteua darli a’ loro
arbitrari) ricreiti j, che co la pondecatione
d’ vn sì neceflario fine. Goderono tutti >
oltre quello , di non veder quiui imitata
l’inferma maniera de’ moderni Mufici %
. . . che
_
a Ho rat, ■
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F a pria Printv \ \ § *
che non d’altra morte cantano tutt’hora
nelle loro Canzoni,chedi quella dimo-
re. Non hanno tantiocchi lefcuolede*
Pittori » nè tanti ohimè gli Speciali , e-»
quanti begli occhi , e quanti ohimè d'a-
morofe agonie difcgnano,& efaìano hog-
gi nelle loro museali Canzonette iVcr-
feggiatori difcepoli ,c Poetaci ftorpiati,
che fcruendo all’idiotifrae d* vi» M ufica,
con la fanciullaggine dc’Ioro metri, fon
certi di non meritar ne* medesimi altro
nome, che d’Abeccdari j di Poefia . V’è di
peggio , che le loro amorofe cantilène , ò
delkito negli vditoci i fopitirimorfi di
libidine, ò ne rinouano gl’irritamenti.
a * 11 — Qnedttettexcitat tnguen
Fox blxttdayC&nxb il Satirico. Ridi-
colo peto parmi , che Agamennone tto-
ualfe colà vn C i tar edo>che con v« Tuono
Dorico conferuar fapeflfe Clitenneftra io
pudicitia.Se Clitencftra fufle hoggi,ò ve-
drebbe cangiata Parte ne* Mu£ci,od in sè
Itefla la natura . . , < • ,
( Erano già ternati airattentionc gli A-
oiici , quando vn Muijco , coraecheprc-
fago fuflfe de loro Pentimenti, pcefe à can-
tar contra Amore le facctiedi quella^
Canzonetta.
t
A Mor vattene via :
Perche il del m'hà conetfTo ,
r B 4 Che
v , .V
■ ■ I | ' - I ! I I 11,1..,»»
a lanca*
Digitized by Coogle
3 i Dete Fr afther ìt
, . Che fuor dii} mi 8ia\ '
fernoneffervn di fuor di mèftojfo,
\ Giàmai non farà v<ro>
Che m* alletti ilfertn di dite pupille.
Naufragato Nocchiero
Fugge Vafpttto acord* acque traquiHe
Amor ferma ld ntd-,muoui il tuo pie ,
Via,via>nonfaiperme.
Jjo {guardo rilucente
, più non m'arde il ceruello', ’*- M 3
ìVa» <f?o piu chiodi in niente » (t elidi
La tenaglia a la borfa , # cor
Quett* animata cera ^
Al fot de gl* occhi altrui piano cofumo
A la bellezza altera
flit noporta d mio foco ormadifumo .
/ Amor ferma la ma > mnom il tuo piè •
f'i.* j o/Ì4 non fai per me .
Vtnco fuggendo un volto ,
fuggendo vn guardo ,
^ mirar non mi volto , {guardo^
Ch* a la naue d*amor remora vru
Rete di belle chiome ^
L* amoro fa mia fè più non allaccia,
De la f em ina il nome (N Accia,
Par che die a al mio cor iL A F E* Adi
* Amor ferma lama, muoui il tuo pie,
Via,viajJOttfaiper me .
A pena haueuano terminate gli Amici
quelle lodi , che giudicarono all£ canora
Pocfia coauenirfi , che vno de Cantori
con voce di Bado fè Pompa del feguente
componimento , in perfona d’ Amante» i{
qua-,
Digitized t
Fafcio "Primo 7 3 3
quale fpinto da vìi amorofa politica, s’ar-
roliò alla militia ; mà prima di far tranfi-
1 to all’ire della morte, volle pretendere da
vna Donnicciuola, ch’egli amaua come-»
fua vita,i congedi dtremi .
- *17 Npolitico hutnore,
V Nina mìajrìhà forzato ,
A diuentar Soldato (rr,
E que/la forcammo nacque d* Ama-
che fe la guerra# Amore
Son due mali gemelli,
E fe i malinouelli
DifacerbantjiFhor vecchio dolore ,
Per tua cagli gir alla guerra deggio ;
Perche dimore al tedio ,
Ond*io mefehin vaneggio,
Uincofrar di morir folo e il rimedio .
Parto a la guerra^ Nina ,
Corro a i rimedi ardito :
Ai a pria che feritor,parto ferito.
Dal tuo leggiadro vifo
Sii queslo fragil muro
Ai in acciari 0 ruma
La fc orrori a del rifo , ( mina:
Loftral del guardo , e del parlar la~>
Onde.cor mioji giuro, '< '
Che fin ad hor non mi so bene accorto
Se vò dietro à la Gué^rafb fe la porto.
Màfia , che vuol la fpada
Mfhàpofla à la cintura . ,
C indica tìt, Ben mio ,doue mi vada.
Già che rempia feiagura (ftrada.
V voi che Vtl Capo gturrìer fia lamia
V> 5 7Ù
$4 Delle Frafcherie
TU di campar nella Cittàprocura.
.Fatti pur buone fpefe ; ^ '
E fein battagliali tmo valer copaj a 9 '
Qualche ferro inhumanoy
O facendo dife fi 9
In Trincierà di muro io refle morto »
TU per vi tal conforto -
Potrai col ferro in mano,
Fin che haur ai prouim nella Dìfpjfa
Far trinciere di carne à la tua meja .
Cosi da te lontano ,
Aientre tu magni piano >
Et io forte combatto ,
Morrò di Puntai tu viurai di Piatta.
Aia s’egli auuien,ctiio via a,
O cada giù diF legetonte arma, ,
Giuro per lo tremendo
Spiritaccio d' Orlando , - -, . :
Ch'io t' amerò marciando ,
Ch'io t\ amerò marcendo :
j E s'auuer rà,che in periglio fa f quadra
lo campi , amando te , (dra.
Quello mio Re , che di feruir mi qus-
Et ha quadrivi affai, : . .
J' Sarà de' Quadri*/ Rè» »
EtU Donna de'FioVyNina, farai:
ì Ai et rio per tè ne Carme, e ne l'amore
Sarò Famedi Picche, sAffo di Cote •
dà che il desino vuole, -
Che finn dite le luci mie digiune >
Refi a in pace,o mio Sole ,
Ecco vado d veder le mete Lune*.
I tuoi focofi guardi '•>
Sen
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'Pàfcio Frimai ^ 35T
; Sott cagton^ Nifi a m i d>eh* io cagi loco >
Parto , perche tit m'ardi*
4 Non dif co u iene il mio camino al foco*
Cast diceva vn di Drudo asoldato » -
Che da l'Idolo amato
..-.■.Alfinfidtflaeco* ■ .
. E nel fenttr T ar a\>atà>m orcio»
* • Af ifero ma che prò f
, T Oj h , ch'egli h ebbe il piede *
Da l'idolfuo diitifo*
Caparne in guer rutene rim afe veci /V.
. ^hhcomeìenfivede*
Che m maritai tenzone- . *
. Ogni Amante e poltrone»
filel mefliero d* Amore
S empre fi perde il cere :
. v Et io mi fon per quefto esepio accorto >
Che inguerra ancorjhi nonhd carene
morto »
Le faceti e noninfulfe del cataro com-
ponimento allettarono non meno dell -
altro ^orecchie de gli afcoltanti; mà per-
: clic diceua ji- Petrarca. .
f Puoffi in bpl cantar ejfer mole fio,*.
Stampermedié congedo a’ Mufici > cotrìe
a quelli a chi potcua adattarci quel moto
del Spartano, intorno al Rufignuolo ma-
gro: Pox tu es rpr&tcreamhil. Termini,
difle ali’hora Pingenuo Ticleue,non dirò
il concerto in tifico; perche dalle Mufc-*
-hebbe nome; mà ben sìio fpetracolo de*#
B 6 gli
a Petr,
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36 Delle Fraf cherie
< gli /concertati mufi di quelli Artefici ;
Rammentiamoci, che Pallade, di cui lia-
.no feguaci , per non vederi in volto
quella deformata enfiatura di gote , men-
tre fonaua il flauto, lo franfe. Più tolto, fe
dobbiamo tal uoltaaditarci de vitij, va-
gliamoci del fuono>come far foleua a Ti-
berio Graco . Quefti, quando i n orare-»
fentiuafi foucrchiamente concitato da-.
fdegno,volcua che vii fuo Seruo,che dic-
. tro la Bigoncia afiìfteuali, fonaUe vn iftro*
mento mufico , e con effo amnfbliflè l'af-
prezze della fua vocale alterigia . Ride-
uafi dclKer udita facetia di Ticlenejquan-
do Stampermk voltoli a* cir collanti Vdi-
torijfaucllò loro in tal guifa .
Hor dunque, Valorofi. poiché vaghi vi
veggio di dar principio a qualche ingc-
gnofo gareggi amento, godrei',che mi feio.
glicrte vn dubbio, natomi, che hà molto,
dalla póderatione del còrrétefecolo;cd è,
■i i .
Chi dourebbe imitarli hoggi nc
i Pentimenti dell’animo , od Hera*
dito , col piangere Je anioni hu-
mana , come miferie , ò Democri-
to, col riderli d’elfe, come inettie .
•» 0 t . •
Trouauafj quiui Rovazalfe, foggetto
«■ per chiarezza d’Aui riguardeuok , e per
habi-
a Il ut.
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Fdfcio Vrimo . 37
habiti acquiftati , e naturali di commen-
dabili prerogatiuc ; nè meno eloquente-#
nel difender i Rei nel Foro , chcfeucro
nel fare efuli dal Foro della propria 09-
feienza le colpe. Fattofi qucfti in giouen*
tù Settario di quelTEluidio Prifco Pro-
tettore appreffo Tacito , impiegò Tinge- \
gno in Filofofia,non còrnei più, per viuer \
difutile fotto quello nume ampio-, mà per
fcruic la Republica ficuro da’colpi di
Fortuna . Seguitò i Madri , che tengono
efler beni le fole cofc honefte , c ma li le^
brutte. Potenze, e nobiltà, e ciò ch*è
fuor del noftro animo, nè beni, nè mali.
Rorazàlfc fù il primo ad efler richiedo
di parere fopra il propodo quelito, come
quegli, che più di qualunque altro credc-
uafi nelTArte declamatoria verfatojonde
promoflopiù rodo da vn impulfod’inge-
gnofo capricciOjche da vn arbitraria elet.
tionedi Natura jcfpofe indi a poco alla-*
difefa d’Hcraclito i fuoi eloquenti ino»
tiuiintalguifa.
I N prigionieri fafee
Sgorga il M or tal, chi ttafee ,
Lagrime elette à prefagir tormenti)
£ d'o boriino dì piagne i me menti,
Cosine /’ Ori e me , t
Tercbe'lfuo Dì ttafee nte
D*yn folgor fuggitine ha /< f ac elle '
Co metti rat di moribonde Stelle.' :
Sii 1 * aperte campagne
tn rugiadtfo duoli* cibalo piagne .
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f s Delle Frzfcberie
\ Pianto è precusfore dcH’humana p e-
jegrinatione . La fua cura ? d’appianare,
c d’idditarci la via, che menar fuole alla
Vii 1? delle moderne roiferie l’età yentu-
<a. Egli è il primo attodeirhumanità no
lira e (predò da bambini con virilità , itn-
preffo dalla natura con artificio. Lacri-
miamo i danni prima, che ne auucngano;
acciò , che improuifo nonne Sopprima il
dolore . Piagniamo i falli prima di com-
metterli , perche non paia malagevole il
pentimento . Cosi le lagrime in noi , co-
me peltri humorijlÒno inditi jde* morbi,
c-ecthe atti di peni te»? e, fon pronoflico
de’ misfatti futuri. Hor ecco premuta 1*-
Afi a frà i Colpi del Cielo, fra le colpe dei
Grandi j E farà huomo sì barbaro in etta,
che fotto le preflfure di quello torchio nò
vjdiftilli vna lagrimofa pietà da’fuoi lumi?
Fiere iubèt pietas , cantò il Poeta,
I giudi Giudici non condannaiio chi
.piagne ; màchi fà piangere , come i dotti
non incolpalo delle tempefte I Mari, mà
i venti. Chi èfauio , piagne i ti\iferi* por-
che piangono* mali : nOn piagne i mali ,
perche damo Ligrimati da miferi » e così
non lagrima l’iugi urie della Fortuna , tnà
/ì’infirmità fumana, . N
Gran próuidenzadi natura. H pianto e
vn humore , amattato da piaga di miferic,
che fpremute mitiga delle miferic la pia-
^ ga, c quando pur taludlta fia inutile il fuo
slogamento , fi può dir con quel Sauio *
~ * - * Pian-
y Google
' ¥afibJ*riféo l_ 30
Piango perche nulla gioua. E non è k»
grimeuoleil vedere jchefuLterrenod’vn
volto cada così infecondo vn humorei di
cui habbiamo sì prodighe cagioni ì
Molti furonojche mai non ri fero; niu-
Jìo che non piangefle mai. Democrito ^
ftefiò,c’hebbe,difTe Per ilo, sì petulante
la milza nel ri de re,d certo, che piangendo
nacquejcle rife poi, fu ridicolo; perche il
ridere de dimenane miferie è vn imitare i
mentecati, che i faci obbrobri] non eo-
nofeono > è vnderidcrcìl Cielo fteflfo il
quale/e impiaga i mortali, gode ctiandio,
che ne piangano ; perche le lagrime deae-
riti fon ri fi de* fcritor i , e perche il pianto
fé i 1 fangue delle a oltre piaghe .
Il pianto,come più malageuole à fimu«-
Iatli del tifo , porta feco più fembianza di
veritiero , più attrattiua di compatimen-
to. Piangendo, le paflioni li sfogano, le
neccflìtà s'additano., i rimedi j s’auuentu-
rano . Non v*è maggior argomento di
ilupjdczza,che il non commouerda quei
mali , in cui concorre la for^a del dolor
priuato , e ia ragione del compatimento
commune. -
Anche ilrifo s’atnmanta alle volte di
ligcime. Cefarcpercheera lieto in veder
la teda di Pompeo , marcherò le vergo-
gnose jetitieco pianti Lo dello fè anche
-Xerfe in quel giorno, in cui mirando da -
40 Delie Frafcherie
vn eminente poggio il traudito della fua
podcrofa Armata, hebbe a dire a fé fteflò.
Vno fluol furibondo ,
Qual Vicario di Ài orto
T c fegucjo Xcrfe,e par che j eco porte
Di Grecia a i d*ni epilogato u Modo .
A far [atollo il fono
Di tante turbe al prouido Bifolco
Mancafpatij di glebe, e già vie meno
A la Cerere Greca efea di folco.
Crcdefi per© da Sauii, che XerGe fatto
anch’eflò imitatore d’Heracli to,lacrimaf.
fe nelle Tue indomite potenze la caducità
humana •, ponderando, che in numero d’-
armati, che hauer parcuano d innumera-
bili la fembiauza, nel gir d vn Secolo, non
ne farebbe per reliquia del tempo, rimafto
viuo vn fol huomo . Nell’efcmpio dun-
que della ferita impietosa u vn Xcrfc*
Ponderate , o mortali ,
Come di Ài arte ài' orrido penpero ,
in vn volto guerriero ,
Oue nati a perora armai [noi vati »
Foreftiera pietà celebra i pianti . »
Appagati haueua , e compunti gli ani -
mi de’fuoi compagni il faggio difeorfo di
Rorazalfe^quando ecco Stamparmeli ri-
voltò con vn piaceuole ghigno ad Egi-
deargo i come che rauuifaflc nella fua lie-
ta , e pratticata natura vna ingegnofa di-
fpofitione di contrapor fi con le difefe del
tifo alle commendare lagrime di Rora-
zalfe._
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Fa feto Primo i 41*
Era Égideargo vn. Cauali ero di sì piai
cidi , & amorofi coftumi , di sì ameno , e
difciplinaro ingegnò , che da chiunque^
conuerfaua fcco>potetia ragioneuolmert-
te appellarli con quell’attrib uto di Tito ;
La delitia dcll*human genere. Il fuo ami-
co era alieno dal nudrir rancori , dal me-
ditar vendette ; e fe pur vn neccflario ri-
fentimento ad vnadi quelle paffioni tra-
heua, reputaua , come quell’ Agricola di
Tacito , a più honorato il vendicarli, che
il portar odio. Ambiuai beni di Fortig-
na, peroccafioui da collocar in altrui i
benefici j; ftimaua beneficio vn inchieda
da recar- altrui le fortune. Era infornata
vna incomparabile Idea dell* Amicitia in
quel fccolo . Col giouare, fapeua ohli-
gar gKingrati ; con ramare , difciplinar i
maligni; e con tutti il fuo generofo anir
mo non di fumofa , mà di chiara gloria
era colmo.
Eletto al fuccedente Difcorfo Egide-
argo da gl’Inuiti del giudiciofo Stampcr-
me, ornò i fuoi auuerfari j fentimenti d’-
vna fcaitr a,& afpcttata eloquenza; e cosi
afauellar s’efpote.
E ' Più atto d’humanità, a mio crede-
re , il deridete le mondane miferie ,
che il deplorarle . Se niuna cofa è più
conucneuole ad vn Sauio d’vn grand*
animo, tale non può additarli quello» che
dalle
a Tacit %
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4fc , Delle Frafchene
«alle meftitie è debiiitato,e confufo.V’è
forfè alcuno fra noi , che ambitiofo d'ap-
parir fenfitluo ,* nell'altrui duello;* ami
d’accompagnare i communi danni con
la pompa delle fue fievolezze ; Et in vn
tempo in cui è non meno neccflfario il pa.
tire, che immedicabile il male, tenti di
palefare le fuepriuationi , e di folcnniza-
te la vanità de’fuoi voti con le lagrime l
Troppo infermi hauremo gli occhi ,
^lla vifta dell’altrui lippitudine piango-
no ; e mali interpreti falerno de’ benefici)
del Cielo , fe querelandoci d’cflòi,non_»
compendiamo la prefentc perdita di quà*
to tolfe col paflàto godimento di quanto
diede * Contra Fortuna dobbiamo ri-
dendo moftrar le fronti intrepide, cnon
Additar la codardia co* Singhiozzi . Non
può meglio il Sauio dominar leftellt-»*
che in negar djfentir offefe daH’influon-
ze, che in deprezzar ridendo i fuoi col-
pi. Se le vere lagrime non cagiono mai
lenza le fi fise apprensioni di chi le fgorga ,
chi dquello,ehc piangendo nons’abban-
doni > e meditando folo le fue perdite»*.,,
non trafeuri i ripari ? E non diraffi ftolto
colui , che dal fuo hofpitio bandito , ami
meglio di lagrime refiglio, che d’ire in-
ueftigando i ricouri f I voleri dei Cielo,
i capricci de gli huomini ne feemarono
gli agi, noi nego; mà fondendo ponia-
mo folleuarci da quei màliche in noi dal.
le concepute meftitie dcriuano,» non fa-
tema /.
Fdfctn Primo. 4$
remo di lioi fteffi Tiranni a.difanimarci ,
od a negare vn falliti fero coraggio alle-*
nortr’alme ? E s’egli è vero , che a* mali
por ta per lo più il tempo le viciflìtudinl
del miglioramento, chi n’aflIcura>clVefte-
nuati dalle noftre arbitrarie meftitiepof-
ilamo hauer agio di riueder cambiate le
feene, e migliorati gli atti alla Vita ? E
pur meglio liccntiar viuctido il dolore »
che nudrirci in Ceno le lue licentiofefro-
di, perche n' vccidana. li tempo del piau~
gere termina ne fuoi fteflì principi j , cioè
neiretà di fanciullo . Chi ne i progreflì
della vita il ripiglia, altro nontì cherim*
bambircypcr inuecchiar più torto . Non
v’ècofa più nemica della natura ch’vn-»
dolorlungo ; poiché per eflò gli attributi
di natura s’abbreuiano.
•Heraclito non meritò titolo d’huofno,
perche l’huomo ch’è ragione uole , hebhe
di rifibile il titolo . Quella cofa, ch’ecci-
ta ilrifo , pur ch’cfso dal labro d’vn mew-
tecato non ifgorgi , è per lo più in noi vn
giudicio dell’intelletto, che oltre il fenfo:
chePimaginatione commune conofce-»
efser quella defocrae,amirabile, ò dilette*-
,uole. Ciò non è dato a’Bcutti,i quali
iion hanno attiene di ridere, perche man-
ca loro la potenza.
Son morbi di predominante Natura le
lagrime de i fanciulli j e però Zoroaftro j
chcnafcendo rife , fé pronoftico d’hauer
a riufeir vn Mago, cioè vn operante Copra
le
le Sci
. - Delle Frafeherie
lealtà di Natura. Mà ponderiamo i
pianti dell* Età virile . Altro non fon.»
quelli , che vergogna de gli fpiriti Imma-
ni , i quali reftringendoii dentro per non
farli vedere infelici in qualche auuenuto
male , mandati fuori l’acqua," che fopra
la membrana del cercbro fi genera da’va-
pori, che non ponno efalare dalla calua-
ria; onde in contrario argomentando ,
fc gli fpiriti per l'accennato conofcimen*
to s’allegrano , e per riferii della pallata
contritione, fi dilatano, c ridono, fa-
rà gloria de i medefimi nel corpo noftro ,
dempo haucr capite le ftrauaganzc dell’
Afia , il giudicarle inettie , e'i dilatarli in
rifate.
Il vero rifo del moderno fecolo è il fìn-
to; e quello può anche apparir fui volto
di per fona , che nafeonda lo fdegno,e che
ami di fer piangere altrui . Tale fù quel-
lo a d Vlifse,apprefsoHomero, che-#
voleua vcciderc i Proci , ò quello di £
Giouc , apprefso Hefiodo, ch’era irato
con Prometeo.
E 1 nudo in vero quell animo, che pale,
fa in aperto le fue paflìoni , mà non fi lo-
da quello nel corrente fecolo , che noiu»
diftinguendo i corpi dall* animo , chiama
vergognofo chi è nudo . Anibaie , quan-
do vidde ferii molella Fortuna al fuo Im.
pcrio anhelato, per isfogarei Cuoi cupi
di-
si Hem, b Hi/,
Fafcio Primo. ac
difpctti forrifcfrà Iagcimofc turbe j: onde
foggiunfc il Petrarca. '
£ così AHuiertiChe l'animo ci afe una
Sua paffion [otto il contrario manto
Ricopra con la vtfta hor chiara , hor
bruna
Vero s % alcuna Molta io rido , e canto
Facciol perche non ho fé no qucsFvna
Via aa et lare il tato angofetofo piato ,
icntite , come i mondani difaffei
d vnaxidentc beffa itati degni .
I M-
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#
I^RID I CO
S A f IR A*
S Er/e vn giorno verso pianto ridicolo:
Perche pensose he in centinaio d' anni
Si c or r effe di morte vngran per ic dio ,
J)efidcri) dì vita affai T ir anni ')
Mutria t* ingordo, imagi» ad*, bauiffe
V n corfo fecolar rapidi i vani * > “■>
Ohffe i morbi moderni hoggivedeffe ,
Diria ridendo .A gran ragion da’ Nu-
mi
Per purga de gli humor Morte s’clcfsc.
Chi per titolo alteri hebbe i co fiumi ,
Hoggi Ventrate /ue trotta / otterrà ;
Ch’vna cenere al fin fine è de fumi .
Lutta di Morte hoggi i fuperbi atterra ;
Perch’à i mortai , che de l’ Anteo* ncn
hanno : •
Le fortezze natie toglie vna Terra •
V?vn acqua Aeherotea /pecchia fi fané
Vaneggianti Narcìffe i Afididuari ,
Drudi glàdi ricche\z,e,à Tluto Vano.
Quel che viuo chiudea morti denari ,
Ter traghettar là giù l'oda che /lagna
Soldi non ha da vedouìli Erari .
Quel corpo , che veflia /erica ragna , j
Hoggi fi mira ad altra ragna colto ,
E s’ vn Verme il coprìj'altro lo magna.
Cosi per tutto opre di morte a/cotto ,
Veggio o brute chUrtmtjjAre chiarito
fr 1 ' jiuuaU m
F afcio Secondo r 47
Annoiate eminente # regno tolto
citar fi alT ributtai di Dite
Le pèrfide Alme, e ne la Curia negra
Scria ir fentenXs * proc eff tte vite .
Chi dunque no hauria l' anima allegra »
Se morte al fin dfhumane piaghe e
.. infittirò, . „ ,/f.f
Se trasforma inpigmee V
Spento fial‘ egro Modo*e influjj o d ajtro
* No gli addita il morirla la
Perche di morte architettollo UMfr
firo. -
Spento fi aV egr o Mondo y eia f Stura
D vn momento leggier fidaravantOy
Disfare a i prifehi Secoli le mura . '
La buccata del cor faccia fra tanto
Il Ugrimof* Ber aditole congiung*
, Concener diCartago acqua di piato.
Pria ch'aperto di gaudio il meflo gtuga ,
LI aura da far e vn pczz. 0 , e la correte
De le lagrime fue molto fia lunga
Mutiti le Reggte pur fcmbianzA** rnete»
Si trasformino m befiit iRe Nabu chi
Regga fcettroyC corona Orfo,e S erpete
rentofità di fotterranei buchi _ .
. - Cagioni al fon de lagra M adre anca
Par alitichi morbìyt mal caduchi.
Cadati le Torri al piano , e la forme*»
Fra le rume altrui colonie s'erga > ,
F'I fuol riuefìa vna fpontanea ortica.
Gorgo Deucalioneoglihuomim imm*r-
n a »
E co l'hitmQr>chel fuo Padro no bette»
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48 Delle Frajcherie
Il Compier G tentai Pale fomiti erga*
Vnafame grauofainmeffe lieue>
• T iranntggi i mortali ,* fi a di flate 9
Coti penuria di Fin coppia di Neue .
Stati d'tnfluffi pefliferi amm orbate ( ne
Le Cune d'Afia, e fia da M or te al fi-
Co ipartifemintlT ombe impregnate
Non degg'io lacrimar l'altrui ruine »
Pur cbtl Cielo da me colpi allontani >
Le fuggit e l et irte lo au r'o vici n e .
Qual di Strini onte C ru l'alate mani
Scriuon lettre ne l'aria , all'hor che-*
- vanno
Ad intimar pedula guerra a ì Nani •
T al su i Campi de ì' Afi a à noflro danno
S'inamin guerre , e de C apio fc loierati
T elidano i Corni vn boti or attingano
S'intoni ancor da gh Auuxrfari armati.
Lhornda mijchta 9 e le femore T robe,
Il foce marnai foffìn coi fiati-
Fra la Sorte 9 t'l coraggio il fuo r imbob e
D alterne inerti > e àie cadute fchìerc
Negkin erudì Guetrier pace di tobe .
T r tonfante ardimento alzi bandiere ,
E'n cutà minacciata i ricchi Dari
T emine i giornee i Menelai le f :re •
Contro trote incurfion neghi i ripari ,
Natura , e l Citi , profano il buono , tH
tee, . > . . !
Fochi S emoni, e Mariani acci ari .
F tigni fico u Gioueyt fe da Inferno Etnee
/ Ergon f cale tu l'Etra Alme Giganti $
^ Facciati tomboli poi di C apanec.
- Deuio
L
Digiti
f
F afcto Primo . 49
Deti'ìo piacer per quefto ? ohibò, fian frati
J Cardint del C telò, & ioflaviuo.
Piangono gt’altri 4 to riderò de t pianti .
Già che u mare è la Vita, in mar nocino ,
A che giou a i'fofpiro ? à crefceryeto ,
Che vale il piatola dar à l’ode u riuff ♦
Segua norme celetti human talento ,
Sereno Ciel nega le neui al fuolo,
- Sereno cor nega le neui al mento.
Date, prego/ orecchie à queflofolo , (dire.
Per faperje da l’Alma acorche M a-
Ejfer mai può legitimato vn duolo .
Venne hieri vn Corrioro , e cofe ladre
Comodi Lidiaal cafo principale' dr e.
Fu, eh 'tra morto a i Poueretti il pa m
Era morto vn Signor sì liberale.
Che la manco Virtù c’haueffe adoffo
Era il crefcer i letti à lo Spedale .
Facea dar per vn foldo vn pane grojfo
Di.quefla pofla , anxj vote a con pena ,
Che da[fe tl Macellar carne fend'ojfo ,
La Giu flit ia abondar , come vn arena
Face a per tutto ogni cantone vrbano
Difpenfaua Ragione à Borfa piena .
Soleadir.Vuot Giuflitia?caccia mano x
M à però intendiamoci à / fritture :
E fi a la tua Ragion fatta de plano .
Era colui ne le litterature , (< (internato
Chi? vn Plato? ohibò, più grande ,vn
Credendone p area pteri àt ferii tur e .
De le M ufi il valer Jempre hà filmato
Al par del sague,e sito dir ch’à quitte
\ Dana per ogni verfo v n M archefato
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■> 4
50 Delle Fraf cherie
E pur Fodon di lui nuouefumfle :
E pur l'occhio diluì chiufo in oblio*
Più vigilie non ha, non hk piùfefte .
Dunque, percb'huemo tal cadde, e morie .
Ver ragion di pietà pianger bifogna f
Nè Ugrimate voi ? no, ne medio.
Egli è mortole no piagne, & io vergogna
Diro , non lagrimar la/ua r Hindi
' Ohibò ,fi gratti Inizigli hk la rogna .
Sian meni quei , che per goder pedina ,
Soft /cacchi matti , e paffano con guai
. Le lor Vitelle in carne diVacinna .
Sian mefiì quei , che per amor due rai
No chiudo gl'occhi\e co più frano fata
P'iuòn cor riuì,e non arriuan mai .
M aline ottico fia quell' affamato.
Che fen\a morbo hauerfk la Dieta ,
Serica merito bauer hk digiunato .
Voi cioè del viuer lieto hauete Farti ,
E nel ceruel, c'hk le lafciuie efclufe
Imprimete con certi, e fate parti .
' Voi, che fate fhtpir l'empie M ednfe
Con lo feudo di Palla, e che non fitte
QualPtreneo fuergognator eli Mufc .
Date gli animi voftri a l'hore liete ,
Se bramate la vita , e dark palma
A letitia di cor : corfadi Lethe ,
Proc e Ilo fo dolor fempre d'vn Alma
Agita il Ugno, e poi lo tira al fondo.
Che in mar di vita u allegrezza è calma
Se bramate d'hautr tempo giocondo ,
Fate conto veder T orba di mefli , ,
Mouer cor fa di? alio in qutflo Moda
Fate
Googlà
F afe la Secondo] Jt
Fate conto, cti*vn e afe hi, vn dietro refii,
V n pafft auantfvno mjudor ftBepre ;
• C hi vuol hauerguflo maggior di que-
* X fti
Lajji correr il A4 ondose rida fempre.
Solleuò al fommo gli animi de gli Vdi-
tori il giocondiflìmo componimento d*-
Egideargojmà parendo a Stamperme non
douer efcludere dalle fue fauoreuoli de-
rilioni i motiui di Rorazalfe,che haueua
Caputo, qual nodello Simonide, fauoreg-
giar le lagrime, decretò in fodisfattion^-»
d*ambidue,douerfi con placido Tentimeli»
to loffi: ire le calamità communijnè com-
mouer/i per effe a dilettai rifo , nè a do-
lori di lagrime , Il tormentarli per gl’al-
trui mali è vna humanità inutile; il dilet-
tarne è vn piacere inhumano r a Tarn ' f
moltis tuadit , difse Platone, qui in lacri-
ma* rifu profuftore refoluitur , quam qui
dolore lacrimare comptllitur . *
T ermiiiata quefta ingegnosa gara-# ,
varie cofe fi motiuarono in giro, intorno
alle cagioni delle correnti Guerre, & alle
neceffità, od a capricci de' potenti nel Cu-
fcitarle. Si fè da principio vna nflefiìo*
ne di encomi j , e di compatimento Copra
gli Europei Monarchi, che contrai 1 vfo
de gli Afiatiri, armando cferciti alle difFe-
Cc de 1 loro Statismi che alle rapine d’al-
trui fi additauano non meno incorrotti
’ G a -, nelle
a fiat,
Googlc
Fa feto Primo, 53
uaFilopemene,* àchi vuol lavare la rob*'
ba d’altri, fà di miftieri hauer del Tuo .
Alcun’altro bisbigliaua Egideargo, no
contento delle naturali fortune, guerreg-
giaua per cupidigia di potente nuoue . I
dcfidcrij fon come i Numeri, ne’quali ali’
Yno fuccede l’altro. Con l’efempio della
nafeente ingordigia d’ Aiefsandro crede-
uaii, efser miferia ne'Grandi hauer molto
da bramare, nè ponderauad efser più
miferabile, hauer cagione di temer mol-
to , mentr’è più facile ad vn poueroiwg- >
gir il difprezzo , ch’ad vn ricco l’inui-
dia;
V’era alcuno, ramrhentaua Rorazalfe,
cheaccendeuaiia’martiali fdegni col vi-
cino, per vendetta di riceuuce offefe, o
forfè anche per beftiali occadoni , come '
fù la guerra fra gl Etoli,e gì’ Arcadi , ò frà
i Rurali, e Latini. IPrencipi , b difse Eu-
ripide, non cangiano con facilità gli fdc-
gni, Ritengono coftantemente il primo
impeto, per non parer concitati fenza ca-
gione. Era però curiofo il vedere , chi per
vendicarli d’vnalieueingiuria, poneuaa
ripentaglio il fuo Stato. Grandi fono alle
volte come i fanciulli, che fe di molte no*
cic'hannó in feno, vna ne vien loro tol-
ta, per ifdcgno , rie difpergono tutte l’al-
tre. Non vogliono il tutto, quando il ne* '
galoro vna parte .
C 3 Si
__ * Digil»ed t
*4 Tféìle FrAfcheric
• Si ponderò in commune il fallo di
qualche Potente, che tratto da anàbitiofo
prurito di Gloria, vniuaarmatè,e dispa-
ila leggi. Efoctaualo Cambinone ad cfer-
citar più tolto le pene d’ vn ferro, che a vi.
uere trà le colpe d vn otio.La vita huma-
na,diceuano i Configlieri Catoni, al ferro 1
è limile. Siefcrcita , fi logora confa®
fplendore : fe viue torpida, fi confuma da
ruginc. Brama l’huomotaluolta le glo-
rie delle calamità , perche il male è fpeflò
piùnoto del bene; & vna cruda tempefta
è più famofa d’vna ferenità tranquilla-#.
Pur che apparecchi i titoli al fuo cadaue-*
ro,& al vulgo vna fauola,non cura, che 1%
impeto d’ vn cuore fi diffonda in più mali.
Con rifo della Brigata tutta motteg .
gì auafi , che alcun altro non hauendo re-
f oladi Gouerno > faceuai Latini per li
'afliu i, perche nonfapeua mantenerli frà
i Neutrùch’altri vendeua le fue adheccn-
ze per tema , altri vendeuali per bifogno,
ch’altri riuoltaua cafacca; perche dal lato
apparente era frulla *, & in quefta poi,co-
me incapace di riuoltanuoua,riceueuail
politico con fua vergogna inemendabili
rotte dal tempo.
Molte riflefiìoni fi fecero confufamen-
te intorno alla meritata grandezza, & al-
la feditiofa potenza de’ Miniftrhfrà i qua.
li alcuno , quali ramo , s’iinalzaua dritta-
mente fui Tronco^ & altri, che di trauer-
fo fi feorgeua carco di mqlti frutti , con-
danno j
r Fafcio Primo. - 15
danno del Tronco medefimo frangcuaft .
Ledifuguaglianze loro rendeuano mo*
ftruofi i membri di qualche Imperio,neI-
la guifa , che in vn corpo all’hora nafee il
tnoftro; quandavn membro trascende in
grandezza la proportione douutali - . Pa-
reuano però da pià parti rinouati gli
efempi di Cecina , e di Valente a Mini-
ftri di Vitellio,ambopotenti,ambo emi>-
li 3 ambo rapaci, àbo ruinofi. b II comodo
priuato, ri configlio de'Giouani, e l’odio
nafeofto fé perder l 'Imperio Romano #
Chi fi faceua arbitro di qualche Re-
gno , additaua, che nel Monarca non re-
gnasse l'arbitrio . IlMiniftro vegghiaua
fui Rè » mentre il Rè dormiua fui Mihi-
ftro . II Rè faceua lume al ministro, per-
che ftudiafse la Sua caufa,e quelli daua la
mano al Rè , perche fcriuefse la Sentenza.
Nel ponderar le grauezze , fi motteg-
giò che aSsai meglio odoraSse l'oro , trat-
to da Vefpafiano dall*orina,di quello eh -
cftorfe Nerone dalle lagrime de' VaSsalli.
S’atteftò, che alcun Vfficiale imitaSse c
Temistocle , il quale volendo riscuoter
denari in Andro , -di (se d'haucr menati
due Dei,la Forza, c la PerSuafionere poco
valeua a' Sudditi il rispondere d hauer
due altre Dee, la Pouertà , e 1 Impedìbili.»
tà. Almeno già che riScuoteuanfi doppia-
mente i tributijhaueSsero hauuto arbitrio
C 4 . iMa-
* — — ... — —a
a Tseit, b Volib . c Plut,
$6 Dette Frafcberte
* Magnatici far venir due volte l’anno la
-State, e l’Autunno , come difse 1 Hibrea à
Marcantonio.Mà il fatto era , che alcuni
non eflgeuano per lo Rè le Gabelle, che-»
arano loro pagate , mà pagauano al Rè le
gabelle- di quel ch’efigcuano per efli .
Si narrò in riftretto , che da vna parte
vn popolo teneua Configlio, per tradir
Vii Rè, dall’altra vn Rè faceua confulte ,
per aggrauar vn Popolo .
Là era vn Teme di fepolta difeordia^ >
non facile a conofcerfi, qui vn germoglio
di crefciuta congiura, difficile à sbarbi-
carfi.Lefeditioni intefline,cheper lo più,
o dal bifogno , per tirannia cagionato , ò
dal tedio delle pcefenti cofe dei iuano, fo-
no appunto come la febre ethica , che nel -
principio è difficile à conofcerfi , facile à
curarli : mà fe fi trafeura , col tempo fi fà •
difficile à curar fi. faci le a conofcerfi .
Là vedeuafi vn pedeftre popolo far te.
fta córra le braccia lunghe de’Nobili,quì
le braccia dei Nobili hauer cuore di por-
fi a i piedi vna Regia tetta .
Là vdmafi vna Follia tiranneggiar vn
Rè, per dar inditio di Cenno *, qm pateua,
vn Rè afpettar il felino, per difciplinar la
Follia . > ' \
Là tentò vna impeciofa Fortuna d’ele-
uare à premio dì comando l’indù Urie di
, chiobediua^qulosò vna feruileinuidia
dannare à pcuad’Oftracifmo il merito di
ehi imperaua . ,
E per-
Google
Fa feto Primo * 57
• E perche a in Ciuitate difeordi , & oh
crebras Prtncipu mutationes inter liber-
ate , ac licentiam incerta parti* quoque
res magnis motibus agebatur , vedeuaU
vna Natione , hor penofa di viuere in li-
ber tà da r ibellarfi,hor i n atto di tentar ri-
bellioni per cfser libera; mentrcla
volubile ne’configRimpetuofa nellcrifo-
lutionijfalfa ne’giuditi j, facendo peggiori
i rimedi) de* mali* pareua peccare, per
pentirfije pentirli per peccar di nuouo .
Efagcrauanfi finalmente il pazzo abufo
del fecolo , in render grati c al Cielo delie
ftragi, fatte non dc’nemici di Dio , mà de
gli huomini : menerei Monarchi Afiatici
dando titolo di predatore ad vn Gioue,
facrificauangli vna portione decurti , co-
me de ciechi Romani era l’vfo .
b Ipfu/nquevocamus
— In predam partemque Iouem ]
catò il Poeta. Motteggia c Tacito di Ga.
Pifone, che all vdita della morte di Ger-
manico ammazza vittime, e corre a* Té-
pij;e deteftado l’Hiftorico i tempi di Ne-
rone , ne’ quali il rendeuan gratic al Cie- ‘
lo dcgrhomicidij fi marauiglia , che i fa-
crificij , fediti a farfi anticamente per pro-
fferita riceuute, s’offrifsero airhoraper
diletto di calamità lagrimeuoli.
Si conchi ud e, £he il maggior difordine
per cui i’Afia era inferma , s’originaua da
~ ' > C s Capi,
a Taeit , b Vir$ t c TaìÌU .
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58 Delle Frascherie
Capi, i quali non alla Fama, ch’efser deue
rinterefse de’Grandi, mà airintcrcfsc per
cui tentano la Fama i Priuati, con fornir*!
cura attendeuano;e pur fi sà,difse a Tibe-
rio a Sciano: cateris mortalibus in e o fla-
ve confilia , quod fibi conducere putent :
Trincipum dtuerfam eflefortem K quibus
precipua rerum ad Famam dirigenda .
E perche i corpi muoiono, ò per inter-
ne indifpofitioni di qualità homogenee,ò
per eftrinfeche cagioni di fregolata vita ,
credeuafi da alcuno , efserl’Afia ad vii-*
mortifero rifehio vicina; mentr’è defti-
no d’ogni Città, diceua Ànibale , b fe non
le nafeono inimici fuor di cafa, produrli
didentro.
Si decretò in fomma, tutti i Regni ha-
uer gli Orti ,‘ i Meriggi > c gl’Occafi : e’ c
periodi d’ogni Imperio eCser fatali , come
difse Cratippo a Pompeo.
d Platone organizò con la fua Idea vna
ben ordinata Republica : c pur non feppc
afficurarla dalle alterationi , e dal finc,có-
chiudcndo ; quod nthil in flati* mancati
[ed ambita quoddam teporis mutar etur*
Mà perche ne gli eltremi difeorfi moti^
uò Staperme,chc corruttioni de’Rcgni
nafceuanopcr lo più da’Grandi,come che
i pefei dal Capo a putrefar comincino,
recitò a ^li Amici vna moraleOda a'Capi
«le gli Eferciti Afiatici,in quello tenore.
A GVER-
a C»rn*Tac, b Li»* e fiat* A Flai,
A* "
GVERRIERI
PRINCIPI
DELL’ ASIA, -
ma> e .-
ODA.
v
T Amalo infido etro i martiri inferni
M otte à cibo fugace orma dì fame:
E algraueduol di flagellate brame
Nega dolce momento Arbitri eterni,
E voi s cui diede il Citi gioia di pace ,
Gite penando in bellica baldanza
E pafsendo corifchi vnafperanz. 4 ,
Pef :ate à l’hamo d’oro efca rapace .
Chiedott pace le fi elle , e par che creiy
Ter punir gli yccifor fulmini u Gioite:
E voifuperbi entro fulminee prone
Fate motti Salmonei onta à gli Dei.
E orfe al cadauer d* Auuerjario ef angui
Erger credete avo lira F amai vani:
F olle ardir vi lufinga ,a gli altrui dàni
„ :r e potézc infierir,gloria è d’vn Angue.
Già del Foro vena/ f opra la felce
S iride Tenaria à l’affamate fchiere ,
Mentre i comi difuggiùue Fere
Sopr aie ampi negletti erge vna felce •
C 6 Già,
V
6o ^ D elle Fraf cherie
Gingia di Morte à l’orrida licenza
Meflo rinunciati Mietitor la falce j
Metre,diSpica il [noi votole di tralce?
Fertile appar d’vnaCadmeafemez.a .
S c oppino pur , qual pria , Nubi tonanti
Darmi delgieUnitdo Cultor non pane ,
Mac a al Nume la mejfe,e più no ha -
La r merita Enea Tare [umani t. {ue
De le prouide glebe à la coltura , (tolti
Gl’cmpi Cacchi di Marte i T aun ha
E in va d’intorno i defti lumi ha volti
Cotrojluol Briareo d’Argeo la cura .
D'ingorda man mifen auanzj ejìrtmi
Reflan le marre à queruli Bifolchi.
Anz,i immoti Cadaveri de' Solchimi
Giaccio gli Aratriiouhebbertoba i fe -
Gli bere di alt ter di terren culti , e vaili?
Nutre i confin di baffa Falle augusta'?
E chi l’origin trahe d’ Arbor ve tutta.
In roijLa L'afa humiùatihà i fafli. ( ne
QueLch’affiffoin quadriga ,e a auro gr a.
;• paru dSol ch’infuo caro^efca dal lido
tior sebra nudo tl Giovane d’Abido ?
Ch’ds.e medefmo e rematore, e naue .
Mifero honor degli Aui. Aure di Corte?
• Indarno homaifaflo di [angue atte de?
Ch’ oue Fortuna profpera non (pende.
Lo fplédor de’Natali óbra e di morte *
Già de'vofiri G uerriergli empi appetiti 9
(Ai ca(ìi f ?ni altrui tendon rapina ;
Ne più raccoglie homai l'aurea Luci *
ria
Troie fìntile a i Genito? mariti?
. , : . £f*
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. . F afcio primo 61
E fe indarno tento l'egra Conforte 3 (mi
Co tra l'armi di Sefto, oprargli fcber -
In va tra i ferri boggile Spofe inermi
- D'vn inferma bonefìàfuggÒ la morte .
S’à fuga A4 amai cbiufi ripari
T ejftr di Fabro adamantini ordigni ^
'Teprano k Ad arte homaiF abrimalu
Ter ajfalir le Venerigli acciari, (gni
Ob 3 di Ugge natia nato al difprezz*o , '
7* emer ano piacer di A4 arte tafano »
Mqui À prede d'Am or forza di mano i
Ai eire à merce d’ Amore, Amor è prcz
Ai'ydifte,'o Ducici* Innoceze offefe^ZO.
Son le colpe di voi sferze d' Aliaci.
F olii y o uè gite? ab cbe le vie rapaci
Sono à meta d’Honor rupi fcofcefe. ^
7 dolor cCvn popolo cadutg (ua 9
Pietà non v* erge, il voftro mal la wò- .
E'-mefon leCtttadi, e cbe vigioua
V otarui vn Regno y e rtepirlo à Tinto ?
H&bbiatepvir su trionfali Sogli
D*vna Delta coronai cria recinti ,
Al v offra ma cbe i Vincitor bà vinti >
S offra il ramo di Cuma y e viger mo-
&H* ^
Pugni in prò di voflrire artedìS telle y [da
Ampio il Regno a vai fiatato circa-
Fra ii se d' Ambialo d' Amai affo da ,
Fra T Indica A4 alacca , e i flutti d %
D' Alcide i finire di Liso le mete {BelU-
Varcar faccia voflr'arme amico de-
Scithia y temedo votare mi di gelo , {lo
Eibi ^bramando voi/erua di Jet e .
14 1
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€i Delle Frafch’erie
Mìfep,e che fia poi ? di [patio molto
Crescerete à Fortuna il voflro Regno,
M cieca sì, ma vanno i dardi al fogno,
E grà ber faglio anco da ciechi è colto •
*
Qui termino il Tuo nobile componi-
mento Stamperme,al cui merito fi bisbi-
gliarono tolto encomi j da gli Amici , co-
me ad Ingegno , che nella moral Po dìa-/
g odeua in quel tempo il Candidato della
Gloria. Ticleue in tanto irritato dalla
bellico! Idea di Sramperme a più impa-
ciente furore , tradì* fuori vna Satira con-
trn le Guerre d Ada , comporta già da lui
Sn Europa , in cafa del generofo Egi deae-
ro in cui vantauafi di hauer Tempre ha-
«Ulto alle Tue naufraghc forme, ò il por-
to, ò la merce: c dando faggio conia-*
lettura di quella Satira di vn nuouo , mà
regolato flilc in tal genere, così à dire
incominciò»
H*»
f • .
r‘ ,
LA
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G VERRÀ.
S A T I RA .
T Ftt' Arme cAl Afondo > Armavi-
rumquecano .
Le Donne, i Caualier , rArme , e gl*A-
mòri.
Canto l’Arme pietofe,eÌ Capitano ,
Ogn'vn sodia y ogrìvn s* arma^gn'vn va
N . fuori:
E indarno a i Campi il buon Catoiu
rimbomba ,
Tornajornapoltron fuggi i rumori .
Suona À morir ‘più cb'à fuegliar la T ro~
E a[ f lido di Piato fpirti arr oliati (ha
Ai adà le falme a quartierarfì in toba
S on di barbara bile hoggi am alati
J Regi) p et thè de la bile i mali
S on hoggi da' Re barbari purgati.
Agl' infiammati cor f angui venali
Ordina il Fato in bellica licenziai
E à picne'fz.a d*humor purghe borfali
Già de' lufft n attui in afltnenz.a
V’tuono t Grandine de gl* altrui metalli
Prouangl'egrifuogliati vn appetez.4 .
Qui deliran le Corti ; e perche i falli
Del paz.zo Aiace addolorar Conile ,
Son le Reggi e follie doglie a i Vaf salii
T ut -
64 Delle Frascherìe .
T un'Arme è il Modo, il Fat acci più vi
Col famelico [degno, e mercenario (le
Vuol far de' Regni vna frittata hoftile
Anco il S ohe he ne ere a, par saguinario :
v Poiché f atto fenfal dì Alme à Carote ,
7 * atto l'anno fi troua in Sagittario .
Nudo fluito colà fai T hermedonte (di,
Suifcera il ferro', e àfabricarne i dar -
Sudano à gara, e Firacmone,e Bronte
T un'arme è ilModo,à Tcoraggiar co dar
Sudale M ufe, e de la gloria in fana(di
Vn prurito febril (limola i dardi . (na,
Ognvn vuol Brigliador , vuol Durinda
£ fegue ognvn ne P attaccar tenzoni'
L'esepio altier de 1* Albagia Romana
£ pur furo i Roman grandi, e poltroni.
Se la guerra di Canne vccife tanti ,
Confìderate s'era di Baffoni. (notanti,
£ un'Arme e il Modo.ll M ar legni ha
Che,fa in bofeo natio viffero immoti,
Afoftra morti su tonde i pie vaganti .
Quefii à Nauate Enio paffan remoti ,
È di fopita , e tacita tempefla
I f inni fare (iier turba co i moti . (&*
Non fan claffeauuerfarie orma me pre-
Col pie de i remi, ode inalzar fàfpume
. Di flutti adulterati oda modefl a- (me
Già lafchiera di Phorce , é*l patrio Nu-
Stanno à mirar su placida manna ,
Qual foco e [tinga a à tate vite il lume.
T un'Arme e il M e do, àf nericar ruin a
Cotra ilfatricio fluolo armapUGrac
; £ la ma cetra i C avi ardo la mina.(c o
A fitto l
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«
Fafcioprimo , * -■
fiuolplebeoyche per grauezze e fiacco, • '
Ntgan pane i M miHrr.ond'ei ribello
Dona a i ladron de la farina ilfacco •
Cosi doppia le stragli vn fai macello ,
Che' l sartie altier di f corticato Gregge
JMoftra cotrai Paflor cor e, e cerne Ilo
F affi intanto lo feettro à chi lo regge , Y •
v Sferza pitiche foflegno 3 e piu non s'ode
Fra i rumor de’T dburi vnfon di lege
E pur danfThoqgidì glorie à la frode :
E al nudo fen d'iniquità dtuerfe
Forma n le penne altrui manto dì lode
Canta il Poeta ogn'hor Parme di Serfe ,
Che tinfe in roffo mar dì Salaminay
E'i mafcher'o Cotto le nani Perfe.
Che vn varco apr) ne la durezza alpina
E per paffar su la Cecropia T erra ,
Erfe oltraggio di ponti a la marina .
Caia quel 3 che Giugurta 3 e' Cìbri atterra ,
Quel che corfe da Pella à l'Indiano
Per trionfar 3 pìu che portar laguerra.
Canta quel lufeo ancor de l'africano ,
• Che fè ne l'aria [natanti caflelliy
. Ne capì da l'Egitto al Mauritano.
Canta eh' à t Pireneirnppei cancelli ,
E douetienlanofìra Europa Occafo
V ri Orto foggiogo di Rauanelli .
Canta eh e per valor , più che per cafo
DCe di moffo a P Italiane mangio poco ,
Ch'anco non dajfe il Cu ifeo di nafo .
Canta chi diede à l'Anti Roma il foco ,
Quel che [prezzo de l'Ep rota t doni ,
* E'I nemico à Roma magno ^4n { ioco .
Can-
66 DeUe Frafch^erie
Cat a color, che pifciano a i Cantini %(bc%
E'IferrOivfo k far falchi, a frager gle-
Ca%ìamo m Scimitarre , c n Ad ariani.
Caia de'Gothi,e radali la plebei Mar fi,
. GD ubri,i r$lfci,i Saltigli Hetrufci x e
E Cartago,et Athcne,c Spartane The
Centra popoli immerfi, e popolar fi ( be .
Canta il r alor di rinitiane Armate ,
Ter cut la Rinoma a voli nhk [par fi*
Canta colui,che da febr il giornate
Sano i Roma , quado il fitto dito intlnfie
Dentro il rotto Vaficel di Mitridate ,
Quel, che'n malinconie Perfido coflrinfe ,
Quel che i Saniti t collera hk diftrutti
Qael,cb*à ficme Romane Africa vìfie •
Canta colui che fece dat da i Putti
Vn buon cauallo à /* A fino pedante
E Hor atto fiol cantra i Pi ... tutti, (te
’M'ha rotto il capohormai tàt*arme,e ta
De la Schiatta Febea voci fonore
Le cui pene T robette aizzano vn F atc
Hanno lingua i Poeti , e non han con ',
Core non han» da far morir chi viue »
Vita no ha da rauuiuar chi more, (uè.
Chiama Palla vna Dea grata à chi feri
E rimirano poi con guardo bieco
Le Palle de i Cannonarne vocine »
Liei periglio guerrier Serfefh cieco ,
Che>s*afciugar tate fue T urbe i fiumi
G ode ne ? acque, egli f'c davo il Greco.
E quai del gran P elico furo i cojlumif
Mach nel mez.o u cb*anhelauail tutto
E fu menai > chi fi pone a fra i Numi .
Qual
s
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Fafeio Primo • 67 ' '
Qual de le guerre fuoCefare ha il frutto*
Che prima u huo,e poi fu Dio chiamato
Da u Brurofo u brutto termin'c condut.
Cbefà Popeo } quell'mclito Soldato ? (to.
In inano al fin del T raditor rimane
Mal capitato ,e ben decapitato •
Che n'e di Mario ? entro paluHre tane _
Di Minturnia palude , oue ha patirai
T rombe de'fuoi difnor flrido le rane *
Metto fi n finalmente bàia brauura*
Chi la dura à la corte è vincitore ;
Ma ne la guerra al fin perde chi dura.
Quel, che infegnajt temer fol cj>l rigore
D' Arme T irdne i tradirne ti infogna*
. Che d’ofsequio ifedeI,Maftro e’I timo*
Quel che vijfe homjcida Iva fi [degnale
S'vccifa muore . Hoggi lùnftabilDiua
Fà vicende fcruili anco in chi regna •
E pur s* armano » Marine pur V Argina,
Beche'n flutti d' EuboaNaue fdrufcita
Gli vrti arrifchiarvuol di Capharea
E pur s'armano i Capile la crinita(riua.
Difcordiai dubbi Regni,agita ì e turba
E t' altrui Morte à i flegijtrme e diVi
Sotto il maio d'Affrea copro lafurba(ta.
Collera i Gradi anzi col voto falò (ba.
D'vn F eccial capriccio armala T ur
He' mamfefli lor piangono il duolo
Delle fame attaccate , e pur fon tutti >
O l'acciaio , b la pietram i folf aiolo .
Vhauer piu Stati in fua balia ridutti ,
Chiama nuoui Nebrotti , arte da cac -
E prtuate l e tùie i comun lutti * - (eia,
Hog-
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I *
6$ Delle Fraf cherie _ '
Hoggi il Modo è comun » di Fera hà fac-
Ogn’vn è Cacciator di Tua mina, (eia
O có retc,ò con ferro; ò con la traccia.
S'empia d'ero la cajfa,efia rapina :
Ogn'vn cerca fe n h ammano già do ae 9
Buó odore è il guadagno, e {la-d’orina.
Cosi al T èrano il reo pefier rifp ode /tana
E intanto il furto altrui piu che Spar -
Perche lecito fta^non fi nafeonde.
Fà guerra hoggi à ragion forza di mano ,
Pur che in Erario AVRelian Ila viuo ,
Moia ne’Tribunal GIVSTiniano.
Morbo de'Regni vn dominarfurtiuo.
Fine del Greco/#, Sete d'imperio,
Fallo fu del Latino , vn Ablatiuo.
L'human defìo.per diruelafulferio ,
Sepre il Modo (conuolfeie non f apete ,
Quanto nocque à l’Italia vn defiderio*
Formar leggi tnfernal ,guaflar diurne, <
So de l'horrida Guerra atti leggiadre
Efonfabriche fue l'altrui ruine , .
Oh qudti,oh quati infra i co feristi Padri
Tetar co l'armi altrui far fi P adroni »
E del T rono Roman diut mr Ladri !
Dimmi Cefare tu , per quai cagioni
La libertà che m tanti mebri baucSti,
Nel tuo capo Tirannico riponi rf
E in guerra tu V tfpafianchc fejh?
Quando in pelle di V olpe , e di Leone
.Al porco d'vn Fitei guerra mouejh -
Tìsiche armato tifpecchi,al.tuo ladrone
Falor,perche no guardi? hauertivati
L'oro colferro,e pur nafeefii Ottone .
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F afe io Primo . 69
Ladri de' Regni altrui fur tutti quanti.
Ladri fur gli (Ir anier, ladri i Romani >
Ladri fur Capitan, ladri fur Fanti •
E [e fur ano in guerra i Capitani ,
Che far an gl' altri in guerra capitati ?
Se fura il Capo,hor che furale mani ?
Sono al Capo regai mano i Soldati ,
Sono à /’ Inferno altrui fpirti infelici »
Sempre nati à dannar, sepre dannati .
Raffomigliano il Gattoni qual nemici
T opi combatte , e in cajo d'appetito ,
Piu de' Topi ladron,ruba àgi' \A mici.
Oh numa tu, che intento al facro rito,(fte
Mai per rubar, ne per pugnar co l' Ho
Da l'Hoftta d'vn Aitar no fei partito .
Mira , CQm'hoggi à foggtogar dtfpofie
Son le delire de 1**4 fi a, e ne l'inganno
Le faluti,e le leggi altri hà ripofie.
O T erù, 0 Compagnie paganfi ognuno ,
Perche cotinue à noi fian le T ergane.
Perche fra noi la compagnia fia davo.
• Voghon d'Afiai Padron, che fi dia pane
A chi [quarta le carne , hoggi chi regna
Senza pelle intaccar,non tofa lane.
Conia feufa de l armi hoggi s affegna
Al Faj] allo pacifico vna taffa, (gna .
Ma ch'ella gabba, vna Gabella mfc-
Per dar neruo a la Guerra, hoggi fi laff’a
S magrato affatto il popolo di vnsàgue
Che t lombi poi dtporcaPace in^rajfa.
Cosi contempla il Tributario,ef angue
Ricchi i Miniftri,e’l popol 0 tradito ,
Vn nemico, che rtde,vn Re, che langue,
O buon
• ? Digitized by Google
7o , Delle Frafcherie
O buon fittelo d’oro , oue fin gito ?
Le tue.colpe,i tuoi colpi era di ciancìe ,
Ai arte flati a prigion per Fuoruficito •
Reggetta A 'firea con U due man Bilàce ,
Spada ancor non s*vdia,ne Capitano >
' Eran tele di ragni infra le lance .
La Bottega di Lenno hauea Falcano
Sepre rinchiufa y e no legge afii in carte ,
. Ch’aprififie vficio di guerra il vecchio C i
- De le fortune altrui godea la parte (ano*
Senza riffe il vicinane par e a nato ( f .e,
A dar mar tirila far Martini u Mar
Dormia fiotto vn fiol tetto vn vicinato ,
I Con thè i Contadini eran Cognati
E in tutti apria fipirti conformi u fiato .
Cauta Sobrietà tende a gU apr iti
A chiufimorbfiJp4irfaFciaà Galateo
F acca da T rovi, e da Bob arde i filati,
Neffunfea da Procufto , odaT ifeo ,
E svficiua vna brufica parolina, .*
< Era il ceno d’vn guardo vn Caduceo *
La pace era vna Serua,tllain cantina
Spiti aua i vafi,efea le celle nette
Con la ficopa d* oline ogni mattina-
li capo non rompe an tante T rom bette ,
, Il braccio non mouean tanti tamburi ,
II cor non accendean tante vendette .
No fifea por taf* chiane àgli b abituri fra
Meze Lune hauea’ ICielo, e no laT er-
Le Fortezze era d’alme , e no di muri .
Non regge a Bluto ancor Regni / otterrà,
E non patia di ttrren pondo ficarca
Riprejaglie dt furie, anima ch’erra:
For-
itized b'y Google
Fafcto Trinco. 7 1
Forbici sf accodate banca la Tare a ,
Ne traheua Caronte alle * /#* rint
Reggimenti dt fpirti tn su la barca .
Prò ceffi non f acca d'opre far t;iue
Eacosu i Reggi, onde veglia T Inforna
Sen\a i lauorpenofi ombrefeRiue .
jiltra natura ha il /eco lo moderno ,
Sol fra l'ire del ferro e l'amor d'oro.
Sol di sague là giù nero è il quinterno .
Solco farti foflienfi hoggi il decor §.( ’viuo
Che meglio è tl dir.de T altrui robba i*
Che'l dir al tr m.se z^a mia robba io ma
Vanti pur con beltà f angue atratttuo[r$,
Frtne irà i Greci faot , d'oro il sediate
Più di Frine hoggidì volto hàiafciuo .
Di man ctingegno education cotante ,
Dal nafeer del Bigatto al far calzette
Nonpofa mai l'Italian Mercante*
Quanti in viuande, in habitifin ricette;
Perch'habbia il figlio fao / cola di calta
Scolamenti di borfa un Padre mette,
E pur l'affretta al tumulo vn tumulto',
j E per belliche vie mouendo Torma ,
Stima la fera il fao meriggio adulto ,
Porge al F anelilo il Precettor la norma
Per trarlo da le ma cCvn Ignoranza*
Che prima del faper T Anime iforma .
Mà in pochi /fimi dì torna à vacanzjip
Che'l voto Padre fao penfa che fia
L'empir la tefta,vn crapular di paza*
Son le lettere in noi Pedanteria ,
Beffe di Corte , e morbo de le nienti »
Fatiche da poltron>maldi pazzia-
•p. ' Delle Frafcherie
Vn’huomo Fomentar fol gli Elementi- |
Batta che fappia , e perche ftia fondato j
Baftan fol de le Scoi e i fondamenti . •
Stdtce il Padre\e l figlio [regolato , i
De le regole altrui lafcia il precetto ,
E co 1 fui to guerrter cangia il Donato
Hor bradotpugnajrjor s’ /pugnala il petto
JHorda colpi à credeva, hor lirijcote ,
Guerriero in fefìodccimoriftr etto-
Al fin muoue à la Guerra armi idiote ,
* Più atto àriuoltar [palle ài • + . ( tèi
C h* al nemico G ucrrier moftrar le go-
Là nel vitto rapace , & impudico ( gel la
S'ammaejlra il GarXon , finche [la-
incolpo nuouo il fuo col pare antico.
La guerra e vn’arte, in cui la vita ancella.
Staili in lezzo dcVitij , e’n cui fi detta
Più (emina di mal, che (enuncila .
Ecco in carriera Antisale s’arrefta
.*/ Sù le Campane vie tanto e sfrenato.
Che in terra dilauor fuo ti angli afefta
Tìà: fomenti di Bacco effeminato ,
A Roma, c he' l defia,l'ebro non paffa , !
E l'opre d vna man vince vn palato .
Seco fi Aringa vn Marcanto/iio a laffa , |
Che per tracciar Mattina C leopatra
La Signora Vittoria à dietro laffa .
A la Lupa di Roma il reo non latra, {ia j
/ Perche corre d’Amor dietro vnaT ro
E pria,che Vtncitorffajfi idolatra .
E onda le gioie fue dentro vna foia,
E pur metrc bene a, vide il lafciuo , (ìa.
Ch'altro non ì,ch'vn fol hocco la G io -
P cr
F a feto Prima ’ 7 3
Ver non parer ne V ammorzar cattine •
Puoi far veder , eh* a generar e buono,
E che gradi di bene hoggi ha Gradi -
Già, fu cagion vn bellico fo tuono ( uo .
Il ratto di bellezza fulminante*
Eloggi effetti diguerra irati fono.
F a fc alar e ì Bicchier, Bacco a la fetc,
E di doppio Scolar Marte e il Pedate
V ?t,cfye d'tra venal l Alma accendete , ’
E con la man che doppio f angue fura.
Per dar le ptaghe altrui piaghe volete
V oi ch'ofate atterrar de la Natura
Foflra il vigor , per rinforzar co Arte
Di pofitedo Padron l'armi, e le mura .
V ole h' ad altri acquisiate, e bautte parte
N e l'altrui danno, e di schianti ignoti
Fate vccifor , pria che nemico vn~>
Dite infelici voltine idioti, (Marte*
P er ch'amate vn rigorìperche vt piace
Da i Penati a penar torcere t moti ?
Qua do parte a la Guerra vnhub audace
No credo giacche la fu a M adre dica ,
Horst Figliuolo mio vattene in pace .
Ma dirà bene. IlCteltt benedica , j (uà
E vuot lafciar quefla tua M adre nuo
Per gir nel se de la tua Madre atte a ?
Eleggi Hippelito alcun non fi rinoua :
E a rauuiuar quel che di vita è ca ffo »
filtro vi vuol Fratesche chiara d'iua
d { J iP tt * ™» di meSio il (uo pafo
' A?!?» 0 * * belDeftrier robufia
Ch ài occhio del Padr^fi face a graffa
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74 . Delle Fr afe berte
Màvfto poi et arme il Cauallo onufto,
Ch'àfuon di trombe infra il Can 0 ru
marciatiti ^ *
Son'oilTrombon , [paro il Canon di 1
gtillO. - , x .•
O' fon pur iOidicea,vifo di faua ,
Hoggi han fortuna gli Affini par miei ;
Et io f ciocco Aftnon mi lamèmaua.
Dir fami a rifinita potrei, *
' Non vuò a morir ^pereti A fino so nato
E fe vlandaff\ > Arcafino farei . \
A Guerre andrò quado non ho più fiato:
Che de la pelle mia fatto vn T aburo ,
• Darò morto poltro# core al Soldato.
Meglio, Arnicuc il capar no l*h abituro »
Che habitar c ampi à cori bs.maeofola
. Non la norma VeUotmà d’ Epicuro .
L’otio è Maeftro del ma] , la Pace è (cola,
One impar auQagnor le Tutbe tenere
I mal de la Lufiuria*ede la Gola, (re,
Meglio è Marte feguir, che ftar có Vene*
E valer ne laGuerra incenerire, >
E viltà ne la Pace il couar cenere.
Ee fortune à i mefehin porta : vn ardire.
Le fortezze ne i cor crea lafciagura,
Edeinolìri dolor gloria il (offrire.
Cede sforza Ragione. Vna Bcauura (ria
Regge il Módo,eeorcgge,e’n lui fi glo
Non gir foggetta i’ordin di Natura.
Hoggi in battaglia è vn opra meritoria ,
Tolto honor,tolta uiti, e Regno tolto
, Quel ch’tn pace è vergogna , in guerra
^gloria.
Ccc-
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F af ciò Primo. 7$
Cercar venture a! vento opra è da ftolto*
Di Marte al Veturier fpe(Tò il Dellino
Dà col poco patire vn goder molto.
Anzi quello è vn pcn/Ier da Pailadino,
Campar la vita , oue la Morte accàpa ,
E vna botta arrifehiar per vn bottino .
Ouefle ragion ne la fina mente [lampa.
Chi tra fere d* Efopo ha d*huo la lìgua
Chi fatti ha di Leon f e no ha 'gjimpa .
Ma pria che voi fi ama del Cielo efl7gua
Brani T ifet,deh non vi fia dtf degno ,
Che coirà voi le mie ragion diFìingua*
Ver la Ferver la Patria - e per lo Regno
Son Pire honefie,e voi mofirate ardire
Ver vna paga,ohibb, vender lo f degno •
Nè farebbe vergogna ifvender Pire,
Per coprare alla vita vn allegrerai
Ma voi per foldt,ohibo^gite à morire .
Soffrir cafo di morte ègra fortera\(na
Ma il tracciar lei fuor ae la patria ta
lAlgiudiuo de * S'aui e debolezza .
Colui che tienfrà la delitia vrbana
Incruslatt ifuoi giorni, e muore poi ,
Degno effèr pub dì copafftone humana
M à di che lode fiete degni voi , (ua
Che v* offrir e à vn morir e, il qual vi le -
Dal viuer afpro,e dal peccare in noi ?
Ne Fiate à dir,che il voilro honor ricetta
Da caduta di membri vna [alita,
Quafi Vallon,cui P atterrar folle ua.
Perche il voler con perdita di vita
Perder fenno maturo , 0 itade acerba*
Sol per batter Refurrettion mentita*
D 2 Scp*
i . Delle Frafchtrie
Seppellir fi morendo in tomba d'berba^
E fperar poi di quella Diua i ratti ,
Che trahe l'huom dal fepolcro , e in
vita il [erba,
M orti immortali miei cof (teda matti 9 \
Prouafie Inferno , et anhelate a gloria
Sperate yn nome ,f difperafle i fatti .
S ape te voi quel che dirà l'tìifloria ?
Ch'ofafle batter la Volontà cattiti a,
S ol per farai chiamar . Buona Afe'
moria.
Chi pub viuer in pace, in pace viua ,
No fa torbido me hi offro i nomi chiarì
v Con l'altrui pena in del mai non j\
arriua.
La Guerra al Gioco de le Carte è pari :
Doue li perde, c vince!! tal volta ,
Doue afliflono Rè, Fanti, e Danari «
Ma più la Guerra de le Carte è llolta,
Che da Spada dipinta a Spada vera ,
Da P unto a Punta è differenza molta
Doue in van non fi [par a, in van fi [per a
Anzj del colposo de ìt Guerrier e morto
La colpa del morir fpejfo e Moglnra,
Non fi tronchi da vuoi con fpatio corto ,
Lugo fperartperche nelCampo andate
Non è mica la via d'andareaTHorto.
Purfe in Campagnaptaceuidi fiarefro
E qui vibrar negli altrui mebri tlfer
tiuofia tra voi.che dalle F erje impare
E quando matrone fa mcnfail'Cerro ,
f ' A l'obhquo ferir d'erto Cinghiale ,
Sperarfi Vide tfttof nàt aggio tl Ferro ?
Al
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JF Afe io Primo 1 jy
piu fiacco Leon colpo mortale
Vtierculton Nemeo mai no auueta ,
Ne al compagno Rigor T igrefà male
gol di fu a ftirpe eftirpator diuenta (forti 9
Vbuo cb' a turbar tutt'i mondan con-
vocar l'Alpe,e l'At late, e UT auro tota
Mira in vn giorno fuo Febo piu morti.
Che in vn ano no crea T urbe naf ceti >
Ne sebrapari i no fi ri Occafi a gii Or *
Dal coftume ffrin Pace imparati ; {ti,
.. E vdìte mefe d'opere guerriere
V era f <tper la quidita bramate,
JSon le Guerre de l’ Alia Hidre, e Chimere
Per delitto di Rè fon Cacciagioni,
Pei* inferno de* Popoli Megere . \
• Lecite Mercantie fon di Ladroni,
Che per tirar a sé corpi d’entrata, (ni.
Fan del*Anime altrui càbio a i Dcmo-
Ma £ bei da voi faldati hoggi è formata
Vota Infernal,UMercatia,laC accia
Pianta nudrite voi.che in altri e nata
V oi d'vn Capo regai fiete le braccia ,
* C hi far guerra tperfona il cor nohaue
Di farla poi co voflra mano ha faccia
S chiatti, e Remi voi fiete a i altrui Naue
S iete Vigilie voi de l'altrui Feftt ,
V ei d'altrui Por te, e set meliate Chiane
S*a pugnar ]/er altrui voi non correfte ,
O t Re fra lor s'aggiufteriano iguai ,
O i Re fra lorfiromperian le tefle ,
Hauer,fenzapagar,debiti affai ,
Perder,* Tempre hauer vitto, e veftito»
Far guerraad altri,enoncóbacter mai.
L> 3 Vfo
78 Delle Frafcherie
Vfo è de'Grandi,ma il Soldatoardifo
Stentale vme,ferue,fe hàcomandoi
Se perde »hà male; fe deue èfoedito.
j Non sa il mefchtn , per che maneggi vhl,
brando :
Corre incorro a la Mortele no sa dotse*
Affetta la Fittoria y e non sa quando.
Sotto ilferuido A4 arte,e'l freddo Gioite,
Dai Penati dom etilici lontano* *
Fero timor : f Afa (ver drizza il muoue.
Se fa Gradaffo il piè > /Altolfo ha in-,
mano ;
Fefhto di Guidon , non di Zerbino;
E'n mez,o a Ferraù fempr'e Tritano
Sempre in facendo fudaglt Frontino ;
E [empre vn Rodomonte ne Infame;
E Jempr e al companatico vn Sobrino.
E f ape te perche vote ha le brame ?
Se de la Fame laGuerra e [or ella,
E douer ch'vna Suora vn altra chia -
Pero dijfe in battaglia il Re di Pella y (me.
Se a' Ale ff andrò ho [labile il sebiante,
A4 anca il mobil di A4 agno a lama*
fcella.
E che direm del ripofar d'vn Fate* (tetto
Hàd fuol per ptume,e*l molle C tei per
Pofa la teftayoue vagar le piante .
Marito de la Morte è tato detto,
Piu che Fratello il Sonno de la Guerra;
Perc'han pari fra lor la Tróba e 1 Letto
Anz*i tal'hor chi per dormir s'atterra ,
Gli aperti lumi [noi non ferra mai :
O non gl* apre giamai quando li ferra »
Dun -
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j Fafeio Primo L, 79
' V unqtee a 1 formi ficuri ivoftrv rat
Ritorcetelo Compagni io del Copagno
Sembrino al v offro mal medici iguai
- Achille infra i Guerrieri hebbe vn gua-
dagno
Che tnuulnerabil fé f ligio Pantano,
T uff e le membra fate , fuor che il cal-
cagno,
Zaffar volete * 4 chiUeP e batter lontano
Ogni nfchìùgiitrrter da i mebri ve fin?
Date 7 fugati: cal cagno, e ac irei fin fano
Siate ipiti brani voi dei T empi nostri.
Piu faldati dei Fabij , e dei Marcelli,
più potenti di Dario, e diSefaffri .
Siate pur p/ei S mar gì affi , è Farinelli ,
' Che fpaccan Guglie , e /piccati Pro-
, montori ,
. Sbeffan Giganti, e sbuffati Mogibellu
De i Decori la perdita, e dei cori
f^n di fare te , e col ceruello infanti
Non f ani haurete i radicali bum ori.
.Al ferreo colpo ogni corpaccio humano
Diuicn criuello al fin,mà non da biade;
Cb'vn bel morir non fà magnar più
grano.
Rimettete ne i fa deri le Spade ;
E nel corfa vital , che v'e rimafa
Po fate il pie su le natie contrade .
E già che'l Verbo mio v'hàperfuafa
Concordanza da huomo,e no daPutto
Concluderò ,che de la Guerra il Cafo
Sempre il Genere , e'I Numero hà di-
frutto.
D 4 Vera,
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So Velie Frafcherie
Vera, benché poetica, reputaflì la de-
fcrittionc dell’Afiatiche guerre , e di quei
folli huomini, ch’alia malitia arrolati le-»
fomentauano: e però fu così commenda-
ta la nuoua forma del Satirico ftile , che
nel detcftarle hebbe arte , come deteftata
l’antica barbarie de gli Afforchi , che di
commendarle hebbero natura .
Si ponderò, che i buoni Poeti di niuna
cofa più agramente d rifentono>che delle
Guerre , le cui turbolenze fteuggono i n-»
eflì quella ferenità di mente , cotanto alla
poetica (acuità conueneuole. Non pia-
gneuacosì Ouidiole miferie della ta_.
rclegàtione, come il veder fi frà belliche
(correrie mal ficuro -, ond’hebbe à dire .
a Frecor vt poffìm tutius effe mifery
& altróue più chiaramente .
b 'Terra veli»? pr optar , nulliq\ ob»o -
xia beilo
Detur , erit noslrispars bona dewpta
malts .
A tal proposto recitò Ticleue le fo-
glienti facetie,compofte già da lui in Eu-
ropa, mentre vedeuafijCon genio auuerfa.
rio all’Armata , colketto arguire in effa
d* vn fuo bellicofo,mà giuftiifimo Prenci*
pelevcfiigia.
-i *
Sort
Si Quid, b Quid.
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S : Fa feto Primo. 81
On chiamato alla Guerra 9 ó* ecco
porto , r
Fr#4 eh io giunga a ferire , vna ferita;
' r± '^iMàpTia d'àm afflar e è fuor uf cita
£ pria d imort al ar faccia ho di morto .
lo nonfon'hjiom difpirkò sì graffo,
Ch e pefiu di 9 fr àgi impeti di Al arte ,
Tfrar la pelle anemici , e farne carte >
Fartnchiojtro difangue,tpenad off*.
Tuon di Bombarda* fulmine difpada
‘ Gelar fara ne la mia vena il fanone .
nT ? or ^ e c k e l ver f 7 de or Idguido cada
JMeauuerra mai* he' l Martini Luì oro
G io ui ai P oc fi a mi faccia fare ;
■Anzi sopire far à l intero alare (moro.
De la mia C an inetta . Ohimè, eh’ io
De bronza i T noni* de lefpade i Lupi
Cantari le Al ufe entro Caftalie mura
Ghejol eonuienfi à F emine la cura
Di do melile o tetto * non di Campi .
f Hiete , 1 ver fi » in f “Ut ari
Bojchiil di F ilomcna erge i fuoi cali :
£ Itati U muti i popoli guidanti,
rerchejua cuna il fremito de ' mari .
£ ver , Je il br accio mio gl huomini at-
terra.
Chele lettere* l'armi h aurate zone
M afento dir, che fìmile queftione
ò ! decide alle Scoi e, e non in Guerra,
Dai perigli guerrier fuggir lontano
ò eprefut vago, e di Combatter f chino ;
* erche i miei yerfi* cui verfato io vino
S off formati di piede * non di mano .
D 5. Come
8 a Delle Fraf : berte
Come dunque cantarle con[onan\e(mi}
Pofs'io di Rime al rimenar de C Ar-
E come vfcir può da la Jlaz.a i carmi ,
S’ogm noflra Colon fatta è di Starei
■
Era vna Fame nella Proumcia di Me-
tefeli ; foida, mà che feminafi, muta j ma-*
che faceua'fauellar deTuoi mali „ Torna-
rono i Dicitori alla narrati ua delie cala-
mità A fiati che, e "indicandoli , che la fa-
me Kondoucua diièin"ticrli col filentio
della S elicofa Sorelia,d{ cui ^antecedente
Satira hauenà r umor eggiato tanto, Rora-
zalfe recitò la fegueute Satira, inp>erfona
d’vn Poeta , che prouando nella Citta di
Side vn involi ta penuria di pane , prende
partito di iicentiar da se la Tua Mufa , per
potere tra le famelice grauezze , da coti-
diani difpendi j alleggerirli .
La
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Fafeio Primo . Ss'
LA FA M E
SATIRA.
*•
*
T Orna^o Ad u fa Ai Phocide ai Paefe *
E sii i Al orni aitatati al fecol cCero*
Filando Eternità , campa A tue fvefe •
Jomipafco di [piche, e non d'alloro ; 1,5
E mal potrei ne ammortai tuo Ch 'io *
* • fi?*
• Smerdi fama, hor che di fame io mo-
• re. ♦ - ~
Alo ammette due cure il petto nofiro ,
Ale la compra dei p A fpeder inquieta,
Al el crear poefie [parser inchioflro .
E' legge in alter abil di Pianeta ,
Che jhafempre sfornito U no (Irò For-
’ no,
4 Fin che tu fei Zitella , & io Poeta ,
LejJìgiA di Parnafo al Protocollo .
C he fra l Poeta 1 ed Pan nata e disfida.
Perche fecer rumor Patte, & .Apollo •
E dai Ricchi vn poeta in van fi fida
Trouar hoggi del Pan le cortefie
^ A enc ? da Parrete nò da Febo vn Àlida.
Ve peggio ancor , l' antiche careftie
Di natura eran morbide le moderne
Pelliccio mal fon di rapaci Arpie .
D è Già
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S j Belle Frafeherie
C ià la Figlia di Cerere da infcrne
F orzefu toltale da infernali Orarne
* Rapita hoggi vn a Cerere fi [cerne .
Bradi Udron con le fenfali trame
Di Cerere i granar grauidi fanno ;
E in cafa al trai fan [e minar lafam e .
Giapromifer penurie al tragic* sin no
LeStcllc:ct hoggi à l'ojferuar dei patti
Quel che'l del Od promejfo * i Ladri
danne. t \
Bai Campi (le (fi hanno ifrumeti e fratti
Certi ingordi C ampio «, ladri da fune ,
Degni d’bauer piu che le tratteci tratti
Voglion co fior, che le plebee fortune
Orfane fìan d’argento , e per vn pezx.0
Jldottiue penurie habbia il Comune .
Fll buon Mercato il maL AFercant
auueazn
Efirahcy per guadagnar 9 compri fru~
menti ,
E fa falir nel pan calate ìlprelf^Q •
Quindi è che nafee poi Sicariegentit
Perche giunte fi vedono a l'cfiremo^
Ferman la man su i peregrini argeti *
N'e fgo meta i Ladro la Forcalo il Remo
Che le paz,e del huo ne han ceruelli •*
Ne li pafee à conligli vn ventre fcemo.
Per gli altrui falli hoggi prouià flagelli »
■No vi e Farinate Farinaccio e morto
AFancan F arine,e crefcon Far ita Ih •
Se non vedtj Trittolemoriforto ,
s Preftar Jpmenz.e a Careflie follane »
Veggio nei pianti ogni appetito afforto •
He>
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F afcio Primo . r $ 5 '
. Uecale 9 & Irò in su leftrade orbane
Chiedon piangendo a Cimbri ac a fi irte
Di vn Alida auaro 9 va vomito di
Pane -
Alà quei non apre 3 à chi non porta porte:
E fe pur getta vn tozzo al Pellegrino ,
Lunghe non fon le Carità di Corte,
Aduore intàto 3 anhelàdo ufol quattrino »
La T* urba , e in Corte poi viue al per-
De poueripalatiil Palatino - f dente
Adufa mia cosi và. Se nel rodente
Digiun mordo gli Auari 3 hagranra -
gione
Alorder la lingua , hor che non rode
il dente .
Li abbi dunque di me compaffione 9
- Se fìam forzati in fe colo peruerfo ,
Io cangiar efercitio>e tu Padrotte .
E verghe il cibo e da Virtù diuerfo :
A4 a per girar di Foefia lo {patio,
Non han forza digiuni i piè del verfo .
Quando di Lira il Sonatore Horatio,
Canta Euohe d’Ottauian ne CU orto ,
Crede mi ’ldufa mi nichel Vftre ha fa
No fa Tmortal la Pouertàfa mòrto , (ti e.
La Vita è vìi nauigar, porto la Gloriai
Mà non fi và fenzabifeotti al porto.
Voler gran nome entro C altrui m emoria
• Pria d'inalzar le fue foflanze nane ,
» E vna vera follia di Vanagloria,
Son già damile Poefie lontane ,
v E [ol nei Panegirici ho concetti, -,
Perche Giro ogni giorno a trouarVinc.
- S'Esì-
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W Delle Frafrfrerie
Epicuro, che d* Atomi neretti (dajfe
Compofe il Mondo il nofiro Paguar-
D' Atomi noi faria,ma di Panetti .
JE s' Euclide fra noi V ita menaffe ,
Dtrei'Che il Pan perche sin ghiotte in .
fiero .
Vn Punto indiuiftbìle chiamaffe .
Vuoi tu fentir con atira fr afe il vero ?
Pan figmfica tutto in parlar G reco , ^
M à in lingua nofira hoggi ogni Pan e
vn zero .
N e vale il dir, eh' Eternit ade hai t eco -,
J giorni tuoi fiati da la Parca guafii.
Mentre la Menfa mia la Parca ha
feco .
La menfa mia Siracufatti ha i fasti, *
Se dì Pan, che non manchi, hoggi e
campo fia .
Pan fù Dio de*Pa$or, hoggi è de’Paftir
S’al tempo antico vna Pugnata lofi a
D'vna Fame dentata era il rifiuto ,
Deliti a da [dentati hoggi c la crolla m
Sparte molliche hot» altezza caduto ,
Non irafcuran le me tifile non fi ve de
Con la muffa cerulea il Pan barbuta
Muoui ducete da me. Ai tifa, il tuo piede ,
E credi ai detti miei, già che la bocca ,
Se no s'apre a magnar, s* apre àia Et *
Chi fdegnp caricò. Satire (coca, (de
jincol'Ocche affamate hattean balz
danza
i Galli s bruneggiar dentro vna
Rocca . - - .
Af p n-‘
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Fafcio Primo . Èf
Jldentre dunque e di Pd tanta macana ,
Che f A ci refi a il /applicar Viorcnz^a,
Che de laCrufcafua c'empia la paz.it,
Habbi M afa mia bella, babbi patienz.a y
La gr a Penuria hoggi àpenar depor-
ta ,
% Hoggi,che'mtca il merco n l'aflinéza
£ il viuer caro, e Caritade è morta .
! : ‘ ’ : '
Fafnofa,nomnt;iTò che famelica ririfcì
communemente la Satira, recitata da Ro,
razalfe ; e quali che la Fame del Cofopo-
nimentohauefle hauto vigore d'impri-
mere contagio della meddima ne gli llo-
machide gli Vditori Amici, pacarono
tutti indi a poco alle lor Cafe , per adem-
piimene i voci . E qui panie alia curiofi^
lkigata d’hauere impiegati in profitto d’
opere gli efercttij delie fue foiazzeuoii
parole in quel Giorno .
t
Firn dei prime/ Fafcio •
DE t-
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DELLE
FRASCHERIE
\ **
FASCIO S ECONDO.
t
ERMOCLE, a richiedo
da Paufania à dire , per
qual via poteuafi acqui-
ffar fama in vn tratto j
rifpofe. Con Precidere-»
vn Famofo . Onde Pàu-
fania » priuando di vita Filippo , fi
diè vita -nelle memorie de’ poderi .
Da tal’cfompio Stamperme edrafie al-
ia c uriofità de* fuoi ragunati Amici
queda vaga propofìtionc in quel gior-
no , cioè . Che il faper vccidere con-»
colpi di Satira i famotì viti) cf vn fecolo ,
fune hoggi il più efficace methodo >
per eternarti nelle commcndationi, e-»
nc
a Valer. Max.
r
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F afri 9 Secondo . 8p
nc i fogli . Aggiunfe in proua Jde’fuoi ar
gomenti più honorata cfler fa Fama del
Satirico , di quella dcU’homicida ,• perche
all’attione di Paufania , come maligna , 15
deuono le cenfure della Satira ì mà 1* ìm-
prcfa del Satirico , come zelante, non me-
rita di Paufania le pene. CosF Paufania
ha vn danneuole nome,vccidendo chi per
valore li facea noto ; e4 Poeta ha vnalo-
deuole memoria , trafiggendo chi li fipa-
lefe per colpe . Ma perche è così malage-
uole il fa per vccidere con gloria, come-»
il raffrenare vn irritato fdegno da gl’impa,
ti della vendetta, propofeStamperme vn
più ftrano , mà ingegnofo dubbio da rifol-
uereiefù.
* *
Qual fia più difficile nelnoflre
fecola , il faper far v^a Satira > ò'I
non farla.
y • t
Trouauali nella brigata Momarte,huo;
mo nella Critica verfatilfimo, e dotto, mà
nel redo piu di buona , ehe di molta eru-
ditione ornato , come non chi molto ma-
gna, e piu fano di colui , che di poche, e di
buon’efche Ci cibatesi erudito può dirli
non chi lede molto, mà chi ledè il buo-
no.
Fù inuitato Momarte da Stamperme, à
rifpondere all’antepofto quelito , & à do t •
alcuna maeftreuole notkia fopra le Sa-
tiriche origini; ondagli difpoflo a-
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fa DeHe Fraf cherie
prouace,che la maggior difficili tà verteua
nel fabricar bene vna Satira , cfpofei fuoi
eruditi fondamenti in taltforma .
La poetica facultà hàdue cagioni ; vna
naturale, e l'altra auentitia - La naturale è
la felicità dell’ingegno nel poetare, e l*im-
pulfo deH*Arte;e quello dalla conditati©-'
ne dc’Pianeti deriua. Giulio Formico, ed
altri giudiciarij Mathematici «degnano
co i ioroAfforifmi alcuni Ilei lati caratteri,
«fee alla formatione d’vn chiaro Poem-*
concorrono ; & iósò r cheGildarmo cele-
bre , Si efpertifllmo A Urologo d’Europa
neli’erigere la figura ad vno de'noti Inge-
gni, che qui m ’a £coltano,d i de, di e per ha-
ucr elio in Prima Marcurio,la Luna,e Ve-
nere vniti con Gioue in Sagittario al cuo-
re delloiScorpione, giudica nato vn acuto,
c qualificato Poeta ; _efopra tutto i’dlere
Marte in Decima Cafa di Mercurio, indi-
caua in lui vna famofa, e rifentita inclina-
tione nel lacerargli altrui viti-j con Sati-
re. La cagione auuentitra è vnEftafli, ò
Furore, per cui molte volte arcade, che-*»
l’huomo fia fuor di se rapito, e dimentì-
cantefe fteflò , fi vetta deliri . Così auue-
niua in Colofone al Sacerdote d* Appor-
ne Clario ,che 4 a detto di Tacito , nori_*
fapendo leggere , rendeua in verfi irif-
ponfi .
Platone nei Fedro b formò, comdape*
re,
a T/icit. b ?Ut,
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‘F afe io Secóndo.
re quattro generi di furori , da altretante
Deità premorti, cioè il vaticinante da A-
fpollojil mi iticco di rtacco, il poetico dalle
Mufe, | amatorio da Venere , e la fuperfti-
tiofa Antichità pòrgendo a quefte fauole
ore .chic , vuole più torto rieonofeere di-
rittamente il dono di quello poetico im-
peto dalle vane influenze d’imagmario
Deità.che da sè medeflma .
Chi e fano di mente , prona hoggi , an-
che coi parere de gli Eruditi, che l’auiieii-
titio furor poetico nafea dallefegucnti ca#
gion i » Dalla temperie naturale , oucro a-
crimoniad'vn accefa malinconia, da gl*
affetti interni, cioè dall’ira , ò dall'amore ,
c’hanno fat uità anch’efli di concitar fa-
condia negli animi , dal vino , chefcuote
le torbidezze d'vu ingegno, riaccenden-
dolo;,come in Enmo,& Ànacr conte auue-
niua ; e : finalmente dalia lettura de’Potti
migliori , per la quale concepiamo vn fu-
ror Amile.
Riftrette però querte cagioni alla più
fondata, c nelle poeticc nature piùirn-
preflà. cioè, chc’l F urore, come Ariftoteìc
infegna, dermi da vn secandone d'atra bi-
le 5 affermo , che in ninno è più /irta , e più
connaturale quella accefa commori onc di
fpirici , che nel Satirico, il quale noli da
altro affetto riccue il poetico eccitamen-
to, che dall'ira , che pur ftirorc htbbe no
jne;
4
— - « , , . “ v
- —, - Eacìt
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fi Delle Frafcberie
2 ■ ' ' - — Fatit indignati» vcrfnm •
cantò ii Satirico .
L’origine de’Poemi fteflì, cheperparer
b di Plinio fù auanti la Guerra d» Troia,
dice vn Autore, che dallo fdegno Satiri-
co vna donna nafccflfe . Narra quelli , che
vna Vecchia villaneggiò vn Giouane-*,
v perche da lui vrtata neirhomero , mentre
quelli furiofamente paffaua per la via i &
, -cfprimcndo a cafo la Donna nell’impeto
. dello fdegno vn ingiuria metrica , piacque
al Garzone il numero ,• & indi poi fi prefe
occafione di poetar^,
Lo (degno accendi la bile flaua ; quella
appicca il fuo calore nell’atra, elainfiam-
mationed’efie, rompendo nelle labre del-
la fantafia , i cui moti fon Tempre dalla fa-
, cultà intellettiua fecondati, fà muouere, e
♦ mischiare quelle imagini di cofe che nel-
la fantafia fi cuftodifcono , e quindi uafee
quella mentale concitatione, di cui fi fo-
. velia, . . „ .
Giuuenale , chefò della Latina Satira
FArchotipo , non fù mai più ingegnofa-
mentc Satirico , che quando da maggiori
impulfi di fdegno fù concitato. Volle ino-
ltrare , che i vitij di Roma gli fecero fpro-
ne al piede , perche gli dauano fui nato j e
con furore impetuoso comincia . . •
C Fitta S aur ornata s fngere hirte libcu&
glacialem •
♦ * Ocea-
a lanen. b f lin% c Ihhuu
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Fafcis Sec sfide ]
Oceanttm , quoties aliquid demoribus
. Ande nt .
Qui curios (Imalant , Baco banali*
viuunt .
Moftrò parimente impreflì i motiui d’va
furiofo Cdegno in quelle parole pur con-
tra Roma.
a Et quando vberior vìtiorum copiaci
quando
JMaior au ariti a pattiti finus ? alca-j
quando
Hos animo s? ;
Riccuendo dunque la Satira più dallo
fdegno,che altronde i fuoi fondamenti, dù
rò hora , che qucfto genere nel Tuo feufa-
bile,c necefifario fregolaméco è più di qua-
lunque altro difficilc;perche hauendo,co-
me diflc Cafaub., b qualche affinità con le
fauole de’ Drammatici, vien anche ad ef-
fer nelle agitationi de gradetti, e nella va-
rietà delle cofeperple5ò,e verfatile,è però
capace di più Itili .
Qui errano à tutto Cielo alcuni mo-
derni Poeti , che fidatili dngolarmente^
nella rellura,ò d vna Canzonetta Lirica, ò
d’vn Oda , detta da efli Pindarica . ò v il_*
puro Berniefco all Antica , credono d’ef-
fec perfetti Maeltri d vna poetica imita-
tione /nella guifa , che fra i Pittori , l’vno
crede di dar buon* adoce della Tua Arte-* ;
perch’elegge nei campo della nacuca-»
a Ituicn. b C afaub.
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94 Dei le Frafchent
la fola imitationc d’ Vn fiore ; l’altro qua-
fi educato negli Eremi vuol gloria , non
di faper ricraere Figure fiumane; ma ben
sì Paefi , com’erano nella prima Creatio-
ne del Mondo’, in cui non era ancora for-
mato l’Huomo per vagheggiarli : l’altro
che hà folò imparato a dipingere huomi-
ni in prigione, perch’è folito di ritraerli
in vn campo ofcuro di quadro , pretende
di meritare nel titolo , eh egli hàd'An-
tropografo , d’ vn perfetiflìmo Artefice , il 1
nome.
Scia Poefia hàcon la Pittura fomi-
glianza, è ncceflàf io cb’vn Poeta, che alle
perfetiioni afpira, fappia tutto, nella guifa
ch’vn Pittore deuermaer tutto; perche
imita ogni opera di Natura . a Vìttorem
omnia necejje ejl {ciré , quoniamomma
imitaturÀ iite Caldano, & Horatio fauci*
landò parimente del Poeta, difle
b Argilla quiduis imitabitur yda.
La Satira, come piena imitatrone di tuu
te i e Mac hi n c, cosi-di natura, come di ar-
te, non altronde hebbe nome, che da Sa~
tur a, cioè piena di varie cofe ; ondeiifuo
vero Carutterifmo jcome il menopratti-
cato, può diri! hoggi il più difficile, &-in
vn tempo pec doppiezza di itili , ediina*
'tette it più vago. ’ _
Per ragionare de’ Cuoi principi j,vìrara-
mentocon 1 autorità de gli Scrittori eru-
diti.
aC*rd. b Hor/tt.
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Fdfcio Secondo.' ff -
<!iti, che la prima maiedicenza hcbbe ori-
gine dalia Dithirambica; e che mentre gli
h uomini s’vniuano colà per facrificar a«.
Bacco, e cantar lefue lodi, cominciarono
a poco, a poco ad inferir tra elle il biafmo
de’ vicini.
Vii lume di quella Greca licenza ri-
mane anche hoggidi in Napoli d’Italia-#
ne tempi della V indemia, ne’ quali è per-
meilo a ciafcuno de* *V indemiatori il vil-
laneggiar chi pana; così accenna Horatio
diqucifecoli. _
a Exprejfa arbafto regerit onrtuit a da-
mi
P e indemiator i & inuiSlui^uifape via»
torCcjfijfet . *
Scherzò teà le cerimonie di Bacco que-f
ila amabile libertà del cenfurar altrui .-fin-
che più licent iofa rendendoli , riuoltò lo
fcherzoinifdegno, e lofdegno trafeorfe
poi a lacerar anche i buoni .
b Ltbertafque recurrentes accepta per
annoi
Luflt am abiliter idonee iam fauns a-
penano
* In r abietti vtrti c ce pie tocu/, & per ho
neftas . .* *
Ire dono i impune rninax .
dille Horatio.
Da si Iicentiofo aumento pcefe ordine
la Vecchia Comedia ; che lù di maledì-
cen-
a tiorat, b Hot *t.
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; $6 , Delle Frafcherie
ccnzacofparfa : c la maniera di quella fi
reputò non meno gioconda , che ragione- ,
uole dal popolo , il qual godcua di veder
reprcfla in taìguifa l’odiofainfolenzade’
Patritij ' :
a Si qùis erat dignu s deferiti , quod ma-
lus,autfur,
*Aut moecbusforet', autfic ariste , aut
alioqui .
F dmofuSyfnHlta cu libertate notabant ,
Domate finalmente le forze popolari in
Athene, e riduto il dominio all’autorità
di pochi, ma di potenti huomini, raffrena-
rono in gran parte i Poeti la loro maledi-
ca temerità , sbigottiti particolarmente—
dall’efempio d’Èupoli , fatto annegare da
Alcibiade . b Non eft facile in eumferibe -
re, cui poteft profcribere-A iflc Pollione ap-
prcfsoSueronio.
In quefto fu promulgata vna legge , che
non ardifse alcuno d’efporre al publico
Carmi infami contra i viui .
c S ed tn vitiurn iibertas excidit , & vim
Digitane lege regi, kx eft accepta, cho -
, rufque
T ttrpiter obticuit,fublato iure nocendi,
Ma perche i Poeti haueudo nella de-
trattone hebituatc le lingue ; efclufi dal
lacerare i vi ui, tolfero dalla Scena il Cho-
ro, in cui foleua la principal maledicenza
fondarli, & inuentandoin fua vece alcu-
ne
a gfcrat. b Suet . c Horat.
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Fafch Seconde . 97
5 digre(Tioni,cauillauano in eflì i detti , c
i fcritti de’Pocti defunti; e qui motteg-
auafi enigmaticamente i vitij dc’Citta—
ini .
Cefsò anche in poco tempo laforma di
uefta Comedia, a detta da! Mazzoue la
Mezzana, parendo a Potentùche anche i
nolu enigmatici contra i lor vitij il riflc.
cfscro, e che fufse inhumanità biafmar le
:>pere de gli Scrittori defunti .
Fra quei tépi della vecchia Comedia 3
: della Mezzana hebbe origine la Trage-
dia^ quale,bcnche dica alcuno Scrittore
che più antica della Comedia fufle; tutta-
uolta Capendoli , che il Caratteri imo Co-
mico è più fé mplice del Tragico,è verifi-
mile, com'anche è di parere lo Scaligero ,
b che quello da quello trahefle l’origine .
Certo però è, ch’etiandio nella prima_*
Ttagedia , che Satirotragedia fi chiamò
poi, fi introduceuano Satiri à niorder co*
loro ridicci Tali l*h umane taccherelle ac-
ciò che lo Spettatore frà le feuerità Tra-
giche riceuefle qualche folleuamento d a
gli Scherzi; onde Hotatio difsc,fàuellan-
do della Tragedia.
c Vtrìtm ita rifores , ita commendare di -
^ cacesy
CoHtmttS atyr osata vertere feria ludo »
Frà la Vecchia Comedia , la Mezzana ,
la Satirotragedia,&vn genere di Campo-»
E ni-
a Mhx,%, b Scalig* c Qorat.
98 Delle Frafeberie
nimento detto Siilo , à cui diè nome Sile-
no, vno dc’primi Satiri nutrici j di Bacco , *
andò ne’Grcci, esercitandoli la poelia ma-
ledica ; poiché dalla Comedia nuoua , che
s’inuentò poi, parue esiliata la maldicenza
contenendo quella , centra 1 vfo dell’au-
rica , argomenti finti , & vnafeuera teftu-
ta.
* Da quelle Greche origini traforo occa-
sione i Latini di dar nomedi Satira alla»,
loro maledica Poelia, e qualunque creda •
Sì da alcuno, che la Satira da principio fùflè
anche Senica appretto i Romani, tutta voi.
ta attella, Scaligero , a Satyram a Latini:
acceptam, & extra feenam ex cult am .
L'inuentìone della Ro mana Satira fuor
difeena fù afognata da Horatio à Lucilio;
benché da altri Scrittori credei! efor più
antica.
b Hmcomnìspendet Lucilius, hofee fe-
, CUtUS , -
- Mutati: t a fitti m pedibu^numerif ine
faceta: -
-i Emuntt&naris .
Lucilio ne meritò il primo vantoje co-
me che quello genere di Componimento
hauea perduta la forma Teatrica de gli
Antichi , vi creò egli con le lue Machine
vnnuouo;& efcmplare Caratcrifmo fuor
di fcena;onde Horatiò, che n’emulò i'in-
uentione , hebbe adire ,
* me 1
a scalig. b Horat!? m 7’” .
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Fafcb Secondo . $ 9
— - — — — - H&ce*o Indo,
Qua tttc in adefonent certantìa , iudi-
ce T arpa ,
JNec redeant iterami atq m , iterum [pe-
startela T eatrts . .
Queffco iiome di Satira ; perche deriuò
anche da* Satiri, (oliti ò a difeoprire nella
nudità le vergogne , od à palefar Tanimo
sù le labra , come inclinati al vino , che
b operta ree U dittarne inuentatoda Ro-
mani,per di(coprire,ò de gli altrui viti j le
vergogne, ò del proprio cuore gli affetti »
• Quella ingenua facilità di riprendere
fenza ritegno lecolpe humane , forti vna
fortunata, mà perieoi ofa licenza appr elfo
dimenale, & Horatio, i quali fi fentiro-
no trarre da vn intrepido in flint o , à no-
minare (peci almente i vitiofì nelle loro
Satire; c benché Horatio,comc in rifehio
di rimanerne vccifo da’cenfurati, fufse da
Trebatio perfuafo , à tacere in quelle pa-
role.
c .. — ~ n Vt fìs
Fitalis metuo, & rnaioru quis emicus
Fragore tefertae . V* - ; ' ,
tuttauolta non (epp egli ritenercene ; mà
concimile .
d Quot capitum viuunti fetide?» fi a diora
Millia 9 me pedtbut deleStat c Under c
'verba. ' - * '■
Lucili ntti { 4
Ma
t Uorat. b Herat. c tìerat, d Ilo 7
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Ióo Delle Frafchene
Ma forfè, che anch’egli non publicaua
in quel tempo le Satire, perche Libelli in.
famatori j non Ci credefsero; e ciò par che
accenni in quei verii . *
a Non recito cuiquam nifi amtcis idquLs
coaftus. • -
Non vbiuis.coramue quibuslibet.
Comunque fufse,morcè di quel libero
Secolo non neritrafseromai denomina-
ti huotaini rincontri di caftigamento;om
de poteua diri! di quei tempi, quel ché dh
ccua Tacito d’altri .
b Rara temporum felicitate* vbi fentire
qua velis , & quéi fcntiat>dicere licet .
Perdio, che non volle auucnturard a-t
quella aperta franchigia.» con l’efempio
del precurfore Horatio, riformò oon po-
co in sèllefso la licenza del dir Satirico;
mentre col nome aperto pochi della fua
Età tafsò,e molte volte col fuppoilto no-
me di Tirio , e di Meuio ; e benché vna
volta vn impetuefo (degno lo conci tafse
a mormorar di Roma, cominciò però, ma
non lini, per che dir volendo per forma d*
intcrrogatione. Chi non è ignorante in.»
Roma?difse. ?
c Roma quts noni
Altri tempi^ltrccure fon hoggi.L’arte
del ceni urar k colpe in ifcritto,che di Sa-
li» ica hà titolo, è diuifa fra la pura Satira,
c*i Libello infamatorio.
La
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Fafciò Secondo] 101
, La pura Satira, com’c anche la poetica»
tutta , fu Tempre permefsa , e qualificata ,
dalia facultàciuile; il che nonauuicnc
del Libello infamatorio, ch*è danato dal,
)c leggi .-qiufto hàper fine la fola imfamia
di chi fi mentoua , quella hà per oggetto
il folo vtile di chi afcolt3 .
La Satira è vn'Arte da Maeftro, perche
Vagellando infegna, & alle volte coTolie-
uamenti d*vn faceto Arile insinuando
norme, imita,dice Horatio, i Maeltri me-
defimi .
4 y t pueris olim darti cruflula biadi
Dottore: dementa veline vt difeere
prima .
No richiede però mai dilcttationi fen-
za dogmijpercne in vn Maeftro Pinfegna
re è debito ; il dilettare honoràrioj onde
. auer non deuono il nome di vere Satire
quelle, che non d’aItro,clic difcurilirà ri-
dicole fon colme, quantunque il ridicolo
fia vna necefsarkì conditione di quello
Componimento,
La prima intendono dalla Satira è di
'edere i viti j , e fi come il F ifico applica
4 Je volte ad vn membro, ò ferro, ò caute-
lo, col quale, ò le Sopite forze s eccitino,
* le fugate fi reuochino : cosi gli Antichi
iederoà curar gli anjmi h umani a'Sàtiri.
i,i quali radrizzandoi curui coftunii de
iihuomini,cala loro tagliere mordacità
.E 3 refe-
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io2 Delle Frafcheric
vefecafsero da* mede/imi gli humori coti~
taminati , e*femi delle interne perturba-
tieni , S’è vero il detto di Tacito , che a
Vaia eru»? donec h ornine s, e cosi legge
di natura, che fiano Satire, oue fon vitij»
come che nelle cafe. oue fon cibi, fian to -
pi , e ne'corpi ou’è copia de’ praui humo*
ri, fian febri, cioè alterationi di (piriti, re-
calcitranti col male .
La Satira è nata più à ferirei vitij dell’
Huomo , che l’Huomo ne’viti j : e però fi
gloria di palefar l’Arciero , nonilberfa-
glio . Il Libello è fatto più per pungere-*
ì’Huomone’vitij, chei vitij dell’Huo-
mo : e però ardifee di publicare il berfa*
glio, non 1 Arderò . Infomma la Satira-»
deue frà le honefte cofe annouerarfi , e_*
chi refclude,ò non sa, ò inerita nei Libel*
loiricouri
La Satira .
C On le norme feuere , è in ^gioconde
sepre il peccar dal peccator di[ligue
Scopre i peccati i peccatori afeonde .
Se lapublica>Aflrea col ferro efhngue
Dannati Rei , centra l'oprar dannato
Son di privata Aflreaferri le lingue. "
Huomo e da ben\chi cantra i mali irato ,
E d emenda cagion pria chejCojfefa :
Ter quejla dcor cotra l'humapeccato •
Son le Prediche altrui Satin in Chiefa.
Quel commendare, come alcuno vfa i
vi-
a Taciti
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Fafcìù Seconda,' log
vitiofcè più politicale giuftitia. Timo-
ne aborriua l’human genere , col pretefto
della colpa.-dieca d’odiare i praui huomi-
ni,perch*eran talije gii altri,perchc noru*
odiauano i praui , imputò à peccato» noia
deprezzare i peccatoci . .
Il Genere del Carme infamatorio è
quello, che fu già vietato per la legge del-
le dodici Tauoie; parendo a’Romani,che
ie colpe dVn Cittadino alle fentenzede’
Giudici , e de’Magiftrati ; anzi che alle-*
cenfure de* Poeti il rimetteffero.
Variamente però gl’imperatori antichi
di sì fatti Libelli , ò cenfure fentirono . I
verfi di Bibaculo,e di Catullo, che gl’im-
peratori mordeuano , furono da Àugufto
iofferti,e lafciati leggerete come dice Ta-
cito. a Non facile dìxerimtnodcr atto-
rte ntagisiAn fapientia:namq, [perla exo-
l efeunt: fi ir afe tre, adgnita videntur .
Le leggi di Teodo/Io , d’Arcadio, e d-
Honorio furono anch effe in tali materia
piaccuoli , nè vollero che i Detrattori
foggiaceffero à pene . Quel Tiberio , che
non lafsò giorno religiofo fenza flagelli »
non ne fece cafo in principio; come che.*
in vna Città , b in cui era libertà nell’opra,
re, non doueffe à gli huomini imporli fre-
no nel dirc.Conobb’egli all'hora effer fol-
lia il credere , c con i’auttorità prefente-*
poter eftingucrc la memoria dell Età fu-
E 4 tura;
a Tacita b Tacit, c Tac,
104 Dette Fr/tfcberie
tara ;mentr è noto,che Tempre piu oflcr-
uabilc^ e Ornata (? rende l 'autorità de i
ca digiti I^Tegui : nè altro mai riportò
chipunilli che vergogna a fe deflb, e glo-
ria à gl’Autori . Quei Signori del’ Ada,
che oprando male contrai Sudditi , dan-
no loro materia di dir male, dourebbono'
più de gli altri (offrirne le mormorationi. •
Vn R.è antico in Europa , fentendo che i
popoli da lui granati , ne imrmorauano ,
hcbbc à dire . E douere , che co* loro da-
nari parlino à (or modo .
Nerone fù di vario fentimento nel giu.
d'cari Libelli . Schiamazza al Senato a
contra Àntidio Pretore , c haueua fatti
Cartelli contra edo; c fe Peto Trafea non
lo difenderla , eravccifo, non rilegato ,
mà non è ingiudo che vn Grande fulmini >
contrai Tuoi Detrattori le pene: Lo dea-
no è , che in quei fccolo furono anche fo-
fpette , e pericolofe le lodi (fede . b Cre-
mutio Cordo al tempo di Tiberio fù ac-
curato d’hauer lodato in publici annali
Marco Bruto; E v’è di peggio, anche i fo-
gni furono fofpetti in quei tempi. Nell*
Imperio di Claudio s'vdi c acculato vn
Caualicro, che haueua fognato di veder -
l’Imperatore con alcune fpiche di grano,
volte capopiede , e detto poi, ch’era ligni-
ficato di caredia hor peniate, che auucr-
rebbe hoggi à chi dicede , che vere care-
die,
a T*c. b Tae. c Tue.
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Fa feto Secondo'. 10 $
ftie,non fognate, fono promofle da’ Ma-
gnati Afiatici , non dalle ftelle , al fouro
anch’eflò farebbe di careftia punito , psr-
che non magnerebbe pane .
Comunque fo, l’Arte de gl*infamatori j
Libelli è giu fornente dannata ; e molte-,
volte i Prencipi rae punifeono gli Autori,
T cr °on dar forza alle paloni de’maligni '
in danno dell’innocenza de* Sudditi .
a Augufto medefimo fu il primo , che in
progreflò di tempo fé cafo di (lato i Car-
telli, modo dalla malignità di Caflìo feue-
ro,chc con eflì haueua Caualieri, e Dame
di conto infamati.
Molto meno poideuonogli huomini
cenfurarJa vita de* Grandi, ò fentirdei
tnedeiimi le céfurc, quantunque maluagi
fuflero. Marte appreflò Luciano fparla di
Gioue có Mercurio, e Mercurio rifpóde.
b T ace neq; enim tutum e fi ijìa vel tibi
dicere, ve l audire mihi.
Horatio mofhò d’intendere, che i Li-
belli infamatorij fufsero quelli , ch’erano '
fatti fopra le perfone innocenti: mà che
nel biafìmo delle colpeuoli non potefse il
'nome di Libello hauer luogo.
C — — * -, Si qui s .
' Opprobrijs dignu latraueritinteger ipfe
Soluenturriju tabula tu miffus ab ibis .
Mà fe ad Horatio douefse crederli, na-
feeria queftioneindifsolubilc , fe à trouac
’ E 5 s’ha-
a T aci t* b Lucia*, c Hor*.
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iò6 Delle Vrafcherle
s’hauefse chi fufse a torto, e chi à ragione
vituperato : anzi che a Suetonio nomina
Libello famofo quello,che fù ferino col-
tra Dominano > benché federati (fimo .
Il dotto Mazzoli e forma con quelli
requifiti il Libello . b 11 Libello famofo e
<ii n a Scrittura, continente il biafmo al*
trui,fatta,epublicatada huomo maligno ,
fole ver recare , 0 manifeflare,o rinouarc
Ì infamia d* altri . Dice jerittura, che hà
luogo di cagion formale , per abbracciare
anco la profezia che Horatio intefe fola-
mente de’vern. La cagione materiale có-
li (le in quelle parol ^continente il biafmo
altrui: perche il Libello famofo no hà al-
tro oggetto.La cagione efficiente è dino-
tata da quella claufula , fatta da u huomo
maligno : perche la malignità e fola, & 2 *
deguata cagione di quelle cofe . Il fine il
(cerne in quella circoftanza, per recar e je >
manifeflare,t rinouarc Ciuf amia d'altri:
perche il Libello ogni volta che imputa il -
delitto ad vn Innocente, porta infamiamo
(copre delitto, fegreto la manifefta;fe par-
la di delitto, già (coperto la rinóua-
Soggiunge anche il Mazzonc , che-r
quattro conditioni concorrono ad yn-#
Libello famofo . La prima è la Scrittura ;
perche fe le detrattioni fono à voce , non
ponno hauer nome di Libello. La fecon-
da* che il biafmo altrui da il proprio fog-
. getto
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a Suet. b Marta-
Taf cto Se tondo] T 07 t
getto della Scrittura ; perche quando in
efsa fi trattafsero le lode di molti, c tr à ef-
fe fufse framezata l’infamia d’alcuuo,non
faria puro libello fàmofo. La terza è bu,
publicatione ; perche non publicandofiil
Cartello, non hauerebbe l’efFetto fuo prò*
prio* La quarta e il fine dell’infamia, -che
però l’Hi dorico , il quale biafma i cotu-
rni altrui, per palefare la verità del fatto ,
non fà Libello famofo ; e tanto meno chi
fcriue delle male operatimi'» d’alcuno ,
non con arte di difonorarlo; mà di cor-
regger lo,ò per altro amicheuole fine, che
fi a differente dal recar infamia.Da quelle
permef/e del Mazzonc fi deue trarre vna
necefsaria , benché da lui non didima^,
confequenza, cioè, che per la formatione
d’vn libello fia vn efsentiale requifito il
nome dcll’infamato : quando però l’aper-
ta deferittione dei Perfonaggio, l’indiui-
duo fingulare dell’infamia,od vna proua-
ta confeffionc dello feri tt or e non facefsc
fai z 'altra glofa difccrner chi fufse .
La mancanza del nome deU’infamato
toglicil nome di libello al componimen-
to: ebenche i Lettori interpreti per co-
gnietturc imaginate ve lo adaccafserorciò
non bada , bada à condannarne l’Autore;
poiché la Scrittura, fenoli didingueella
itefsa il Perfonaggio , non può ha aere il
f jo nccefsario fine , eh è il biafmo detno-
ilratiuo di quello- e’ncotal guifa Immagi-
nato Scrittore faria cosi degno d’afsolu-
E e tiene,
ioS ^ Delle Frafchtrie
tione, òdifcufa, come quel Cacciatore
chefcoccado all’aria vn colpo, vcnifsc có
h caduta dello ftraleà percuotere impé-
fatamentc,& in remota parte chi palla.
Parue più ridicola la fenté^a di vn Ita-
liano Prenci pe , il quale aferi uen do à fuo
biafmo vna maledica poefia,compofta da
Vn chiaro Ingegno, à puro efcrcitio di ta-
lento^ nella quale nò efprimendo/i il no .
medell'infamato,poteuail predicato vi-
tio applicarli à molrùfe decretar in ifcrit-
to,che i l Poeta , come reo di lefa Maeftà ,
gaftigato fufse; ma non andò molto,che fi
vide affifso contra il Precide vn Cartello
in profa, in cui conteneua<Ì,chc in vigore
delle leggi noh doueua punirli il Poeta:
ma il Prcncipe,com’autorc di dueCartcL
li infamatori); l’vno contra il Poeta da lui
infamato , per Autore di Libello , non ef-
fendo,nè prouandoii tale;l*altro contra fe
llefso ; perche s’era adofsato vn delitto,
dannato dalle le»gi con pena di morte*
c di cui no js’era ratta in fua perfona racn-
tione alcuna nel Componimento .
Sotto la Tirannide non v’è minutia fi-
cura . I detti, i fogni, le meditationi, i fo-
fpetri, fon preli in delitto di lefa Maeftà, e
di Religion offefa . Così doppo i primi
anni di Tiberio, e di Nerone auueniua ; e
quell’infame di CaIigola,che pur foffrì v-
m volta il mordace moto d’vn Sarto, Ieg-
gefi, ch’arder faccfse vn Poeta per vn pu-
ro equiuoco. .
Sup-
Fa feto Secondo . 709
Supportò le accennate conditioni, qua-
rto genere di maledica Poelìa , che di li“
beilo infamatorio hànome , è il più dan-
nabile, e di qualunque altro il piufeon-
cio. Se è noto l’Autore, ne hà pena dal
Prenci pe : s’è ofeuro , ne perde l’aura dal
publico. Frà due gran contrari contra-
fta, chi v’attende , trà il prurito del pale*
farli ,ch’è vnimpulfo d’operante natura ,
per qualificarli ne i parti : e trà la politica
dei tacere , ch’èvn necefsario effetto di
fenno,pcr cuitar le pene della legge . Chi
vuol viuere, e far profdlione di veridico,
taccia in Alia i biafmi , e le lodi di men-
touati Perfonaggi . Se ù biafmano , li
corre rifchio,fc li lodano,/! mente .
Ma per veniread vnaparticolar di(tii>
tione di quei Satirici componimenti ,c -
hebbero faccia di Cartelli > nè furo» tali
in foftanza, io 11’addurò alcuni ,per addi-
tar ui così le argutie , con cui telìuti furo-
no, com’anche i gi uditi j di quelli, appref-
fo i qua 3,6 reftarono impuniti gl' Autori,
cornicino iccnti ,odapprou,tJ le Scrittu-
re come facetie.
Faceto, èpiù degno di rifo,che dipena,
fi reputò già in Italia vn Componimento.
Contra vna attempata , e deforme
• Dama , laqual per comparir più
vaga,foleua ogni mattina impia-
garli di Roflètto il vifo •
*
La
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ixo Delle Frafcherie
La Poefiaètale.
D * .Adulatori inganni
Lidia tracciando Forme, .
Nel volto fito deforme (tfjì
Cerca emendar ai vècchia etate ì da-
M a in van F arte aff urica ?
Che per vigor d*vno ftillato aprile,
SU la guancia fenile (tic ai
Notrahe d'Helena ifior He cab a an-
Con purpurei coleri
Sparge finte fiammelle in sit le gote ;
£ crede in noi di non mentiti ardori
Vampe vibrar da le fitte frodi ignote ?
£ fiele polpe eflinte
D’ impallidito labro
Col fitto vino cinabro
. L'indù fi re mani ha tinte »
Infra i liquor tenaci • .
* Crede in amor t edere il vifi :o a t bacii
Ma de 1 vani artifici
Son le fitte colpe vltrici',
£ fion fitte colpe a latra notte vgttalt ,
Ch* ac orefice più y quàto piU c eia *
Già de i meriggi f noi fipente ha t ojjeje i
£ di porpore accefie
T ingerfi in damo fittole 9 (poie.
Rofleggia il Ciel , quando in Occafo e u
Quefte gratti parole ,
F atto vn Peleo ne Tira,
C attrai l'altrhier su laMeonia ÌJXft
(Quando humer mi fialto
Del ridicolo ftil toccar la chiatte-,
Che malamente pu'o
Con -
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• - Fafcio $ e c ondo. Ili,
Codanar leggìere^e vn ver [o grane.
Fior fentite in brattar rime piu Mane*
J'ISfa Dama, ebeti Metto
R affi . ? miglia à la figura »
Quando le uafi diletto ,
FLk diletto di Pittura ,
Ai a s / (ir ano è il fino Ritratto »
Che da fpirto à la Natura-,
JE pur n a fronde il naturala affatto :
E con flil pieeof o, e ladro
E [fa in Ù tepo e la Pittrice^' l Quadro
F rà 1 color non vuol bianchezza ,
Perche andria col lordo vnita %
7 “ tuta ofeura anco difpreXffa»
Per timor d ejfrr chiarita ,
Sol con 9 [Irò U vifo accende »
Che Beltà , quando e [parità ,
N e' brutti auàzj vna vergogna efiede
Ond’io credo,ajfcrmar pojfa, . = :
Che le vergogne fine l’han [atta roffa.
Perche forfè 'e fumo fetta.
Iti vna fiamma il vif 0 tinge » -
Perche Venere fra datar
D*vn V ulcanfoco dipinge >
M à [ouuiemmi altra cagione »
Vn color di carne finge ■ (ne,
P erti ha laguaciafua magro il bocct-
E in tener mafehera tale ,
La Qjiarefimafua fa Carnevale •
Piangerti più ti vna fiata
Jl tener di [ite brutture ;
Ma del pianto la bucata
Scoprirla maggior lordure»
In
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ili Delle Fmf cherie
In veder fuo rojfo impiaflro
Ve tifai torto A le figure ,
C'ha di doppio color l'anglico naftro.
Che in pechijjìmo intervallo >
Se incarnato e dt fuori, e [otto giallo ,
Gran vantaggio veramente
j Quitta Dama in volto porta ,
Se le viene vn accidente
JSlonpuo mai diventar [morta »
JE fe vn giorno à l'improuifo
■■ Rimanere in terra morta ,
Jdaucr potria tal Epitaffio al Vifo,
Questa F emina e si fiera > (rim
Ch'à dif petto di Morte hà buona cic-
Squaccheraterifa fecero della narrata
Poefia gl*Vditori s e perche di tintura trat-
tauafi , Ticleue così replicò à Momarte .
Simili facetie più dirifo , che dicenfura
degne fpiegai anch’io vna volta .
* , l " 4L.
Sopra vn’Amico > che foleua tin-
gerli di nero la canuta barba >
per apparir più giouane .
Vditele vi prego.
Y Oi su la barba il Tintorettoyfoe,
. Et io fono in correggervi Jl Cor-
reggio. ; . ..
jE con ragion la Corretton vi aeggto
Mentre finimento vna mentita ha*
uete
Voi
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Fafcìo Secondo . 1 1 $
Voi di poi mafcherdto ejfer volete ,
. Per celar ut da M orte,efate peggio;
Evìnto e il pel,fe cosi nero il veggio ,
Sepolto e il pel, fé lui coperto haurett •
Sempre ho vi fio di notte in cafa mia
S opra il carbon le ceneri verfate ,
Mà no il Carboniche sàia cener fid.
Io vi con figli Qyj e vi confeffate.
Non dite, P adre ho detta la bugia %
G li altri dicon bugia;mà voi la fate .
Contra Donne di mala fama , ripigliò
Momarte , e Copra Amici di lodata confi-
denza ni un motto Satirico deue in grado
di Libello interpretarli , nè dannarli mai .
Tale ancora è Io fcherzo del feguentc*
Madrigale , nel quale
Vn amico rimprouera facetamen-
te all’altro la frequente verbofi-
tà delle Lettere , e de’ Carmi ,
che inuiar foleualli .
T jdnte Profefcnuete } e tanti Carmi,
Ctiemulator di Scipion voifìete ;
Pereti ambidue Cartagine (Ir ugge te ,
Con le lettere voi , quegli con Carmi;
E perche quefio e poco.
Concluderò, ctihebbe Cartago il foco ,
. E la voflra Cartagine l’af vetta.
Quella hebbe Roma C . la voflra il
netta ,
Minor cafo poi deue fard di quelle fcrit-
turc , che per puro fcherzo di chi fcrifse_-
. ' ■ con-
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1 14 Velie Fraf cherie
tontra Donniciole di fofpetta fama mot-
teggiamo. Vdite alcuni verd iauiari già
dame ,
Ad vna Giouaactta diCaria» che
adduceuaper argomento della
fua pudicitia l’Età troppo te-
nera-»*
C He quefta tua beltà,^
Perche nuoti a rafsebrajhitata [ta 7 ,
- Bella donane mia ,
Fuòejfer : ma chi sa?
Che'l dubbio mio fia vero »
Con queflo ejfempio il prono ;
Vna Fcmina è Umile al bicchiere, '
Che adoperato da molti è sépre nuouo
- Cià che ci fiamo à Umili digreffioni in-
trodotti, diffe all’hor a Egideargo , recite-
rò anch’io vn Componimento , che afsai
più di qiieft’vltimo merita anuouerarfl
tra facctie, benché di cenfure fia fparfo.
Vna publica Femina rifponde a-
gramente ad vno Aftrologo di
lei inuaghrtO) che le haueua fat-
ta la Genitura. E dice così .
C FC io vi siimi in amorfi presedete :
Perche dipinto battete
J_jA mi a forte futura
pje la vofira (irò logie a figura £ i t0 *
Ài ano pojfo (limar ut altro , che u mat
Ben-
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Fafcio Secondo. 115
Benché' l ceruello aguzx.0
Hauefle de l A flroiogo d' Abruzzo ,
Che conofcea tutte le faine al tatto .
AnzS dir o t ch e infuria
Entrar dourei,perche mi fate ingiuria
S'egli è vero quel detto ,
Che l'huomo fauio domina le /ielle,
Mentre h abitate concetto , (le.
Ch'io fi taf aggetta al dominar di quel-
Secondo il voflro cenno
In capo hauro piu la paz.zja 3 cbe'l seno
Voi mi lignificate, , ' y (ciò.
Che io qtitfto voflro Aflrologdte vffU
Hauetefatt 0 il Calcolo, e'I Giudicio.
Quando queflo affermiate ,
. Fatta Aflrolega ach'io devoflriguai
Diro per quanto il mio cernei penetra,
C he flate male affai , { pietra .
Perche quei, che fan Calcoli % h a» la
Circa il Giudici© poi
Voglio affermar^ he ve n'e poco in voi
Voi m'ajjegnate in vita
Dodici Cafe : e darai vna mentita
Io potrei per Ugola ,
Che fu la c afa mia fempre vna fola ',
F afferò Cafe almeno ,
JMàfan,vofira merce,flaz.e da fieno .
Vi ponete vn Leone ,
Toro, Capra, Montone,
E le Reggie del Ciel canuerfe in felue
Fattegli Dei domeflicar con beine :
Onde in ejfempio voflro
Anco molti Signor del fecol noflro
Dina l-
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ii6 D e//e F^aC che rie
D'inalXjtr certe Bcftie hano tcofiuvti 9
Perche con Befiie hoggt hanno hofpi «
' tio i Numi .
7 * utto'l dì voi cantate.
Che fon que fiocchi miei luci fidiate.
Se da fi eli ami rat
Piouano in noi buone fortune, e felle,
‘ Doues’intefe mai.
Che fi dajfer venture anco à le delle /
Mi promette di voi l'Afir elogia ,
Che in Accendente ho Gioue ,
' Et io vedo per proue
Che far effe Accendente in e afa mia ,
* Mà di Gioue il Pianeta
JNon par, eh e in voi [itroue , (n età .
Mentre in voi per Giouar non è mo»
Altra robba vi vuole ,
Per dirla in Afirologìche parole ,
Che parlar di Radice, e Direttione,
Se volete d'altrui la Congiuntione
Altro vi vuol, che infedeltà d' Amore
EJfer il Can maggiore .•
Altro vuol quefio fu fio,
Ch'vn Pianeta combufto
Pongaaipur del Sole mio l'ardore
In Igneo Cegno il core ,
Ne'defiri dì voi, benché i nfiamneati
S empre il mio cor fia crudo,
JV'e mai fi quadreran voflri quadrati ,
Se non hauro d'vn Orion lo Scudo:
E infomma , fe danar voi no haurete
Da eaf « mia Retrogrado farete ♦
~ everrai* le monete^ • - .
ff'amcz
- F afe io Secóndo . 1 1£
Drudo motteggiò Rorazalfc , vien a me
in taglio di rifcrirni vna faceta diferit-
tionc di
Vno liberal Fraticefe , che cento
anni fa , inuaghitófi delle bel-
lezze di vna Romana , fpcndeua
profufamente inefTa.
Mà la cenfura non può hauer titolo di
Libellojperche il Poeta nè vi lacera fama,
nè vi palcfa il nome . Il Sonetto è tale .
T jN Cau alter di Francia principale i
y Vna M oglie pofh ccia in cafa tiene 9
E perche in lui l' Originai (là bene ,
- In Corpo Italtan copia il fuo male ,
E liberatele non ha liber l'ale,
E incatenatole dona le catene ,
Fra la carne del letto , e de le cene
L'oro in b orfa gli cala# non gli calci
Schernire ogn'vn de lafua borf ad fallii
Ne fi dice altro in Campidoglio , e in
Banchi ,
< ' Se non chefian troppo Piccioni i Gallò
Pier quando fi a , che di voler fi fatichi
V na Donna da noi gli aurei metalli
S e ne’guttt dì Amor pagano i Frac hi.*
Che vai , porre in dubbio , difse Stani-
perme , Ce le pure faceti e , ancorché Sati-
riche , cagionino diletti, ò r ifentimenti no
gli animi ? Voi fapete, quanto ridefsc Ef,
fcfo di quel mio Sonetto. - *
£ 0n-
.... -V
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A
•* ^20 . Delle Frafcherie
' , ■ * , .
Centra vn Zerbino , in cui fù ver-
fato da vna fìneflra vn vafo di
acqua» .
» < »
Odalo Momarte , à cui forfè non farà an-
cora peruenuto à notitia, per la fua lunga
lontananza da Effefo .
E Ra vna volta vn giovane lafciuo ,
Poltron di cor : mà d’vna fpada
Bratta > .
Riccio il capello me Interrogamo^
E' muflacct à Parentefi portava.
Sempre à Donne correa , ma no corriuo ;
Sempre lafciuo , vn foldo no lafciaua :
Così haueua nel piè l’argento vtuo ,
Ai e tre l’argento m borja agonizzava ,
Fornicando fineftre vn di fen giua ,
Qu and’ ecco ergendo ad vn balconla
fronte
Lanòglt il capo vn vafo di hf ctua. \
Dtffcvno all'hor 9 che bauea l argutie
pronte
Se la beltà di [pecchie non va priua »
Ecco A arci/o hà ritrovato il Fonte .
Qui ridendo con gl’altri , Momarte
riattaccò il fuo interrotto ragionamen-
to ; e cosi ricominciò à dire .
Vn antico Poeta motteggia coYcguen-
ti veiii della mclenfaggine di Claudio ,
in (offrire gli vfurpati domini j della-*
; MO-
Digitize
' F af ciò Secondo, xz l
E però ridicolo , jdar titolo di
Libello ad vn Hiftoria di quei tempi, pu-
biicataanchedavn Tacito.
A L T empo antico in negotiar di flato
V n cece note valea nejf'una Donna ,
LI oggi ogn'vna bà la fan a in M agi-
tir ato .
D'Imperante imperito ecco t'indonna
Jnguifatalla fu a Mogliera vana,
.. Che la Clamide in lui cangiafi in~>
Gonna,
j4pre vn T acito il labro# cofa flrana
Sebra dtjt' egli a vn popolo guerriero
Vna Donna imparar clajfe Romana ,
La torta maneggiar vuol de l'impero
M onna Agrippina , e Maslro Clau-
dio intanto ,
Non sebra Imperatoria Paflicciero .
Nelfuofafto rapito e altera tanto ,
Che piagne Roma alfuofamofo orgo-
glio ,
Cons'e proprio da fumo il nafcer piato
Profanato hà in Carrozza il Campido-
glio ;
E fe'l morale u4nneo non la fconfìglia
Vuol la Natica fua metter nel Soglio
Roma intanto fi turba 3 e marauiglia :
E pur coflei d'Impcrator Romani(glia
E Madre* Moglie* fu Sor eli a* Fi
or come mai pon no i maneggi bum ani
Buon fine haucr,fe femintl Medea
Moggi al Capo virìl tronche ha le
mani $
F Come
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122 Dette Frascherìe
Come da vnfejfo tal, Roma dicea,
Nafceràgranfaper , fe in Poefia
Aladre non ha chi del japere è Deai
Che vngran principio di Filofofia
Hauerpoflan le Dont,io ben lo fcerno
Perche di Filo fan, non di Sofia .
Mk chi erede , che [ìa buona al Gouerno
Vna F emina vana,affai vaneggia /no*
Fio e buona al Goutrno,e buona alFcr-
Veramente , difle alPhora Ticleue, per
lo più le Donne furon Tempre alle fcien-
ze,& a’Goucrni poco atte . In Effbfo ftef-
fo fon cosi zoticnexhe di tutto il libro di
Nafone, quale douria pur piacere ad eflei
métre infcgnò i rimedij d’ Amore, nó sano
altra fauola che quella della figlia dlnaco
perche fe chiederete loro. ApprdTo Oui-
dio chi è Vacca.'tutte vi rifpódcràno.* Io.
In Africa, ripigliò Momar te, venne in_,
mente al Prencipe di FefTa , di andar vili-
• tando alcune Fortezze nei Tuo Stato e
perche i Popoli apprefero,che la videa fuf.
fe più diretta àfperaoza di carpir tributo
da fudditi , che à timore di patir forprefe
da' nemici : vn beirhumore lafciò vagar
per la Città i Tegnenti verfi , ne’quali pe-
ro i Sauij della Corte più dannarono il
giudicio dei Glofatoti,che Panificio dell*
incognito Poeta ; poiché oltre il tacer-
glieli il nome , U doppiezza delPequiuoco
baftaua à difenderlo .
Per-
a Quid*
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F afcio Secondo . 123
P Ere he fi a forte vn (e no ,
Lo Scoiar di Galeno
Suoi vtfitar le debole^** altrui*
' Adà fon' h oggi in cosini
Vane del medicar divarie forti »
Ter far deboli altrniiVtfita i Forti .
L’AduIatione , che non fauclla mai à
gli huomini , mà alia fortuna cTcflì, erede
già ad vn Monarca della Morea vna Sta-
tua di marmo , mcntr’egli era artcora_.
viuo. Srupiuano iSauij di quello hono-
re *, non meno di quel che fecero i Roma-
ni a nell’erettione, del Tempio facrato al
viuo Nerone, non edendo iti vfo far pom-
pe diuine al Prencipe,fe non doppo mor-
te . Aggiugneuafi, che’i Gouerno di quel
Monarca faptua di Tirannico; onde fo-
lcali dire alcuni con efeandefeenza , che
doueapiù tolto lo fcalpcllo infiggerenei
fuo viuo capo vn fol colpo , per darli me-
rito di morto , ch e percuoterne tanti nel
fuo dmuJacro , per darli fembianza di
vino . E perch’era fotto la Statua vna In-
fcrittione d’Encomi j sì adulterini, che pa.
reua contener più menzogne, che note-»,,
vn Poeta non ofeuro di colà pa dando ,
mormorò alcune poetiche ceti fu re , le-
dali apprefetofto dalla rapace memoria
d* vn Amico, che feco era, furono da qud-
F z le
a Tacit .
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124 pelle Frafeherie
le immantinente regiftrate in carta , &
alla mia notitia trafmefsc jmà non potrei
dar loro traccia di Libello, nè condan-
narne l’Autore, -perche non fece egli pre-
correre publicationedi Scrittura,che lc->
fue ofFendue intentioni efponerse.
Leeoni la Poeiìa di cofhii .
O H più de* Marmi adulation maf-
Su Cor tegiam carmi (jìccc y
Banfi à l'mjamie tue glorie pofìicce .
Per poter dir : c’han faccia tofìa ì
Marmi ,
Mille note [colpite
T i fan d'encomi) vn complimento
borrendo :
Oh menzogne impetrite ,
Il complimento in voi compie metedo.
Non di man ^mà di pajfi
Bourian le Pietre ejer citarti offitio ,
£ d ourefli al Jeruitio
Staffieri hauer, non Segretari i Saffi •
Non v è cola più della Giuftitia nemi-
ca , difse qui Rorazalfcjcome oprar male,
e voler efser commendato per buono . Il
defiderio della Gloriagli chi non la meri-
ta, è vn prurito da infermo ch’è Tempre-*
folito d’appetire quel che deuono negar-
gli i fani.Non cosi fece a Pefcennio Ne-
gro, che volendo vno recitarli vn Panegi.
rico à lua lode telsuto,co* dirseli ; fcriui
le
3 ZllO' SpATt.
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Fafcio Seconde i 12 f
le Iodi di Mario , ò d’ Annibaie ;accioch«
imitarli polliamo. Lodare i viuenti è bef-
fa , malli me Imperatore, da euilifpera,i
quali litemono,e ch’errar pofsono.Io de*
fiderò di piacer viuo; ma d’efser lodato
morto .
Tiberio , tornò à dire Momarte,che fu
vn’Imperadore di fofpefo , e d’irrefoluto
giudicio Jafciaua marcire i Cittadini ne'
Gouerni,ò ne fuflfe cagione il tedio , d’ha-
uer à premutarli , ò l’muidia di veder po-
chi huomini ricchi de i furti delle Pro-
uiticie . Vn ofeuro ingegno,fpinto da in-
difereto zelo, rinfacciò aU'Imperatore-*
fotto figillo di lettera le fue lentezze , e*
pregiuditij che da quelle ne* Sudditi ri-
sultano; ma nonhebbe luogo ilCom-
ponimento fcà i Cartelli , perche il Pren-
ci p e non ne publicò la midione , e fi valfe
del motiuo , quantunque temerario , per
vngioueuolerifcuotimentodi Natura .
I fenfi dello Scrittore furono tali .
T iberio mio, per tante flemme,? hai,
A4 erti cCvn Nume i 7* itoli fuperni ;
Che [egli Dei nel Ciel vtuono eterni ,
‘ T u eterno ancor non la finifei mai.
Perche largo di mano ejfer non (ai.
Lungo ti moflri in permutar G onerai;
Per queflo auuien,ch'à i noflri h umori
Con tante f teme tue bile tiifai.(iuterni
Ituoi Gouernator viuon d'inganno ,
Fra Mentre coprata^e A [Ir e a vedut#
0 ne ruban la Lana,o Corna danno ,
F 3 Per
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ti6 Delle Vrafcherie
Ter la tua Naturacela irre folata ,
_ Che non It muta mai , [por chi fi fanno.
Sempre fa porcherie , cht non fi mura .
Quelite fonili Componimenti, benché
di Cartelli, non meritino le condannagli
ili ; non deuono meritar nè meno il lode-
uole titolo di Satire,ancorche Satirici ila-
no; nella guifa,che vn membro, non deue
appellarli huomo , benché d’humano bu-
llo li fpicchi . Per dar faggi compiuti di
vn’ Arte fono neccfsarie le ampiezze L’-
arte è come la fiamma , fc ha paffcura li di-
latta. E però anche certo, che la vera Sati-
ra non è organi zata d i t ai membri, che l’-
Autore fappia in qual guifa debba gene-
rarli, e diftinguerli . a Partes tn Satyra
nulU,quaruM lesibus ad certum nume-
rane certamue difpofittQnem deducaris ,
diflfe lo Scaligero Si sa bene, che la Satira
è vn corpo nelle fu e confusioni ordinato:
e benché Labbia in vfo alle volte di fuo-
lazzare oltre i Tuoi Territori), tornano
però fempre al centro i Cuoi giri ; e come
ideilo Itile Pindarico auuiene , dilattando
il campo alle fue prodezze , adita Tempre
con lo fuaga mento l’ampiezza delle fue-»
facultà iugegnofev^ Abrupta omnia fiori
tamen , non coh&rentia , difie duellando
di tei lo Scaligero. In quelle parti intrica-
te per la integrità d’vn ordiae , confille la
diiiicultà,e la bellezza della Satira. Poli-
tiano
a Seal . b Seal.
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Fafcìo Secondai '\VJ
tiano fauellando de* Puoi compofitori dif.
fe , a Summ Alili* in a quali* assurte ftri -
£h, & cajltgatununc vagii & effufi.
Due fono gl’idiomi della Satira , ri*
prendere, c fcherzare .
— b Pallenti* rader e more*
Do Piu * , & ingenuo culpa de fi ge re ludo,
diflc Perdo. Richiede però per tratta-
mento di quelli duemiftieri vua pronta
efperienza di due ftili^raue, e faceto ; e-*
chi quelli non sà vgualmentc , e con feli-
cità maneggiare : non fi poggia à far Sati-
re , perche meriterà la sferza di chi sà far-
le_>.
Le Satire dell’Aretino , dell* Arioso , e
d’altri Antichi, benché d'huomini per al-
tro ingegno fi , e di grido in quel fecolo ,
non deuono a* moderni feruir di nome ,
per delincarle bene :fon lodeuoli : come
nate a fecondar quei tempi , non come-*
educate à difciplinar i noftri . Chi le di-
fende hoggi , hà l’ingegno così rancido ,
come quelfccolo era. fioro flili fon più
garruli, che fenfati; perche poche vaghez-
ze vi fi ofseruano , c’habbiano forza d in-
carnare in noi la cantonata d’vn ciglio .
Anche il moderno Secolo và producen-
do tafhora di quelle Anticaglie , màil
commendarle nmettefi a’partiali del Ber.
niajil quale in quei tepi infegnò à poetare
più ne’ Mercati , che nelle Accademie .
F 4 La
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a Poltt. b Per/*
t iS Delle Fraf cherie
La purità femplicede*vcr/? non bada
à co (li tuire vn buon Poetare precifamen-
tc Satirico .
A Non fatìs e(l v>rìs verfum confcribe-
re ver bis ,
diceua Horatio ; Anzi ch’egli mecfefimo
credeva eflfer tolto dal numero de* Mae -
ftri Satirici ; perche intefe di fauellar pu-
ramente. Conobbe non ballare la purità
alle Satire ; mi douerli il titolo di °ran_»
Poeta in tal genere, à chi valeua etiandio
nella tedura di Iocutioni più fon ore .
b Vrimum ego me illorum dederìm^uu
bus effe Poetas .
Exceptam numero\neq;emm conclu-
dere verfum
- Dixeris effef *tis', ncque fi quisferibat ,
vtinosy
Sermoni propiora^putes bine effe Poe -
tdm,
Jngenium , cuìfìt , cui mens diuinior »
atque os ,
Magna fonaturum , des nomìnis h li-
ni s honorem _
Non deue però la Satira folleuare tant*
.alto con la nobiltà dello itile , che non__»
Tappi a per lo più ftudiofamente abbaffarfi
con la caduta d’vna popular faceti i^,.
Quella inegualità, che in altri dili pura-
mente morali, od Hcroici è vitio, nel Sa-
tirico è conditionc di raddoppiata virtù*
La
* Horat. b Horat,
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Fa feto Secondo. 119
La Satira è vn gioco di Palla , che inal-
zata ricade al ballò , caduta rimbalza in__»
alto, con quelli cangiamenti tien dello 1 *.
Vditore, allettandolo con le dolcezze al-
l’intelligenza di più Tcueri ammaellra-
menti . Horatio,il qual Teppe nella Satira
più consigliare ,che oprare, diè «orma di
quelle differenze, quando difle .
a Et fermone opus efi , modo tritìi, [ape
iocofo .
Deue il Satirico nella riprensione dei
viti) far l’ vfficio hor di Rettore , hor di
Poeta .
b Defendente vicem modo Rethoris>at -
que Poeta : .
Interdum vr batti parcentis viribus *
atque .
Extenuantiseas confulto .
Ma però è conueneuole, che preuaglia
,più frequentemente nella poetica piace-
uolezza ,come in lui nati uà, che nella Te-
.ueritàd’Auuocato,comea lui (frani era,
oltre che non fà ollacolo al credito d’vna
: veridica riprensione il ridicolo . -
c ridentem dicere verutn 9
Quts vetat? foggiunfe Horatio .
Alcuni sbozzati Poeti, nc’quali le dol-
cezze fanno bile, Si persuadono , le facetie
d’vna PoeSia repugnare alle Tardezze de i
..Componitori; come che i patti dell’ inge-
gno richiedano Tempre quellaferia graui-
F 5 tà >
« fiorai, b Hor ut. c Horat. • *•
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% 150 Delle Fra fcherte
tà , che per lo più a’coftumi dell’animo è
conueneuole , non fanno i melenli, che il
far ridere con marauiglia non è ordinaria
fatturala comeinfegnò Horatio ne’Ri-
dicoli .
a EH quadam tamen hic quoq\ virttts.
I Poeti li rafsomigliano a Pittori , per-
che queftijcome imitatori di Natura, non
reftringono la loro Arte più nel difsegno
d’vnPrencipe,chcdVn Paltoniere, e pe-
rò quei Poeti, i quali, fcriuendo in graue,
abborrono in altrui quelle argute facetie,
di cui inefpcrti li palefano , può fanamen-
te dirli , c’habbiano di quel, che non fan-
no,cioè del Ridicolo .
I due Itili, graue, c faceto in due fogge
^adattano alla satira, ò diuili, ò congiun-
ti. Diuifo il faceto leggcli in Giuuenale
in quei ver fi,
b Incide Calliope , licei hic confìderare 9
non efl .
Cantandum : res vera agitar* narra -
. te puelU.
Tter 1 destro fìt mthi vos dixijfe pttellas
Diuifa poi con catena il satirico à que-
lli verfi vna Virgiliana grauità , mentre
dice.
e Cam iam femianimum lacerar et F la -
uius orbem
yitimus ì 0 ‘ ciano [erttiret Roma Ne-
uroni.
Riat-
a Hotat. b Iuutn , c Ihh .
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F afe io Secondo» 151
Riattacca di nuo uoàguefti veri! vna
inafpettata, e cadente fecetia, dicendo .
a Jncidit Adriaci fpacium admir abile
Rhombi
j4nte domum Feneris .
Comincia Giimenalc vna graue satira
di quello tenore .
b Quanti digrejfu veteris confuCus amici
• Laudo tamen vacuisi quodfedemfi -
gere Cumis
DeBinet , atque vnum Ciuem donare
Sy bilia . #
Termina poi la medesima con vn face-
to Pentimento in tal guifa .
c S ed lamenta vocant , & fol inclinai ,
cundumeft,
L7am mihi eommota , iam dudum
multo vìrga
lnnuit .
Congiungeilparimente in vna frafe^
medesima il faceto 5 c I graue;e quella èia
più coueneuoIe,e praticata maniera del-
la fatira, e di Giuuenale precifamente,che
piu d’ogni altro feppe formarne l’Idea-» .
Qui e necefsario Papere , che le grauità
fatinche s di cui hoggi pochi polììedono
intelligenza , fono differenti affatto dalle
Pindariche ; e molte ridicole ampolle-»
ammette la noilra fatira , che’l Pcuero fti-
le de le loro Odi condanna .
T utt’i veri! di Giuuenale fon portati
F 6 per
a ihh. b luti* c luti, '
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ij 2 Delle Frafcberie
per ìo più con gioconda amplifieatione, e
con tutto che riconofcefle egli per grand*
Huomo Horatio in quel verfo .
a Venufinadigna Lucerna.
non volle però imitarlo neìlefatirc, mi
Jafsò frali , e norme più'di lui efemplari in
quel genere .
Vuol efprimerc Giuuenale Tattione di
vno j che ruffa , fingendo di dormire,c di-
ce.
b Vigilanti flertere nafo .
Chi d icefis hoggi fuor di fatira in graue
Vegghianti narh dana fui nafo al ficuro,
non hauendo à fare con qucfto membro ,
più la vigilia , che il Conno ; e pur quiui è
vagament detto .
Vuole deferì ucre vna comtnotione di
collera 5 in cui li ftringono i denti,ftriden-
do ; e dice con euidenza dVna graue pia-
ceuolezza. '
X perlacrymas effundere bilem t
CogartSypreffoque diu f ìridere molari.
Chiama il Tempio della Dea ilide-*
Ruffiano , perche in eflò foleuano alcuni
traficar adultcr j .
^ Jfiac&facr aria Lena.
Hoggi non faria ammeffo nella graue
deferittione de* noftri Tempii si temera-
rio titolo.
Vdite com’egli accoppia il : graue > e’t
ridicolo in quelli verfi .
Ver-
#
1
i
Int*. b Ihh. c Ittu. d Im*.
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^ , Fa [eia Secondi .
~ 4 m L uì ~ %* rt & ne fettunta i . .. .
brBi CtÌ rh d,T “ ittione Satirica dVn itn- "
ul, èi' a P”“.Sr sr *-
gr? 9 da ' */«/* '»
pra il Cielo e la T -rr, 0 '' me “ erfoffo -
«ella quale ! fentimcti'fonopià riftrem'’
dt r d ° è™"’:
Poeuf c£P? W ^° ’■ V °^ft
à^f' ?«fpporSó djfcenì
co li molo di fordo ad , dari *
* ì^ssiks:'
fio U i i Ufa ? arre ^ bc * J «asbtionc di p cr
^('vd^airóSato “ V ° Cab0Ì0 f ° rdo
EtHoferadTn^r/"''^ 5
^ufto. ^ «cntimcnto dei
Exar-
a <»f». o //#«. c ///./. d /*«. c /»«. ‘ ’
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i\ 4 Delle Frafcherie
et — - ~Exurdantvina palatami
Qui ancora fi flrepiteria da Critici •
b » — ■ — uilgentem rapiat c&natio solem .
Per sole freddo intende Giuuenale-*
vna staza,che habbia il fole di Verno.Chi
adattale quefta forma, e le antecedenti ad
vn verfo graue ; e le recitafle, poi auuer-
rebbeli quel che dVn Poeta Italiano fi
racconta , il qual vantauafi d’haner fatto
porre in purga vn Ccnfore con certa me-
tafora , poiché ftomacato quegli in fentir-
la, fi perturbò , e contorfe sì fattamente il
collo che fu forzato à medicarcene .
Varie, licentiofc , & imitabili fono le-»
frali de’Pocti Latini fatirici; mà però non
deuonfi traportare altroue,che nelle fati-
re; e non fempre dobbiamo tracciare, co-
me lecite , le arditezze, e valerli delle cc-
ccttioni per regole, come alcuni fanno.
Dirò fol o , che la fatira è capace di quelle
doppiezze ingegnofe, con le quali ren-
dendo più malageuole la fua teftura, vien
anche à meritare c dal Cafaubono titolo ,
non di plebeo Poema, ma di carme eru-
dito.
E diffìcile in queftofecolo la riprenno.
ne de’viti j, perch è in vfo l’adularli .
d uiduladigem prudetiffima laudat
Sermone indotti factem deformi s amici.
Jliiraturvoce anguftd,\qtta deterius nec
llle fonata quo morde tur gallina marito .
Edif-
a Horat. b luuen. c Ca/a. d Inuen.
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Fafcio Seconda .
E difficile la fatira in queftofccolo , in
cui la libertà del dire è perduta .
a luride ili a prtorum .
Scribendi quodcunqu'e animo fla-
grante liberct »
S implicita:: E la fatira, difle lo Scalige-
ro
b'Eft poema liberttm, fìmileque Satirica
naturatomniafiif^ue deqae habens , mo-
do aliquiddicat .
E più difficile di tutti i generi la fatiraj
perc’hà per fine due cofe in vn certo mo-
do contrarie , cioè lo fdegnard , e ridere ;
che vuoi dire mifchiarl’ vtile delle ripren*
{ioni col dolce delle argutie .
c Jucunda » & idonea dicere vita .
E difficile la-fatira,perche i vitij, come
infetti anche nelle deptauatc nature de ?
Poeti , malageuolmente ponno efler dan-
nati da medesimi i u altrui , e per lo pi ù le
colpe, che nel nemico fi rinfacciano , non
fi poffìedono dall Auuerfario, che le acu-
fa. E così penuria d’huomini, che praui
non fiaiiOj come di Poeti, che fi fdegnino
delle prauità humane.Se quelli Poeti fuf.
fero* farebbero anche le (arire. Chi lì fde-
gna d’vn male,fe ne duole?chi fe ne duole
fchiamazza.
Quei tali, che più vagliouo à tefler sù
vitij i Pauegiricijche le fatire,só più Cor-
tcgiani,che Poeti j benché Poeti ancori-»
a Iutieri- b Scali", c Hor.
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i%6 Delle Frafcùerie
ponilo efser quelli, che Cortegiani fono
cioè quei tali , che non efsendo huomini
da bene, paiono efsere .
Efsendo doppia l’eloquenza , vna ora-
toria, vna poetica, è certo, che difficil-
mente pervaderebbe , chi reputato furse
cattiuo , e malamente faria perfuafo vn'
Vditore,che attendefse buon con figlio da
coluiiin cui è fofpetta la fraude. Il satiri-
co deuc ò parere, od efser mondo del de-
litto, che danna in altrui, perche altrimen.
tei Lettori riderianfi d’cfso , come rife d *
Xenocrate, vedendo andar vn Ladro al
Patibolo: perche imaginò, che i maggiori
ladri hauefsero dannato il minore. t
La difficultà della satira fi fa maggiore
in quello secolo , in cui oltre la crefciuta
grauità dello ftile , e riferimento deil’e-
tuditioni più folte , s’è trouata anche da*
buoni Poeti vna più ingegnofa maniera
nel Ridicolo, mediante le forme, gli equi-
voci, ne*quali gli Antichi della noftra lin-
gua non hcbbero,nè talento, nè lume .
Non efclude la satira le lodi, quantun-
. que di pochi, e parcamente: nè perdona (
’ taluolta le cenfure à lo ftefso Autore, per
farli lecito l’auuentarle in altrui : e la de^
ftrezza,cheùa tai requifiti è aecefsacia, le
lue difficultà aumenta.
Richiede generalmente i sali , che più
di qualunque altra cofa fanno rifplender
le
a Plut.
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Fafcio Secondo . I ^7
le satire,nella guifa, che le Lucerne s fe v’è
sale dentro, ardon meglio .
Ammette alle volte i Dialoghi , i quali
rendono etiandio più difficile la teftura
satirica per la oppofltione de’fenfi ; ma
non deuono in ciò imitarli gl’antichi,che
non facendo dillintione d’interlocutori 9
cagionarono ne’verd fentimenti confali.
a Ex perturbati ratione perfonarum »
di (se Cafaubono > in quelto peccò più di
tutti H or atio.
Ama la satira particolarmente Pidio*
tifmo;mà vi vuol'Artein vfarlo.6 Idioti / •
mum precipue adamanti rem > qua inter
oratorias , & poeticas virtutes raro prò -
cedtt,magnoq;indiget temperamento .
Non efclude qualche ofcurità * od am-
biguità; perch’è naturala vna indiftinttJ»
implicanzainchi hà fdegno , ò teme di
lacerar apertamente vn vitiofo. c FU- .
rumq\ obfcurii& implicati jnului ambi-
gue die unti&fub dote*
Infomtna i satirici , conchiufe Politia-
no, in argomento delle loro elaborate in-
durne: d Reprehendunti acriter infui»
tant impotenter>vafrè cauillamur,auflc
obrepunt , effluum lubrichi tergkierfan-
tur , tlludunt i diffimulant > ardenti ver +
fantifufpenduntiferiuntipunguntiprouo^
e antitit ili antiftom ac anturi attonane ce a
fulmine omniai& concutiunt •
Frà
a Cafa.bpolit. c Pelit. d Peliti -
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13& Velie Frascherie
Frà i Latini Satirici più renomati,e Iet-
ti fono Giuuenale,Horatio,ePerfio,tutti
come Maeftri imitar fi poflono ; mà non
in tutto,* Che nuoce, dice Cicerone, alla
Venuftà d’Apelle giunger in alcuni luo-
ghi l’audacia di Zeufi,la diligenza di Pro- \
togene,! ingegno di Timante ,lagrauìtà i
' di"Nicofane?Quefte qualità mi fte,& vni-
tealla nouità de i propri) artifici j, forma-
no cosi nel Pittore , come nel Poeta vna
tal maniera, che non altronde, poiché dal-
la propria miniera puh vantar l’origine.
Non fori* mai grido di grand’huomo ia
quell* Arti, chi non hebbe Arte di fabricar*
fi la proprietà d*vno Itile. E atto feru ile,,
non fapec mouer pafiìjche sù TimpreflìonL
deli altrui veftigia.. * .
b 0 imitatore* feruum pecus, vt tnihtffa
pe .
Btlcm* fape toc um vcftrimouere tu*
multai y
diflc Horatio . >
Chi li contentaffe della fola imitation e
non inueoterebbe mai , c ttikil entm ere -
fòt fola imitai ione , diffe Seneca Nello
fcriuere fi dcuono feguir le veftigia de
buoni, mà nella guifa, che fa il Pedante, il
quale feguita il difcepolo , e pur fi dice-»
guidarlo-
Chi è commofTo à far Satire da vn5 na-
turale concitatione d animo, o libidine d*
Arte,
a Ciecr, b Horat c Sente»
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Fafcio Secondò. " 139
Arte,pongafi ad imitar i migliori , mà au-
uerta, dille Quintiliano, a Ne quo d faci -
lius e/ì, deteriora imi'etur , ac [e abunde
fimilem puteufìvitia maximorttm arti -
ficum confeqaatttr.
Ne tartare, a nome i vitiofi , muno de*
fopranomati Poeti imitar fi deuejc parti,
colarm *nte Horatio, che non la perdonò
à grama ci ftetfi . '
b Omne vafer vitium ridenti Flaccus
amicot .
T an<*it .
difse Perdo ; e Scaligero k) chiama ingra*
to , e barbaro ; perche c non s’aftenne dal
riprendere etiandio M ecenate rotto no-
me di Malchino.
In Horatio oltre vna pronta acutezza
nel colpir tutti i viti}, fi può anche imita-
re la gran felicità nello fpiegamento, mà
non Tempre la Tua tri ui ale , c prolaica lo-
cutione , Non ha egli mai cofa elettati:
mà è occupato Tempre intorno a’precetti
più vulgati dedottami, d Fa/fim in alia «.
na tranfìt cafira,non tanquam explara -
tor,fed tamquam trans fuga % difse Cafau-
bono. Spefso è Stoico, fpefso Epicureo ,
fpefso della razza d’Aciftofane . Difdice à
se ftefso in molti luoghi , e per tutto ino-
ltra l’incoltanzedeliafua natura Accen-
nò di non pretender vanto di Poeta Sati- -
rico per la fola purità ; mà fi lafciò poi
traf-
a Seal, b Seal • c Seal • d Seal •
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149 belle Frafcherie
trafcorrere à credere, che le Satire douef-
fero fcriuerfi nello (lille d’vn famigliar
Scrmonejche però di Sermone diè loro il
nome . Ecetto , che quel grande ingegno
fapeua altrimentefcriuere , come diede à
diuedereneH’Odi ; ma volle nelle Satire
eflfer familiare,ò per faticar meno , ò per-
che credette, che la negligenza nel nu-
mero , e nella frale alla fola Satira fi coix-
uenifle .
A Horatius modo pure diceret , nihil peft
habuit ì difselo Scaligero. S ingannò in
quello di lunga mano, e l VotÈo più di
lui che prefe ^difenderlo, afsegnando più
tofto ad efso , che à Giuuenale il Princi-
pato della Satira, e pur , b luuenalis ver**.
ftiSylongc meliores^quàm Horatiani feti-
tentu acrioresypbrafts apcrtior . Sempre -
fù opera di maggior induflria lo fcriuec
follcuato,e turgido, che pedeftre,e fmun-
toj nè il Satirico, che ha rvfficio di Mae-
flro, deue, come vn Seruo fufse, eftenuar
Tempre la dicitura .
Perdo può anche imitarli in qua Iche-»
tratto di magnifica dimoile, e di giuditio,
(o incitamento; mà non deue nella Cecca !
maniera del fuo frafeggiare, e nella erudi-
tione aftrufa collituirne cfempio.c Persif
flillus morofusi & tlle ineptusyqui ciliegi
vellet,qua fcripftjfety trite (ligi noluity qua
legerentur. difse lo Scaligero,& altrou Cyd
Prin - I
a Seal, b Seal, c Seal, d Seat,
' . - Digitized by Google
F afe io Seccndo. .141
Trincipio eft educendum , ne quodfecit
FerfiuSyabftrufam oftentes erucLitionem ,
Fùamico della breuità,che peccò nell’of-
curo: onde il Cafaubono, che in quella
parte s’ingannò col difenderlo, s’acquiftò
più titolo di Reo, che di gloria di Auuo-
cato .
Il Carattere Satirico di Giuuenale è , I
credere de’faui j huomini, il più qualifica-
to , & efemplare di tutti : e come diCse lo
Scaligero, ferneticarono alcuni, dicendo,
che la venuftà Satirica in efsa ila afpra ,c
temeraria, a luuenalisfliles candidus,ac
Saiyricorum facile Pr/wrep/.Imirar non
dcue/Ì nelle ofeenità licentiofcjmà nel re*
ftolafuadittioneè epica, il fuo metro
numerofo,.i Cuoi motiui peregrini , i fuoi
enthimemi forti, e le fue riprenfioni dol-
cemente con la purità Romana congiun-
te. Egli folo fra i Latini formò 1 Idea del-
la Satira.Seguì i prec ur fori, mà calcò fen-
derò dillinto da’medefìmi : c più accon-
cio à precorrerli. Scrifse vltimo , mà fù il
primo nello fcriuer meglio . E meglio in-
formila di Horatio potcua dire in quei
verfi.
b Libera per vacunm pofuivefltgÌA^
Trinceps.
No aliena meo preffì pede^qui fibi fidi s
Duxjregite examen .
Nella Satira Italiana così auuenc-#.
L'A-
*-■ <u .II... — . !..
a Scali g, b Ho rat.
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i$z Delle Frafcherie
L’ Aretino, e’1 Aviofto ne aprirono la via ;
mà non vi pafseggiarono bene; l’appiana-
rono , mà non Cepperò isbarbicaruene
Pherbe. Il loro fentiero è fangofo,non la-
ftricato .
Vn valent’huomo fò trà moderni, che ne
compofevna, nella cui teftura moftrò
gran fentimenti,efupcrò di gran lunga gli
Antichi nella noftra lingua ; mà perche a
mio credere , poca felicità moftrò ne’Ri-
dicoii, ch’è si neccfsaria co iditione della
Satira, lafsò anch’egli, che d^fìderate in ef*
fa>e che aggiunger ui .
a~ ridiculum acri
JFortius , & munts- magk a plerumque
fecarts .difse Horatio .
Io fono vn di quelli , diceua il più gù>
uane Plinio, che amirano gl* Antichi; non
però difprezzo , come alcuni , gl’ingegni
dc’tempi noftri:£ neq\emm lajja, & effee*
ta Naturaci rnhil tà laudabile , partati
è vitio dell’humana malignità , hauec sé-
pre in iftima gli Antichi, & in faftidioi
moderni, e come dille Tacito . c Dum vc-
teracxtoltmus,recenttum in curiofi .
dJVihil efltnuemum,& perftfium^ dille
Cicerone. La forma della fatira Italiana
ponderata la imperfettione de gl’Iuuen-
tori in quell* Arte , può confeguir fenza_»
fallo gradi più vantaggio!? de’paffati, in_«
ordine a’precetti d’Horatio,& a gli eleni.
plari
a tìorat , b Plin.Iun. c Tacit. dCicer r
i • • • gr>* Fdfcto Secondo, ia*
pian di Giuuenalc, non bene Clloojtat;
fin fiora daalcunoje perche quello auan
Zamento deue per neceffità aggiunge
difficoltà nuoue à chi lo intraprenderò
driudero effer tanto più difficile «ar’vnj
atn a, che 1 non far la.quanto più malan-
ne Pentito dagli Amici.
ne Pentito da ffCÀmìct^ parendc^Ioro dì
ii di dozzinale eruditionc^
to Ticleue. chWa
fondata e non ai dozzinale erudition-I
ripieno.In tanto Ticleue, ch’era vn'huo
rno non meno curiofo neli’offini * „«
altiui vmj, che fcaltramente maledico
ne 1 dei linearli in Satira accettò , limitato
daS amperme la cura di nTpondere ii^
contrad tono a Marnane , quiui co» In
ragionatole curioli.à atte, luai tu ttfd^
faperc , comepiù difficile effer potlfte 1
non fare vna Satira, che il farla . " * lS
E del C^jSS^kA ^
quel dì vna fcft.Si ìffefó OIa ?
trar,edallac,rcofta,«VdXo U 4 d S
perfonevna Opportuna materf, i
ptoua del fuo lent imen to* IzoflS torto da
llt ‘T"? pCT h mMO Marnane «rfo
la liiieftrad’vna contigua # „ '
dttfse. Rcfpondcua la Incita fu? Corfò'é
quel
144 Delle Frafcherie
quel che più vaghezza crefceualc , Copra-
ftaua ad vn ampia piazza, nel cui giro,
perche nel mezo d’efl'a in queli’hor a vOj
dcliliofo Fonte faceare7o,foleuapiùchc '
altroue gir vagando al frefeo il numero
più qualificato de’Patritij , e de Cittadini;
Quiui giunti , col rello della Brigata i
due Competitori, Ticleuedi primo trat-
to con vntCi ' di Giuuenalc lafuafen-
tenza decidendo , con aflòluto coraggio
così a fauellar s’introdutfe ,
Amico.
Difficile™ efl Satyram non fcriberc>
nani quis iniqua .
7“ am patiens f urbis' ì tamferreus/vtte -
neatfe ?
Momarte, venuto poc’anzi d’Europa ,
non s’era ancor fatto conofcitore de gl*
Effefij collumi: onde frà le curiofe dimo-
ftrationi di Ticleue, e le confufe maraui-
glie di lui s’vdìtrà loro in Dialogo vn-*
Satirico Sermone di tal tenore .
IL CORSO
SATIRA.
Fra Ticleuc , e Momarte.
Ticlcue.
\ jT Ida ha £ Apri V orecchie, e da qua l
iVl pianta
Spunto la nuoua I da vna cannai hor
come
Potrà Bocca tacerle Canna canta ?
Non pub tacere il T ofator di chiome
Oueffo Gene r d*orecchie 3 onae ( otterrà
Ne pianta il Verbo , e poi ne /punta il
Nome.
Ogni colpa mortaUche in noi fi f *rra ,
Qual Radice da fuol , /puntai germo»
gli ;
F vna pianta il Peccato, e noi iiatn ter-
ra.
Per public ar gli (lupratori orgogli
Di T ereo infamerà muta Filomena ,
F' pena vrì Ago 3 efon le tele i fogli .
lo mifento morir , crepar di pena, >
S e col franco parlar non fi difgraua
De le colpe non mie l % si Ima ripiena.
Qui la mia libertà pub far da bratta, ;
S e colà sbraueggiarfuole il Decoro,
Qui pub far fi vn Capello ,e Ifcfi catta , .
G Qui
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it\6 Delle Frafeherie
Qui pofs'io mormorar : che fe nel Foro
Foglio tal'hor cantar d Orlando ài
viui 3
Per màh di F errati piango,e mi moro
lo non f in huom da mormorar de i Ditti
Che no fer la fineftra al petto humano
Per qui mirar gPingannat or mot iui.
Ne mevo mormoraryc'b abbiamo in va-
Dato à AI ariti rei Corneo cimiero ;(no
Mentre toccar noi pojfono con mano .
Sento nel feno mio moto piu fiero ,
Giudica tufecon ragione iopojfa
Mandar fequeftri al libero penfiero.
Se per fetide colpe haurai commojfa (ma
La mete incolpa i Rei , metre à la Rim
Fra le turbe del Corfo io db la mojfa .
Momarte .
Boeca,c Beccai fon di contraria flima\
Che nel boccal fempre la feccia affoda
E nel dir malseprc la feccia è prima .
Màqual copia d' h umori alza 3 & in oda
Su l labro tuo le biliofe fpume :
Etinega il frenar l'impeto k l'onda t
Ticlcue.
Fijfa colà su quel Palazzo il lume ,
Se voifaperyCome in vn T rone s'erga
D' abttio fa Guariti a vn cieco Nume .
Stanze làfon, doue il Padrone alberga ,
Ch'in faccia à i' Auftrotc d'aquilone i
.A fchernite fi agio volta le terga. (fiati
Vanne la giu d'imo Cortile à i lati j
E vedrai daLtfeppe>c da Mirane
.Con mà.DfHCaltonea Saffi humanati
L ' Mon-
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7fi-7r l chc ^ u
(O difaflo mòndan meriti baffi ' )
fTkt 7 **&»*ue s' adoravi! Bue-
ì t tt c vn w # 2r
ìitrre in^anfT, 7^4°"' ,
L'arme fu a Col fuo Nomè‘hìTV ’ Si ^ 1
£ ‘ nm ,„ZÙ
r>,.„ . , Mo »arte. ^
■Yr* z y da baUon furbo da carmi
Noa famofefamofe alzfo le mura ■ -
itupidi fon, non' fan ftupire imirmi
y^T c % kmo,i ’™^™
f' f j ‘ Ine ? SJa tcma.e camion toftn
Cadaucto à feftejso, e fepohura°.
r;an Ticeue.
P r vece ir J £ U * t Ca
tfppzzix, '•;*!■■■
t ly CK>e J u °L da f acuito fe polpe
."®«55Saf
\ , *
■ nt aUc
G 2 H
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14^ Delle Erafcherie
Pia quefl'huomo vnfigliol , ch'occhio ha
Linceo (dre
Nel far guadagni , e imitat or del Po-
Non la cede in vfure à M erdocheo %
Son concerti fra lor d'arti leggiadre ,
. Vvno i Ricchi animosi' altro gli affliffe
Vn piglia i doni ,Cr vn le mani ha la-
dre . ,
' Come di Settore Ce fare fi fcrtffe ,
L'vno non dijfe mainatilo che fece ,
V altro non fece mai quello che dijfe .
JJvno i Decreti autentici disfece ,
L'altro loà leggi innouate » e codanado
Borfa troncar ferue di Boia in •vece.
Nutron ambi il delitto ,e li dan bando ;
E ogn'vn dilor ,quaji Hortolan con-
giunti ,
Spende in piantar , per guadagnar
troncando .
Momarte .
Dunque nafconfrà noi viti] defunti ?
E farà verghe in quefla Età fi fcerna
Ch'vn Nero fon errato i germi fpuntiì
Ticleue.
Oh pia j v'è peggio in quefl'Età moderna
Per trouar vn fot Huo netto di mano ,
Altro vi vuol, che Cinica Lanterna .
S*a cuflodir ogni Porton Thebano ,
, Starvi doueJfcvnGalàt’hfiomoaffìfo
Quate porte flaria fen^a Guardiano l
8 “ e rt'yf :io làsdou'c vn Editto affifo.
L'inferno è de'C lieti: e a petto à quefla
V inferni de* Poeti è .
~ . lui
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Fafcio Secondo l 149
fui 1/ d'ulfìrea forma in Digcfto »
Crudità di f intende, e chi condanna
Ver fa leggi di tefla.e non di tefto .
Doue inclina il Padro , deftra T iranno^
Deci/ioni traboccate in confequenfa
Senza t voti di Fiuto Eaco no danna .
PiU forza di Verona itti ha Piacenza ,
Publica Verità mai non minaccia ,
V v priuato Piacer cita à fentenza •
La Carrozza, e*l Giurifta han varia faccia
V uol Carrozza vn ontion , perche ftia
cheta , ( taccia .
- Vuol Giurifta vn ontion, perche non
Colà s'vnta e la man y te fio decreta
Le Ragioni la Lingua : e tofio arretra
Il cor f ode' Procefi vn amoneta .
Colà Sijifo fegue vn cor di pietra ,
Aggirato da rota è vn Ifione ,
T occa T amalo il giu fio , e non l'im-
petra .
Che ti par d'efto Inferno? in quel Portone
Veggio appunto vn di quei ch'tn T ri -
banale
Con bilancia d'slflrea pefa il doblone
Momarte.
Ohimèynaufea mivun , mi fifa male ,
lidi pento T nbul ar tutte le vene.
Solo al penfier dvnTnbwnal Venale,
Ticleue .
Cosi và il mondo >e cosi fi matiene, (pore.
Se s’inghiotte vn Boccò , buon hà il fa-
Se s’inghiotte vn Riccone, huomoè
da bene,
G $ Mo-
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*50 Delle Frafcherle
Momartc.
Luffa pur inghiottir . Dice vn Scrittori
Che rade volte vn Medico ben viue ,
Che rade volte vn Giudice ben more-
f iclcue .
Jliànon terminan qui noflre umettine,
Fedi quel Cocchio ? mi, e vn Signor 1
corte/e ,
Cut del Corpo Regai Cobra taf crine 4
Terctianctiet ne Varar regole apprefe f
Dal bue maggior , chieder le graie a
lui ,
E vn tentar facrilegi], vn crime Ufe 4
JMeglio farebbe far come colui
Che à le Statue tal'hor grane chiedea
Per piu! offrir le negatine altrui -
Damigelle adobbate eran d’Affrea
Le Gratie vn tempo > hoggi fon nudo
... ; .tanto.
Che per velie comprar vanno In Giu-
dea.
Fra quei due,che ragionano in quel calo
Se voi gufar, mira colui che in faccia
Sebra vn T erfìte,& u lfìacq al mato .
Quegli e u Sino d'wgdnC accorto taccia ,
Otieflo,e quello al Padrone, e Relatore
Da miniera di colpe ar genite accia ,
Ne la Corte e co fui raggiratore ,
In far vendere offici], è vn Cortigiano,
Che per vita bufcar,vede ogni honors
jipre bocca à colui, che gli vnta mano ,
T ratta,trott aeratitene, e tfar cotratto
P' ogni gratta venal fa /fi il Ruffiano •
Mo-
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4
Faf : io Secóndo, 1 5 1
Momarte . '
£ non fi fcuote ancor lo fi upe fatto
Giove marmoreo*? à s ) patente inditi #
. NonalZavn braccio , e 'nonni ancia
vn Batto?
Ticlcue.
Quel pouch e [eco, bade l'ingrati il vii io.
Io V ho fati hvomo , & ci vml ejfer be-
tti a.
Ter che tira de* calci al benefitto.
Tre fé le norme mie con gran mode fisa:
G etto l’obhgo poi,come pe fante ,
Ilpefo d’vnagratia hoggi èmolcllia .
AI opra in gran vanità fatto arrogante :
Nè sa il mefchin , ch'altera tetta è
vana ,
Spiga eretta di fufto è vaneggiante .
V tdilàquella Cricca Corteggiava,
.. Che pallonando va ciarle in partita ?
Varlan quei di T averna, 0 di Puttana
Pajfan color fra ruginofa vita
Senza fplendor natio giorni vitto fi:
Che'l nulla oprar Tempre à mal’opre
inulta .
JM ai non fecer cammino, e fon fvmofi.
Hanno vn po di latin :mà fon vvlgari
Dan di nafo à la gente , e fon merdofi.
Han poche Compagnie, molti Avuerf uri
Alolte poltroneria, poche bravate,
AI olte [qvarcionerie, pochi denari.
Son gente da due faccie,e fon sfacciate
Zerbini al volto,e Ganimedi al . • »
Tortan labro fpìon,tette incornate .
G 4 Mà
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T5 i y Delle Frafcherie
Afa già che aceto in mtfc olande afpergo
Spruz.z,iam colà quel Gabbadeo Vol-
pino , (bergo.
Ctiefce bora fuor da quel dipinto al -
Afira come fen và grane in carnino :
E de r Htppocrifta quegli il modello :
Negro è di pelone furbo in chermefino .
Ne la f zen a del mondo il f no cervello
Fàil Perfonaggio de l* huomo da bene
E coti natural,che fembra quello .
Afa Comedia Vital varie hà le Scene ,
In palco ogn' atte fu o fempr'e fagace .*
JnCafapoifon le fue Scene ofcene
Sembra il Dio del Silentio vn huom di
Pace, (ta.
Guardatiy Amico mìo,daP acqua che -
Sempre fù vermi nofa acqua che tace .
Con quell' h umile facciale manfueta ,
Non fembra vn' Agno ? e con quelli
occhi baffi (net a?
No parche cerchi in via qualche mo «
Doue credi, che mouai lenti paffi ?
A la vi/tra andrà d'vn moribondo:
Afa per tentar, ch'eredità gli lajfi »
Qui si,chefà da vn Orator facondo ,
Sempre mette d'yuan i i be del Cielo ,
Sempre di dietro tgufti a e (lo Mondo »
Ad àsà Clmagìn fu a leuafitl velo ,
S’à la Cifra del cor s'apre H fegreto ,
De gl inter effifuoi m afe h èra e lincia
Il T empio profanar teme cofpeto,
E da fui nafo poi tanto a la gente.
Che non bafiano ine enfi à trarne fleto»
' Pur
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Fafcie Secondo. 15^
Tur che in del Pai atino ulftro eminete
Vinalz.ajfe a goder forte tran quii 1 a ,
L' infamie prenderla per u 4 fendente.
Non cura in mar di Corte urti dì Scella
Soffre,fìmula, inganna: e in co eia fiori c
M anto hà di C urto , e fodere di S illa •
Momartc. . ,
M'arde il fegato sì, m’anfa il polmone
Per rabbia taf che s' altri colpi tiri ,
La vitrea bile mi a frango in balcone ,
Ticleue. ^ "
In quel Carro dorato io v'o,che mirti (lo
• Se vuofche'lcor nel fue rabbiofo duo -
Per difetti minor manco s'adiri .
Siede colà certo patritio fìuolo ~
Il qual famiglia 11 nuouo Libro Tpreffo
Ch'altro no ha di b:ìo y che'l F ìtol folo .
F uttifon Canalier',mà ti confeffo »
Che tutti han del F ofonej.anu ti dico ,
Che del sagù e l' honoris ague e diNefo
Quando parlano altrufsepre vn antico
Fregio di Nobiltà dando a C af ate y
Vdton f angue Cecropiefo quel di Pico>
Fretendino man dritte y e sberettate >
Pere' hebber gli Aui lor pompe latine ,
£ qual ~Aftn C umano alz.a ragghiate
l pregi lor fon come querele alpine y
Che pur hebber da Gioue alte hono-
ran'fe ,
Mà fono i frutti poi ghiande porcine f
Non f an parlar di praticate vf <tnz.e>
Non hà l'ingegno lor letterature ,
Non hasenoyvalorinon han creante.
G 5 M °-
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15 4 VeHe Erafcherie
M ornante.
E non fanno le [conce Creature ,
Ch* al Priuilegio de la Nobiltade
Sempre i collumi rei fan cacature ?
A Nobiltà fenza Valore accade ,
Quel che tempre accader tuoi à la vite.
Che s Olmo non la-regge à terra cade .
Negar già non pofs io,che riuer ite
Coni ldoli,non finn patntie genti,
. Afa fon gl* Idoli poi pietre si or dite .
Chi e piu nobil de' Numi? e pur tu mentii
Na[on,gli honor del [angue lor dittino
Vere hanno i numi tuoi furbi i talenti •
, Caualier fenzagarbo è contadino ,
Senza valor CaualIo,ancorche nato
Sia da Thefsala razza, e Vetturino.
Nel Patritio ch*è infame, è terminata
L honor del (angue : e per cótcario poi
Nel plebeo c’hà virtudi è incornili-
ciato.
E quale quel melenfo hoggifra noti
Che piknon prez.z,i vn Seneca Pedate
< u C he* l [angue di Nerone , e i fa Ai fuoi?
E quafhoggi e Colui * che trar fi vante
Le paterne Virtù da i femi d i Rami ?
.. Virtù vicn da colture,^ non da piante.
Non Muifer le Parche tnoflriSlami ,
. . Eh inuention de i Potenti , accio che* rt
Si ah degli errór le Nobiltà velami
Di materia diftintai corpijei fedì
Nó fè Promethco, anzi, che i limi tuoi
Furon per Piatti , c cantari gli (ledi .
“ ' Ti-
i
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Taf ciò Secondi]
■ Tic Ieuc.
£ pur quefli fon Idoli fra noti
Mentre sui Cteli lor s'alzano a 'Volo
T - j* t . f idolatratele gli A min ai .
Ve digiti dtte,c han l'h abito di duolo ? .
òodHc L erne dì mal fon due. Cloache
7 c P, ntCn l° c< ìrì Tvn fallo folo
** Ji 0a € ca IT e d'or fempre im briache ,
Manon^omitdmaif altro baiai eto,
C he U Magne per lui porti le brache.
L, <vno e fattile in cumular argento ;
Ma in tutto' l refio è' si fuo cerne Uo ot-
tico
Sol frà contee contami ha cor comete,
"r si ofhnato ,n lai (ombrai abufo, '•
Che nf gl‘ aperti, e leciti contratti
Non ha mail'VC urar raro il mal vfo .
• * tn *‘ pegni, e rompe patti,
ru^/^a dt Vi r K va ” ta da Stelle ,
T ** / °H mt hebr f’ nfeatti
L ÌÌK* c , h ‘fé™-* le fattele ha belle.
Ha deformi costi' opre, e i con foli :
■ Ch f^‘f‘‘‘neor,piut:heUTigre
Prottido e più nel regolar [campigli,
r . 1 r' f t4 a % ch ’ h t educar chi nafec-t
■ Per vnfiUA^' 1 U0U diro ^ * *«<*
‘[ledi Ragnoentram ambafee
%t“?Herua*tmUa,evn^rgo in
Sii %' C,clo P ,ca [ha ifolipafce. (tutto
Sta, slerco camn Patrio ita brutto ,
repita a 1 fer ut jgo decori la moglie t
'* 3 f paterni puZzor [piriiffasr pinta,
G 6 NeC-
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I
1^6 ^ Delle Fr alcherie
Nettuno hà di Spurina hoggi le voglie.
Che in sè vibrò, per flagellar de’ mali
L innocente cagion, fregio di doglie.
Momarte. 5
ji l'aperto vagar di Viti) tali
Mal può la lingua mia fiar à le moffe
F orzi e eh' in Corfio anche i fiuoi fiati
Ticleue. ^ (efali.
Se puoi fentir,ne jemirai piu gr offe,
V e di colui , che fieno te la fitta te Ha ,
Cloto non sofie Hr attuta , ò pur fie toffeì
Da letiradi Ptthagoras'mejìa
à ìCl capo [uo,ma per parlar piu chiaro »
Per donnefichi lauor-Phitomo fiàfieHa .
E s' ancor non m'intendi , io mi dichiaro 9
Molto ricco e Colui , la cui Mogliera
In Corno d'-Amalthea sepr'hà denari
D'sJHolfo il Corno al par del fuo tio tra
Le turbe quei col mormorto cornuto
Fugaua il d),queftt le chiama à jera.
Oh gran Cippo,oue fietftu che veduto ,
Najcer fui capo tuo Corno innocente »
t Del gran 7* reno Romafejh il rifiuto .
F*ieni,e vedrai nel fecola prefeme , {fio
Da vergogna ad honorfiarfiu trapaf*
Vedrai Cippi di tefta,e non di mente .
. Ma mi (lupi a, eh' anco nongiffe à fpaffo
Era tati humor qualche Sgraffiata Idea
Mentre agli humor fiempre fioprafia
il graffo .
Vedi là quel Signoria cui Lìurea^sebra
i >- Hà vn mufiaico di trine ? hor quei raf-
Vn de Latdijchc amar Laide Ephirea
, Per-
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Tafcio Secondo» I$7
Perdehonor,fcemarobbd)dmorhamebr et-
iti jarfi corteggiar da Corteggiane ;
E ne' commodt lor commodo ftmbrd .
Sforzxna le Lucretic>e le Dianeì
E per carne pagar di Concubine
A la Famiglia fua litigia il pane.
Ladro il direi di Vergini Latine ;
Ma no veggio fra noi Dona che imiti
In cafle ritrofìe 1* Alme Sabine .
JSbon voghon mai le noflre Done inaiti)
Violente deftan per tfcufare
Con l'altrui forz.a t lubrici appetiti .
lnjomma *7 Reo crede sii l'onde amore
F ar de la vita fua dolce tragitto \
JVè sa - eh* al fin porta u amare à mare
Pefca tat'horyma nongligtoua al Oùto,
Chete ne'mari altrui frigge chi pefca.
Nel mar d’Amor l’huoma che pefca è
fritto.
Momartc
JF or z? e pur , che la furia al tabro m*efca,
PaXz.oGarz d on,(c da sebianz^a maga
Accefa e Calma tua,và che ftàfrefea.
Luflu r ia è vn dolce macche i fenfr appaga
Mà per colpa di lumi accieca gente*
E con arte Circèa Vanirne ammaga .
E d’vn cor lagnmofd Arpia ridente, (ino;
Ch'entro vn negotio reo i’otio fà do-
Che da’cardini fuoi fucile vna mente .
Ticieue.
Coeludi hor turchi non faria da Momùi
Mctre s*apre al riuerfo hoggiil macello
Metre Vacca d’amorf corticati huomo?
Mà
D
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158 Dette Frascherìe
'Adà il gran fet or de F amor efo anello
No cejfa qui. Vide colukche [palle (lo.
Volta àl’vfcio deJTepioìoffertta quel.
Col ferro dlvna ma M ario-, ò timballo
Non vanno mai per bellicofe rotte
T anti vcci[ìfquadroni 3 almeV a (falle.
Quanti [noie ogni dì l’Heroe da notte
Con la paga vantar d'vn eloquenza
Cip art [fi abbranCatuHerfi corrotte .
Sol per gufo ai dire hà compiacenza .
Di far peccati. Hoggi à la turba ofcena
Egufto il confefsar, non penitenza .
Come fufse d’Egifto, o Polifsena
Vii (oggetto igegnofo,ogn’opra pazza
Sù le complici labra hoggi hà la (cena .
Ilpreteftode IVfo hoggi è corazza ,
Contra i colpi del biafmo, e trionfanti
Suonan Tróba le colpe in sù la Piazza.
Come S crittor , ch'ai fu or notturni gante
T effe luce d honor, tejfe il carnale
i notturni di fn or lu 6 e di vanti ,
Onde à penfarui hn 3 dubbio m y ajfale:(le
S § ligua in piajze 3 b pur f ? mano t ceh
ai 1 coprir le vergogne hoggi piti vale .
Quali in Ai eroe d Egitto appaion belle 1
C erte [emine [conceda cui Natura
Fi kgrade del bAnbin fe& le ma me He,
al per ejfer comun, l'opera impura
, No rafsebra deforme,e per oh' è uguale
La quantità le differenze ofcura .
r Jlia non termina qui gloria di male r
Ai ir a cola-, fe vuoi faper qual vantale
Da me bruna à'Honor tragga u morta r
Vedi
y Google
F afcio S ectnio • * * 5 £ ,
Vedi quel Carro ? b ormai ettnofeer >
quanto * #
Il mal’ h abito altrui menti foco ?
Mira cohiiìch’è Melibeo di manto .
Tutto il ceruello fuo lercia inquelgioco >
Che far Ciulio fole a con Nicomede :
fesche il vitio d Orfeo gli parae poco *
Per le Camere fuefai che fi vede ?
Vn Giacinto non fior, mà defiorato ,
Ratto no, ma rapace vn Ganimede . - *
Reputa in vita fua meno honorato
Sopraslar con decoro àfiaol di Corte »
Cioè • f
£ tour coHui,che ne l’età piu forte
'Raffi de iferuifuoi canto a i comandi
Fa de* comandi fuoi ferita vna forte.
De Uleg&e Seat mia i vecchi bandi
No offerita il Signor, pere ha difmefio
Il Tribunal de la Vergogna t Grandi .
Ne votrian le Vergogne il fuo procejjo
Gtufioformarjmentre fi sà ch’Amore
Corrotte ha già le f ite Vergogne in ejjo
Momatte .
'Tanto àie nari mie crefce il pudore ,
Tanta nel petto mio bile singr off a , ^
Quanto il lercio Signor grado ha
maggiore * .
Stilla d’oìio caduto in vede rofsa
Di Ebalio Cangile,? più deforme afsn>
Che sù ro/.zo Gabba macchia più g C( > 1 *
O uesìi fignor,dt cui parlatore hai ,
SofepolchriiChefuorahànoornameto
£ aperti poi turbano il nafo>einti :
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li6o Delle Frafcherie > ^
j4mtco,h*i vinto. A l'anima è u tormeto
Se le colpe non fue la lingua tace ;
M afe vuoto fei ttt,pieno io mifento .
7 * anto in morder altrui faro loquace ,
Quato in tacrfui dolce, anco vn aceto
- Quanto il vinfù più dolce, èpiùmor-
G'tà che i Giu dici rei non fa de crei o (dace
Contra le colpenti famigliar! editti
Del public o fallir s'apra il fegreto .
T roppo chiari in peccar fan fi i profitti »
Copre l’tfamia altrui vefìe honorada:
E fon mode de l’Alma hoggi i delitti .
Terche mena il Padron vita efecranda ,
Ne'T ributarij f noi non la coregge ,
Chi nó vieta il peccar,séprcil comada.
Reggo d'Afia i Monarchi ufre di Legge
Ma finiflre fon poi le lor maniere »
Terche in fini fir a man freno fi regge.
Dunque , A mica, è difficile il tacerei
Quàdo il peccato altrui l’almecómoue
Chi può tacer , s'anco fra nubi Arciere
In mezo a’tuoni fuoi mormora u Gioue?
Qui terminarono i colpi della faretra
Satirica di Ticleue , il cui irreparabile-,
impeto pollo in bilancia con l’arciere-»
accortezze , da Momarte infegnate , diè
materia à Stamperme di conchiudere ,
che non minor pefo portaua feco la diffi-
coltà del fare vna Satira , che del non far-
la : mà perche il ben mormorare è dato à
pochi, come opera di maeftreuol Arte, e*l
mormorar c,ancorche malese vfo di mol-
ti.
Fafcio Secondo, %6l
ti,comeimpulfo di rifentita Natura , alla'/
vifta di alcun’altri paflfaggieri delitti, i
quali benché in tranJtto pareflcro a’ri-
guardanti, non erano però moribódi, im-
partenti di lilentio gli Amici buzzicaro-
no tutti alle Satiriche detrationi i carmi,
e ie prole. Fra i maledici Periodi li formò
da tutti vna lodeuole parentelìinenco-l
mio di alcuni Europei perfonaggi, ne*
quali la Toga,e’l Sago erano all’hora del-,
la Virtù argomento , e mercede , mà poi
Stamperme ftomacato anch'eflò alla pó- ì
deratione di quei Grandi Aliatici , in cui
faceuano macchia i vitij d vn’illuftrato
fangue, proruppe furiofamente in quel
verfo di Giihienale.
a Ad Ccclusiaubnefas auodcunqxtftpurl
pura dacie. \
Soggiutife poi , che 1 medelimi poteuano
degnamente raflòmigliarli à quei libri di -
Luciano, £ quorurmaurei quidem vmbli,
et, veru imusy aut T hyeftes efiMeros in
conuiuio comedens , aut Oedtbus matris
mar itu s>aut T ereus cum duabus par iter
forortbus rem babens ,
Intanto Egideargo , come Caualiero
d’ingenua, e di gioconda Natuta,veden-
do pafsar per la via vii GOLOSO Parafi-
lo di quei tempi, che pareua far efercitio,
oper euacuare le ripienezze de'cibi, ò
per cercar manicaretti da riempirfene;
Addi-
a lune», b Lue,
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lèi pelle Fraf cherie
'Additatolo à gli Amici, così Co sghignan-
do il deferì fse .
• /
V Na Curtia Voragine ecolui ,( v'vrta
Quado incontra vna mefa, e*J dite
Benché la fua voragine non Curta
, Vuol altro affe,ch'vn minimale, o dui*
Spende tutta in nut^nar la fua monetai .
Fin Viuade ìftgegnofe hagramiìhrio ,
Vn pranfo nondaria per vn Imperiò ,
. Ter che sa, eh* Imperio ha la Dieta .
SòjmefahaurÀMttto u Pollaio arrofìo ,
Dicafi pur Duca d’ Ottona il Gatto,:.
Ogt/i Boccou , che capita nel piatto
_ IVe UBocconafua s’appiatta totto . .
ÌVVì frange mai ne la pofata il pane,
*. Perche tutto s'affanna a frangi carne.
Onde i Guati vuol far di Frangi carne.
Scaltri Guanti trouo di Frangipane,
£ perche Vmuention vuolricompenfa ,
Che farà C au alierà or re vna voce %
Io per la parte mia glifo la Croce,
PerchejiroHa ogni Quarto a la fua-»
- \ . . \ ( Menja . .
Rorazalfe,chepcr fobrictàdi natura, c
per ragia di praticata fpeculatiua > era frà
ì Compagni ne’trabocheuoli fcegolamèti
d’vna menfa il pi ù continente, e guardin-
go, fi ritenti in guifo della deferuta vora-
cità del Pafsaggiero Guathone , che non
potè contenerli di non efagerareanch’ef-
fo alcuni fragmenti Satirici contra ìa_»
Gola, di quello tenore .
. . Di
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Fafcio Secondo-. I6$
D I ben poche bifolehe vn va*de fuolo
Satolla vn Tauro^s l’efcaduadifpsfa
A (quadrati d’Elefanti vn BoCcofolo ,
Del corpo human fol lavprago immei^
Dinotati hà i voraci, à jui ibi piacque
Spopular glrElementi invmmenfa.
Stuol, ch’in monti correa^ permeala^».
• giacque.,
Quella ammutir fè i muUci de Tana* 1
Cantar ne l’olioi mutoli del’acque. ^
Schiua Vingordo homal dlefca ordini*
Fai boccon peregrin peregrinare:^ itb
E in viuande penate igufli varia *
Chiama Fefche plebee,fe non fon rare :
jinXj prodigo d or^moflrache quelle
S’accollan care al feniche coltali care.'
Moggi ha vile il fapor,tinche,efardelle *
È ale me de f me hoggi negato ,e quafi .
_ fi atte.! honor di Epicuree padelle ,
Sono i fon de le frondi homai rimali
Senza i Cantor peiiutij e’n tempo cor,,
to
S è fpogliata d’Augel Tonda di Phali,.
JD e la Dorica ancona il curuo porto .
In ventre ItalianFojlriche vota i
Per che di fame in lui naf :a vnaboftoi
Jrinda Fonda patina a Fonda ignota
Peregrìn prigioniero il Pefce pajfa ;
- E in Affli di Pefchiere a morte nuota .
Qu i fif % del G hiotton grane à la najfa :
Qui diuìen efea ad tngrajfar mortali •*
Qui fra le [eh e mortifere P ingraffa .
' Efc
x^4 Dille Frascherie
E fe mai naufragar filili A u frali
La f luantofa Viuanda in gonfi mari,
Nelviuaio d'vn porto ella ha i natali. . s
* A gli Apicij ghiottoni alfin gli Altari
Sibaritiche menfe , e in Siracufa
A i Parafiti fol fito fi pari .
Spenda in conuitipur borfa profufa {fa>
L'Egittia De ^sfoggi in b ac betti Eli-
Che' l vagate A mator tolfe à Creufa .
Non fa le menfe d noi laute in talgutfa :
Più liete s), perche tal hor la Vita
Per non parco boccon Parca recifa ,
Quel che voi far la Digeftion compita ,
Alimenti con Legge al Corpo dia : >
Già che la Legge è col Digefto vinta .
Sapete 'Voi quel che la Gola fa ?
E' vn lagOtvdir ne de fiat e il come?
La fidava f eco da innanzi (ha. (me.
E vedre^ eh' vna Gola e vn Lago al no -
Eran già le lingue alla maldicenza att-
uiate , nè poteua contenerfene alcuna ;
quand’ecco trauerfando il Corfo fra gli
altri vn’Hiftorico di quei tempi , che nel
deferiuer le guerre d’Afia , diceuafi eflèr
Pittore più di maniera , che del naturale ,
diè materica Stamperme di motteggiar
CONTRA GL’HISTORICI DELL*
IONIA i feguenti motiui .
C L’Ingegni deirionia , Amici, niente
meno de gli Animi fon degni hoggi
delle noftre Satiriche detrattioni . Hor
che diremo delie moderne Hirtorie , e di
quelle in particolare, che và Itàpacciando
quel
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Fafcio Secondo . 16$
quel tale,da voi poc’anzi additatomijvo-
lumi delle fue tralunate Verità fon libri
di Ouidiane Metamorfofi , in cui non al-
tro di vero , che la certezza dell efo fa-
uolofì. E come mai può dirli gloriofa^
quell* Arte del noltro fecolo, fe PHifloria
ch'efler deue vno fpecchio , atto à render
gli oggetti, come li riceue,è forzatahoggi
à diuentar Occhiale da ingroflàrli ? e che
vanto fi può mai trarre da vn meftiero
nel quale chi e (Ter deue veritiero per nc-
ceflìtà , fi fà bugiardo per politica ?
Il genio di commendare l’attion d'vn
prauo Principe, ò perche s’ama, ò perche
fo ne teme, è indifpofitione infeparabile-*
da chi fcriuc hoggi, à vn alterante della.*
Hiftorica natura. Meglio farebbe narrare
a’noftri l’Hiftoria del Prete Ianni , quan-
tunque di fue feeleraggini colma ; mcntr*
è certo , eflcr quel Principe remotiilìmo
da ogni intendimento . Se lenarratepra.
uità dc’potéti fon vere, piagne chi le (eri-
ue; efe Iefcritte virtù de’mede fimi fon
falfc,ridechile legge, a Nerone recitò le
lodi di Claudio in vn Oratione fatta da
Senecaje’l Senato in fentir lodarlo di pru.
denza, c di fauiezza,non fi potè contener
le rifa .
I lumi dcll’Hiftoria,che per Io più è dì
belliche relationi guernita,fon quelli ve-
der oprare ,e fapcre ben fcriuerc,al primo
acqui-
li T*ctf,
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• • ** .
it5(5 Delle Frafcherie
tScquillofà guida la Fortuna , al fecondo
ringeguo . Hor chi è colui , che vanti da
Tn Mercurio due benefici j in vn tempo^
ali , per giungere à nòtitia di Nuncio , £c
eloquenza, per diftendere viia verità d*
Hiftorico^ Pofibio,ò li ttouò presele al-
le maggiori Guerre che fet ide , ò Teppe il
Vero da chi v’interuenne : e quello lume
pur ballerebbe quando il rifletto luffe di
Sole, non di Luna;ma hoggi ò nelle infin-
gardaggini d’vna Cittadina Pace li dipin-
gono le Guerre , ò lo Scrittore va mendi-
cando Pelemofina d’vna notìtià da chf pé p
fa hauer merito ricllefu'é carte,benèhe fìa
certo di non poter e 11 rame altro , che vn
tozzo muffo, non balleuole à fatiate ìtl_»
efso il vacuo d' vna curiofità affamata .
L’altro lume è faper fcr iu ere; e quello
è quali più importante ddPhauer vedu-
to, per auuennirarfi alla Gloria; ma come
poffono hoggi accreditarli i fatti , fe non
ha credito il nome di chi li narra ? In Eu-
ropa fon chiari gl Hi Iterici ^veridiche le
relationi 5 onde auuiene colà à i Lettori j -
come qui a’Medicijche all’hora s’accerta-
no delie verità de mali, quando è loro
nota la natura del temperamento. In Alia
non và così . Non fon noti gl’Hi fiorici
nelle notitie ; e penfano di notificare le-»
notitie in eflì.Se la cafa hà i puntelli debo»
Iì,ò ruinofe le lltutture, mài può accer-
tarli
* - - v»'» / • » - teiir
a If jlih.
Fa feto Secondi. j6j
tarli di labilità chi v’habita . Tu bocca d*
vn Catone Vticenfe anche Je menzogne
fi farebbono accreditate in Roma perche
il teftimonio era claflìco. a Vn Tacito
che da Tertulliano hebbe di bugiardiifi-
mo il titolo quante penne fì parlar di sè %
& a quanti fà citarci Tuoi Tefii . come
fogli di Sibilla ? Non v’è chi reputi intic»
ramente veridico Li uio jC pur rArte della
fua penna fè parer veritiere le menzogne,
immortale l'Artefice . Fin dalFeflremaJ
Gade vennero huomini, più a veder T
imagine dello Scṛtorc,ch*ad inuefliearc
Ja verità dello fcritto . °
Niuna cofa fi cita hoggi ne'fogli de Iet.
tcrati con maggior fondamento ; che vn*
euento Hiftorico» perchenon hanno gl*
huomini la piu facil via , per gouernar la
vita, che la cognitione delle cofe feguite
ma con che fronte potremo noi citar a Ila
luce vn fatto ; fe il Dicitore nella lucc^
.itcfsa delle ftampe è ofeuro ; e fe pur vi
xifplende è moribondo il fuoiume? Con»
elude dunque efser non meno ridicolo
atr n w £°2©i vile autorità d’vnodi
queftì £ Proletari j Scrittori , di quel che
farebbe in cafo di Tofcano Vocabolo ad-
durre 1 efempio d’vn cotal Ser Luca da
1 anzano , ex 1 trattato di Fra Iacopone da
Todi,con vn proflimio di Volgarizatori,
che non hauendo nè nome, nè fatti , può
efser
1*8 . Belle Frafcherte
cfscr dubbio apprefso molti: fe fiano {lati
huomini. Infomma mal potrebbe nelle-*
conuerfationi confeguir titolo di Ciuile ,
chi citafsc l’Autore d’vn Hi (lori a, che-*
non fù mai Canonico .
A pena sera taciuto Stampermc , che
Rorazalfe addocchiando dalla fineftra-»
due Romanzieri di quei tempi,proruppe
impetuofamente cosi ,
, >
E Che dicemo Amici, DE ROMAN-
ZIERI DELL’ASIA? Vna volta in
Grecia r umor eggiau a vna ventola , c lo-
quace dicitura, che d Afia deriuar fi difse.
a Nuper ventoja ift lo ac & enormis io -
quacttas Athcnas ex Afta commigra»
HÌt,4nimofq;iutietJum ad magna furgen *
te: velati p e fidenti quodam fidere affla-
«ir, difse Petronio. I
L’ambitiofa turgidezza di quello ftile
non fù lodata in Marcatomo , che vfaua-
la:perche,come Plutarco difse. b imitaua
i Tuoi coftumi, ch’eran gonfi,lafciui,e pie
di boria . Fù ofseruato all’hora da’Saui j ,
che la lettura di quelle Asiatiche frafi
ftancaua,e confondeua i Lettori, e ch’era
limili quei periodi 5 certi viaggi lunghi a
che dall’vn luogo all’altro fi fanno, fenza
trouar uifi intcrpofitione d’ Albergo,ond*
è necefsario,pcr non iftancarfi, far pofata
in campagna»
Si
jFafcio Seconde. 16$
l ?? , hora 5 che S I,in gcgni hanno an-
cn cin le loro mode , nelle quali la nuoua
u °diar la vecchia, Io ftile Ai!atico,e lun-
de gl’ Antichi era vna Toga con lo
ltrafcio, che più valea ad intricare i piedi,
ch’afat vedetele ilmmetrie della vita.-».,
Lo fti le concito de* moderni è vnhabito
lucci nto co’ trinci , migliore per pigliar
aria, che per accollar fi al bufto; infom-
nra 4 nil tnedium eft .
In queftofolo direi più accettabilel-
antico habito del moderno. Nell’antico ,
come copiofojpoteua il Maftro riftrin°er
la forma jmù nel moderno,come manche-
uole , non haurebbe campo di dilatarla •
cosi anche l’huomo , eh é vfato à far lun-
ghi pjfsi ;fapra accorciarli in vn tratto.*
mà chi non mofse mai pedate, fe non tra*
ferri, non faprà di fubito addatati! al cor-
fo s’è libero.
Seneca hebbe opinione,che nella diuer-
i!ta de gh filli più,ò meno contratti il do-
udTe ferii ir al genio delle Nationi,& eoli
fu vno di quelli, che per piacer ÙRoir^
c interpungere cenfueun , e/oggiunge.
Orano prò feratur maio , quam proRuap .
Gh appetiti del fecole non deiiGnoeffer
difebncitanteimadifanoypcrche c dotti
r^onem arns mtelligunu indotti volu-
< ^ lnt,1,an °: "è concludendo,
che lo ft,k imp Un t ato de’JModerni podi
H fpun-
liot ut b Sente. ' c Staine.
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jyo D elle F raf e, berte
(puntar l’applaufo de’Saui j, mentre incó-
tra per l’appunto il genio di molti ; per-
che taluolta a mulits piacerete ft [pienti»
bus difplicere , difse Plutarco .
Le dolci diflìpitezze dc’noftri Aliatici
Romanzi s’argométano dalle forme, vfa-
te dalla più parte de gli Scrittori , i quali
non imitando in queft’Arte il merito d*
alcuni Romanzieri Europei, ch’efempla-
ri fono hoggi nelle memorie noftre, d’al-
tre Idee non riempiono tutt’hora le loro
carte, che di fconce deferittioni, ed inue-
rifimili euenti .
Chi dice, che frà’l Popolo dell’herbei
Fiori fon Confoli,che gli Dei,pec vedere,
e non efser villi, s’affacciano à i forami de
le Stelle, come i buchi di Gelofia celeftc.
Che il Mare è temperato deli’amorofe
lagrime, perche in lui la Dea de gli Amo»-
ri hà barcheggiantc la Cuna . Chi Ag-
giunge, che lafua Donna è vn'Arcipela-
go di bellezze Che le Ciglia fon due Na-
ui Turche , per c’hanno forma di mezo
Lune, che il Vifo è il Vifir; che gii Sguar-
di , come turbatori della quiete amorofa
port anfcco i Tutbanti.Si ponno vdire in
fentimento di chiili forme più barbare
ditfinitioni di quelle ? Ma torniamo alle
loro fpezzaturc .
h Plutaaco s’ingegnò difenderli, quando
difse 1* orazione efser come le monete, che
tanto
Fa feto S eco rtdo. j 7 1
tanto più vagliono, quanto in minor ma-
teria abbracciano gran prezzo: mà non_»
pensò quel grand'huomo,che le monete ,
c’hanno vn gran valore coftretto,non fa-
cilmente in corti denari fi cambiano ; ol-
tre che le moderne pròfe Asiatiche forLj
come quei danari Alchimiflici di Cara-
calla, che altro moftrauano di fuori, altro
rinchiudeuano.
Sapete com'io chiamerei i loro ftili co .
ci fi? vdite. Panni d’arazzi piegati, perche
non vi fi (cerne eftenfionc di Figure ; ma
direbbe vn altro , ch’è meglio chiamarli
Stili a mufaico ; perche le parti non foti_j
commcfle ,e le cógiuntioni non vi fanno
legatura.Potrebbono diri! ancora. Vediti
coperti di trine; perche il fondo nò v*ap-
patifee , nè ui (cerne altro che Punti ; mà
per cóchiuderccon la miglior diffinitio-
ne,dirò che loStille sì fattamente concifo
è vna carne rotta di piccatiglio comoda
à ma digare, mà non già per diftinguerui
buona qualità di carne, fé pur non diceflì,
che per efler trita è buona per chi non hà
denti da mormorarne 5 ò che più tolto fà
ftomaco;mentre la fua polpa è sì minuta»
che par più euacuata, che da aflàggiat fi .
Egideargo alla vifta d'alcuni matrico-
lati Ingegni, che giuano rimenando rime
fuICorfo, fi commoffe anch’egli in tal
guifa CONTRA I POETASTRI D -
EPHESO; che non potendo più conte-
nerne le Cenfurc;prefe così à-dire .
H 2- Sedi
3y Googlc
172 Delle Fra [e berte
A ÒEcli incommoda P e [fimi Poeta >
vj cantò Catullo.
Vari j fono i temperameuti de’noftri Ef-
fc/ìj verfeggiatori.Alcuni che di Diarrea
patifeono, vogliono d’Improuifatoriil
titolo; nè fanno, che Tacque impetuofe-*
menano arena, ò loti .
b « — r~inborafxpe ducentos ,
T r t magnum, verfus dittabat jiatjs pe-
de vnó ,
Cum flueret lutulenti is . ^
diflè d’ vno di quelli cotali Horatio . Vii
certo Crifpino Poeta verbofo sfida Ho-
ratio , non à far verfi migliori , ma di più
numero.
c Detur nobìs locus , bora ,
C uft ode s, vìdeamus 3 vter plus fcrtb ere
pojfu.
Cede Horatio alla disfida , ma così rif-
pondeli .
d Di benefcceruntdnopis me : quod~
que pufilli
F trt xerunt animar aro, & per pauc a
loquentis;
xAttu coclufas hìrcinisfollibus aura s 9
, Vfque laborames , dumfcrrummol- i
hatignis ,
V r mauis, imitare .
La prodezza non gioua,che in faper pré -
dcr Poccafione, la qual s’offre, e fugge in
vn punto, nelle Atri la prodezza è cicca, e
v • man-
a Cauti, b Hor , c Hor, d Hor.
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Fafcio Secondò ] . 173
manca di Cenno. La Natura piu tempo
pone in produrre gli Animali di lunga vi.
ta,che quelli di corta ; così fa anche nelle
piante, e però la fra gii Bieta pretto nafee,
& ildureuole Buffo crefce à lungo tem-
po. a Citofaciendo non fit 3 vt beneficia-
musìbenè f adendo fit vt f//ò,dif$e Quin-
tiliano.
Nella Poeda, quegli huomini, che fan-
no poco, amano il molto, benché no buo.
no, quei che fanno molto, s’appagano del
poco, pur che non da malo , Nerone, che
volendo improuifar vna volta , difse_*
quello fconcio verfo , citato da Perito .
b T erna Mimalloneis imglerunt cor*
nua bombi ! .
Frà le inettiede Tuoi patTatempi,difle Ta-
cito, e il dilettò anche Timprouifatori , i •
quali fuppliuano alla parole, da lui prò fe-
rite, per farne il verfo ,
Sono anche hoggi irà noi alcuni Coc-
chi Ceruelli,lecui Poefie paiono fchele-
trijperche non v’c né imagi nc , né polpa.
Dicono di feguir lo ftilc del Petrarca, ma
ò non fanno imitarlo, ò non deuono .
Non fanno imitarlo ,• perche ne pren-
dono la purità,nó i candori; la naturalo
l’artificio, la materia, non la forma, & im-
parano nel fuo palle ggiar poetico l’anda-
méto de’piedi,nó l'aria del volco.Nò de-
uono imitarlo , perche la virilità dei no-
ti 1 ftro '
a Quir.t* b Per/, c Tacit,
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T74 Delle Frascherìe
ftrofecolo,non più difcepolo in qucll’ar-
tc , come quello era , appetifee forme più
maeftofe , e più fcaltre . Se’l Petrarca firà
noi fi trouaflfe , credetemi , che ò refeche-
rebbe molto da quelle antiche maniere,b
ghignerebbe grado , con le inuentioni
moderne, alla gloria, ch’egli acquiftò fin-
golarmenteinquel roz^o fecolo con le
fue ingegnofe colture . Potria dirfi di lui
quel che Horatio folcila dir di Lucilio .
a Siforet hoc tioftrumfato delatus in~»
auttm.
Detereret fibì multai recider et omne y
quod ultra
TerfeElum traheretur.
E perche rroueria hoggi in comporre af-
fai maggiore la fatica di quel che fi tro-
uafle ali’hora, anch’egli .
b In ver fu f adendo
S ape caput fc aber et , vtuos & rederet
vngues .
In Comma di quelle antiche rozzezze,à
cui macano delle moderne maniere i cul-
ti, può dirfi quel che rifpofe ad vn Poetac-
elo T eoerito, cioè, ch’altro non può pia-
cere ne’lor verfi , fé non quel che manca.
Chiamano arditezze le forme noftrc , e-#
moddtie le loro ; nè s auuedono,che per
deformità di volto fon forzati à difender
la purità del loro Hiléq nella guifa , che le
Donne all’hora fon più honelte , quando
fon
a Horst . b florst»
&
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Fa feto Séco ndo l 175
fon più deformi*, e però auuiene anche al-
le loco poede , come à Donne tali , chefe
fon buone , fon per sè ; fe fon brutte , non
fon per altri . . :
Quelle accénate maniere di verfeggia-
re,profequi impatienteraentc Stampcrme
come da pochi accettate , s’odòno hoggi
in poco numero ; mù il ridicolo condite
nello Itile più praticato de’ moderni, che
com’herba inutile, va fpótaneamente ger-
xnoghàdo ogni dì da* ceruelli inculti deli*
Ada . Scemerò io in gran parte la fatica ,
intraprefa da Egideargodi motteggiarne,
S On certi Ingegni hoggi fcà noi, che per
non gir dietro alla maniera de gl’ita-
liani Poeti, ne’ quali hà grado di eccellen-
za quelPArte, vogliono in tal guifa colo-
ro aerei trapaffi precorrerli , che fon for-
zati i lor metri à diuenir oggetti inuidbili
delle curiodtà ingegnofe. Affannano tutt’
hora le loro poetiche induftrie in ddcrir-
tioni friuoli,come quei Scultori, che per-
dono tempo in ifcolpir capeli,à cui fà pe-
larella il Tempo.
a circa ludum faber tmuj >
& vtìgHet
Exprimet , & molle s imitabitur arej
capillos,
Jnfelix opcris fumma ,
Nelle loro publiche radunanze non di
altro cinguettano,che di minutie: com’e-
H 4 ran
Digitizec
a Hornt •
>y Google
Vj6 Delle Frafeherie
ran quelle, in cui foleua Tiberio efercitac *
i Grammatici, Qual fu (Te la Madre d'He-
cuba, e qual nome hebbe Achille, quando
f(i afcofo inhabitodi Donna, ò pur pati-
rono di quel morbo, conofciuto ne’ Gre-
ci da Seneca, ch’era di Capere , a qual nu-
mero di Remiganti hauefse Vliflfe , e fe-*
prima fufse fcritta l’Iliade, ò i’Odifl'ea .
Hanno quelli tali vn Itile così arrifehia-
to, che fa compaflìoneà vederlo. Paiono
color o,che sù la corda caminano,fon co-
tàto nelle arditezze intrepidi, che fànoiii,
horridic ohi li vede; anzi inducono nello
fpettatore quella tema , che dourebbono
hauereflì.Chi amano più mirabili,quelle
fiacche so manco fperate,e più degno di
lode quel concetto, ch'è più ardi mentolo.
Perdo haur ebbe chiamate le lor forme.
y _ robufh carmini* ojfas
ò pur detto haurebbe , che
Scloppo tumidas intendunt rumperc
buccas . I lor vedi , tra’quali c ne canneti
quidemfani colori eniiuit , direbbe Pe-
tronio, hanno più belletti, che be llezzeic
le parole credute, che vfano,fono oltre la
conditione humana temerarie: pècche, 6
fon create, ò rifufeitate ,diceua Lipfìo. d
Pigmenti qut&runt , & adfcititiosfucos :
& ab Ennio vfqae , PacCHioqae de /nor-
ma ver bai fi può dir loro, come dille A-
pelle ad vn Scolare, c’haucua dipinta He n
Iena
a Senec. b Per/, c Petr. <i ..
Google
Die
Fafcio Secondo l 177
lena più ornata d’oro , che di buon d ife-
gno,non rapendo ritraerla bella, la facefti
ricca. I11 fatti le Iòr opre tutte fon parti
fenza concetto, peli fuor di bilancia,fabri.
che fenza archipenzolo;e come duTe Ca-
ligula di Seneca , arena fenza calce.
Deforme 1 ignoranze di colloro vn_j
Poeta di moderna Modainvua fin Ot-
taua quadrimela , e dice così .
V Na ra^za arcìpaz,z.a in piazffa'gi-
r a ,
Di (Iralunati Fati, e nati baffi ,
Ch'irne auanti cacanti à tanti afpira :
E col tetro fuo metro a dietro fiaffì ,
T irar genti f accenti^ utenti ha, mira ,
E fot tirar lor lira ira di ( affi ; ( dutti
E a Chor,che fuor cali ha d'amor pro-
li fiton d'vn buon grugnon chiamano
tutti. .
Rideuafl apertamente della bislacca-»
ottaua, quando Egideargo,per terminare
de’citati Poeti il gi udicio , così ricomin-
ciò à ragionare.
Volete vdir delincate per l’appunto le
turgide ampolle dc’Poeti noftri,& melli-
tos ycrbomm globulo; , come di quei
fuoi Scrittori motteggiò Petronio ì nòli
vifpraccia fentirc quella noua Satiretta
con tra effi .
•• l'* f •
l H 5 IL
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17 #
I L
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PE G A S I N O
SATIRA.
S Opra il Groppon d’vn finiti Vegafo
Giu far Paltr'hìer con rim cnate fame
Certe beflie Poetiche in Parnafo.
Febo pregai, rise ntaccennaffe, come
Si chtamauan coflor,ma diffe irato ,
NÒ fai tu, che no bagli j4fini il nome ?
Sembran quefli 'infornar , c'h abbia. in-
chinato
1 1 Capo al rio , eh’ apena poi vi tiene
L Òbrofo labro fuo Porlo ammollato .
Neffun di lor ne le Caftalie vene
. *è tuffato giamaiytnà beuon fola
Col preputio di u labro in Hippocrene *
*T fitti in luce di Stampe amanoilvolo >
Per non parer a l’^Afina fimili ,
Ch'ama negarti faci l' ombre d'tvtu
fuolo : .
Fondan i'honor de g ] ’ Hip er baici fidi
Ne’verft molti, e veramente fuole
Contar ti pouer huom beflie in ouili .
Bagnar deira il Rufceili ognvno vuole
Jjefue rime Stillali, e nel viaggio
. V Elucidar io fol ferue di fole .
Vanta lafrafe lor y vantali linguaggio
Bombardantefragor, turgido bombo,
Vocifcf^uipcdal, tuoni di Maggio.
? s’io
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Fafcio Secondo . 179
S'io chi dm 0 il verfo lor rotto di lembo 9
Se contro, i piedi fuoi Satire impugno »
Di quefte in onta miaseto il rimbobo •
S io dajfe lor per ogni error in pugno >
Non faprei giudicar, chi flajfe peggio >
O U ma tdohtafo ilpeflo grugn o (t eggi 0
Quàdo a qualche Guerrier muonon cor -
D'armate lodi, insù gli Etherei palchi
Con traslati cot al fanno vn palleggio .
Il tuo metto guecrier l’Etra caualchi >
Nèprouimai, col raggirarfià tondo
De la Dea Libitinai Catafalchi.
Se feopia il labro tuo tuon furibondo ,
Terremoto di tema A frica n’habbia ;
E a’ bronzi tuoi fcrua di palla il Modo.
Cotonata lia l’Afia , e pien di rabbia
Frà i fuoi Trionfi i Baiazetto hoftile
Chiufo ti fegua in Taburlana gabbbia .
Scorrano l’Arme tue da Battro a Thile;
£*1 fuo cretofo, ouc approbafèc anténe
Mandi a Roma à donar fo me di Pile .
L’Inuentai io de morti in dì {bienne
Legga tua Fama; efpcnacchiandol’alr.
Doni à i dottiScrittor mazzi di penne.
E fe vede, che chiudi i rai vitali »
Sterpi da sè le piume fue più fine ,
E per la requie tua formi i guanciali .
Hor non mtrtan coflor Cauoh al ennti
O dfCauoli almen fuggire i brodi 9
Fetido honor de le Febee cucine ¥
Ad àv dite ancor quefh arrifehiati modi >
Quando co r l or poetici furori ,
Di Beltà femin il fiupran le lodi .
H 6 Lat-
, Digitized by Google
180 Delle Frafcherie
^atti rofe bellezze, à i voftri honori
Sù quefte vie,doueiibel piè feti varca,
•Poluere ila d’inceneriti cuoci .
1 bei crini di voi filò la Parca, (c hi
Di pel di Friflo, ò i voftri crini hà toc-
Per donarui vn Perù, Frigio Monarca .
Se battaglia è vn Amor,forz’è che fcocchi
Fieri colpi di Sagro il guardo voftro,
Pe rche jpoluer è 1 huóioco i voftr’oc-
O pur dirò con più lodato inchioftrofchi
Che del Carro di voi Fetonte Auriga
Sdrucciola (correrie fui petto no fi co.
N’andrefte in Ciel sù l’Apollinea biga;
; Mà farebbe litigi il voftro feno .
Fra i Tuoi candori, e fra la lattea riga ,
Anzi al voftro apparir tofto fia pieno
L’inuulncrabil Ciel d alme ammalate >
E le cure dei Ciel nega vn Galeno,
Ha tirelle colà sù regie pedate ;
Mà di voi vergognosa andeia Ciprigna
Ch’ella à rete rù prefa, e voi pigliate.
Vdifte vena mai cosi benignai <
c : E' non dette à co fioro ejfer per meffo
Nel Permejfo Febeo fc rto di Vigna ?
Ma giù che i Ver fi lor lodano tlfejfo
Di Cìtherea rìhabbut tlMarito curai
E fa foco , e Vulcano oggi vno sleff i*
Non perche fa Pindarica fattura ,
Ne‘ verf lor: mà perche fono i rei
Pindari nei morir prouino arfura •
Qui conch'uidete voi fpirti Febet ,
Che que fi u 4 utor di metriche molefic
S on bcfìiCida tirar rifa d’Orfei ,
Orfci-da tirar morfi di Beftie. Par-
by Google
-Fafcie Secondo, i8l %
Parile à gli Vditori della Satira,ch’Egi-
deargo Phaueffe molto bé fonata a iCàco,
ri Pegaimi ; ond’fiebber tutti vii infolito
cópiacimento della meritata cenfurajmà
perche i Soggetti della maldicenzacre-
fceuanoa! fommo,parédoa ì ‘ Dicitori più
numerofc le follie humane di queL che iì
fuflero l’hore,che a raccontarle porgeuaii
agio jStampermefpiegc) nelle fuedirKni-
tiue decilìoni i Procefsi vniuerfali delie-»
moderne (loltitie, e cosiconchiufe .
S On tanti gli Argomenti per le n olire
Satire, Amici, che ben pofs io neli’Epi-
logo d’vna fola relli Igédoli tutti, cóchiu-
dere quella fera con Horacio quei detto ,
a Huc propfus me, (ne audite,
Dum doceo mf unire omnes,nos ordi-
sti la proua di quella Horatiana pro-
pofìtione hò in mente vna nuoua , e noi 1
infulfa Satira d'vn Itaiiano Poeta, ma per-
che l’hora è tarda ; e l 'ombre delia fera c’-
inuitano à gode quei refrigeri j, che ci nc.
gò il giorno, vfeiamo alquanto yctfo li-*
(piaggia del Mare; che fc la memoria non
mi manca, farcouuene vna ridicola nac- '
ratiua incarnino
Vfcì con la Brigata Stamperme, & a-»
pena della fua Magione era fuori, che Idi-
molato al racconto della promdfa Sati-
ra , ne fè collo a piano paflo vn diftefò
fpiegamento di tal tenore.
' * LA
a Horar,
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L A
PAZZI
SATIRA.
* r t Ve proprius me , dum doceo it>
JTjL fanire,
Qmnes,mondani Popoli vi chiamo 9
Cdtògià in Roma vn Sonator di Lire
Che tutti h abbia delpazjLO trovo Tirante
Catarvò ach'io su la F olita nsodana*
State attenti^ ignorile in cominciamo.
Canterò d*vno ftuolch’a la fiumana (zÀ
Crede ddar in Cefena , e par cheguaz. .
Del Frigio Gallo etro correte infanti,
puta dal* ÉftroInacbio,alz,a fchiamazjLt
Mufaàn c arar pazzie che he cotti ene
Furor di vena etro il furor de ’ P a^zà»
Sian de’fufh d'Antictra ripiene
Spettai Botteghe 9 e Adachaone dia
Con gli Ellebori fuoi purga ale vene •
Com* appunto fen vagente per via, (firn.
Chi sùycht giughi va a fìniftr*> o a de -
Cesi ne'morbifuoi varia e pazzia .
; Jiltro è paTffo in Cortile.altri in fineflra
C hi per anguSti vicoli p perdei
Chi s'impantana in sii la via maeftra.
Molti rami à Pazzia ,fuo tronco verde
H a frutti stima non maturan mai :
■Ne per freddo So calor la foglia perde •
Nc
717" F afe io Se tondo .
N V 7 *7 , f? r Vf' a j””* 1 Gtrman Ferrai
Ne la fra si Jndun tanta copia Hanno
Remora de' Natura Baccalà! . ^
Quante carchi difeso rozjut panno r:
FutrA IV He mer 'ZS“>< ‘ »' Infera
Adatto af! T W Vlndi * delU„„,.
M Ma y um ‘f™ 'Matto a la etra : 1
Ma quanti ejfer dicean Bclltroftmt ,
jSèff U “h hr tutta è CbiJcra l
De l haitiane ftelteZz.e il primo Fonte
' p°fVj '“’V^Vamia, con l’mdouwa
aeodia di Caffandra,altrui raccote.
JVeflar a dir, eh ad ejfer matto inclina
cÉr’V '■ perC r e c ‘ff cu fi£ l, ° è del Sole
C’ha l origini fue da vna Mattina.
•rfltiojaper, ch’eqniuoct vi vuole ,
• ^megnotuo^h anco ne’Ctel penetra
■ n T l” ^«dfta Ragion tolta a le Scole
D 'FU f dÌ°ir-^ Sl V ,0 ‘ ,che Geometra,
tu del f ago humanato,e a dargli vita
F e de f natio colorano ne f Etra
T,r mJr <r r * * nCor ’ ch ' a f‘nno vnita,
FitonfT C ° mU r” ^‘SS>a ,
vji j / *f* m J!** fi» r°p™ fornita ,
Far vuole vn R e , che di ragù U Reggia
Qtidifi Bruto abbandonile con rapine
à egreto appaia ingoiator dì Gregei*
£ vicino a rouilej cui ferine,
' L, orme t aiuoli a vn Licaone imprime
Far
p j f vn buo,che c on dentate rime.
Perche dorme u p a fi orJatrA À chi f Hra
d ac cono fri in gl* empiti ef prime :
Far
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Delle Frafcherie
Far vuole vn huom, che libertà rio cur a
B ench’a giogo feruil trouifi auuinto ,
‘ E daToro arator flemme procura.
Far vuole vn Huo,che per Cugino efttto
Sul c adatterò d'or faccia vn M ace Ilo
E da Coruo Nerort copia vn ifhnto .
Far vuole vn Huom diflupido c crucilo.
Che di Scettro Bafion nato e Paffallo,
E d'sifinwa Idea (lampa il modello .
F ar vuole vn Huom,che perfoaue fallo
Corteggia i rai d'u mercenario Ciglio ,
EH cor gli dà d 'effeminato G allo .
far vuole u Huo,cW a u minimo bisbiglio
Fàde latemafuafprone al calcagno,
E la vii codardia toglie al Coniglio .
far vuole u Huo,che per tirar guadagno
Speffo dal nafo fuo mofche fi ( caccia ,
E gl'imprimé in natura arte di Ragno
Supporlo homai,che be filale tr accia
Segua chi nafceàn prona mia rifpodo ,
Che cht beftta imuo,matto fi fpaccia .
\ jtdomero anch'ei fiefe da l'alto al fondo
Catena mdijfolubile, e fatale.
Perche mena catena u. matto Afondo
O vecchio e il Aiodofo infirmila l' affale.
Se vecchio egli e,qual rìbàbito e ì(ano
Se infermo egli e >fà delirarlo il male .
E verghe ale ti di quefla infama e fano >
Afà è fol Celui t ne la cui fiat uà u Gioui
Die con lo fpirto fuo l'vltima mano .
f, 'he s'apenapotean di fauie proue
Sette in Grecia vantar fi, im agitiate ,
Quati s v dia fciocchiMargiti altro ne
Ma
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,, Fafcio Seconda. iSjl
JM a già ch'io vi contai le più prosate
Ragione haue ff e mai Se col ve tutto, '
Di nuoue tefìe homai te/lì rejfate .
Doue nacque Pazzìa, nonfisàgiuflo ,
J\da benché fi a d'origine ferina ,
Molte Citta d'efferle Patria bagttflo l
JMoltejur quelle ancoraché a la diuina
Mnf a del G ree 0 Horner patria fi fero
£ tutte in litigar giro in mina .
£ perche nel poetico mejiiero
Senno non e fenna pa^ia , ch'ancora
Non è fenza bugia Poeta veto.
Racconta vn certo Autor d' arte canora.
Che la P azjzja\C 07 ft' a vnaSauia auuetic
DalVetre di vna T * e [la e vfeitafuora
JNarr a Co fui, che la pazzia fen venne
Di vna Dona tbalia,Corte chiamata
Che in ojficio di Balia la mantenne % •
S oggiunge poi, che la Pazxàa [innata
Dal Capo di vn Poeta sì mefehino ,
Ch a pena hauea dvno Spedai l'etrata
Qfì manca il T etto intiero del Ldbino 5
Pero ch'va certo Sorcio maledetto
F ece il vero carettere tofino
In quefto F oglio [t Ugge imperfetto
V n nome d’ Ale JJandra,e f e rio sbaglia
Dice,A!efsddra a lui die Cafa,e leito
Mapar,ch'u altro Interprete preuagha,
E per lacafa,e letto del Poeta
Intenda vn Aleffandria de la Paglia
Qui comprender fi può , perc'han moneta
Pia de' P oetii PaXjfii) e perche refi
Fra Poeta, e Pazzia vario il Pianeta,
Eqn)
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l$6 Delle Frafcherie
£ qui concludali de* moderni i T etti 3
Che mancano ài Poeti i Mecenati, ^
Ma non mancano i Piladi à gli Orcfti ,
Narra vn dotta pero, fra i più lodati »
Che la primaPazzia nacque da* Numi
Ter che fatuo in latin nome ha da* Fati,
Febo fi* il primo pafi^o egli i cottami
Aiottrb primier d’infuriato Am atei
Quando in Dafne corriui hebbe i'fuoi
lumi . n
Dopo il diluuio il Sol le pazzie piante
JUtoucr s’vdi,perc*hauead’oro il raggio
Air atto altier d'vnfeminil fembiante »
Così d*Amor dentro ilfocofo oltraggio
Fi * la prima fio ltezza 3 e’l Sol che crea
NT acce f e poi tutto V bum anlegn aggio* *
Da la prima Follìa^ qual da vna Idea ,
Nacquer ne l*huom molti infenfati
ittintìy
Che non van le Pazzie tutte a liurea l
Da radice cotal nacquer dtfiìnti
N el tronco d'vn ceruel rami di mali %
Ai orbi , vfanz.e 3 dehtti, e l aber in ti.
Ter accennar le pazze Vfanz^e , e quali
Più ridicole mai s’vdir di quelle
Nate per non m or ir ,w ance natali?
Sorelle fon di Saturnali fefie 3 ( Quirino
Ch’anco in Decembre il Popol di
S erue de* piedi fuoifacea le tefte.
A le mance volgar 3 dtJfe vn Latino »
Die norme vn Huom , che in maneg-
giar l’Impero
Di Roma 3 riufcì molto mancino.
Que-
' Fafcio Seconda. i&7
a Qutfli Ài Roma quafirtouel Staffierij
Ordino che le mance , e ne fe bando ,
Gliportaffer de l'Anno il dì primiero ,
S*e conuertito poi l'vfoin comando )
pero vediamo i Natalitij argenti
Ne le nuoue Calende andar calando
Jldàfe i grandi pittati, haucan prefenti,
.. Hoggi turba feruti ne far apine »
Sì nel mar Cortegiangirano i Venti,
Come le Netti che su cime alpine ^
Da nube di Gennar [caricai* Anno,
Su le ba[fe Valee / corrono alfine •
Così l'alt e venture hoggi fi danno ,
Eminente Padron pria le poflìede*
Poi sù feccia di mertì àpojar vanno .
Vna volt a vn Signor à vn Pal^zo diede
Certa vntione odorifera datefta;
E'I pazzo humortofio fe nufeil piede,'
Perche , diceaje nei capelli ho quefia
Vattod'odor và in stufe a baffo mvnto
S'erge al nafo il Profumo : e al pie mi
refi a.
Così diro di quede mance appunto ,
So fatte al capo, e ver 3 ma il fiato loro.
Sul nafo dà perche pedeftri ha Cvnto
Ecco vn altra Pazzia , c’hoggi e Decoro
Chifà il meflier de la Segretaria
Dà buone Fette altr ui col fuo lauoro •
Dona quelle he non h à per cor te fin ,
Fà corti finger ejfer importuno >
£ prono fttea altrui. .per dir bugia.
Di
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a Suet.
>y Google
i88 Delle Frascherie
Di tutti i ben fa pieni i voti ad vno *
Mentre il mefehin di fimili preferiti
Pìu del voto Signor fempr'e digiuno .
Fa la rime fa di mille contenti ,
Quafifuffer le Stelle , vn matto dijfe ,
Delgrd baco del Ciel "Zecchini ardeti
JZ perch'a forza i vanì auguri fcriffe,
Fede non f "riffe mai,pari al de fio ,
Ma profeto quel ben, che maledice,
Fcco u altra fciocchezzau Padre fi Zio
Mi muore, e vuol l'vsaz.* delle Corti,
Ch'io vetta di Cottone il dolor mio .
Vorrei faper, perche conuìen, eh e porti
Veflimento da Morte vn viuo herede.
Se fi Spogliar la viua vefle i Morti ?
'E già che il Morto i beni f eoi mi cede »
Perche dee fcorrucciarfi il mioytftire
Se cagiori d'allegrezze altri mi dtedeì
E perche deggio in Sacrificio offrire
JL,a comprata baietta ad huo che mora
Mentre so, che non e baia il morire ?
Dirammi alcun , che copra tal s'honora
ha perdita del fangue>e non pon mete ,
Che i miei denar f ono il mio sàgue dco
La maggior parte de 1 humana gente (r a.
Più lagrima le fpefe,che la morte,
E perduto denar più che parente .
Ma vdite vna paffuta di vn altra f orte
Con fognar al Barbier mento barbato ,
Per comparir^qual Galcottojn Corte .
ha Natura col pel fenno ci badato’,
E par che T tìuom Sbarba/; quereli \
Qua fi hgra Bzcbarifmo m lui fia nato ,
Fu -
F afe io Secondo]
a Furono già fotte gl' Aufonij Cieli
T recent' anni le Barbe, e finalmente
Venne Sicilia amuouer guerra a peli.
Per guadagnar denari , acciar radente
La Sicilia porto\che tanto e dire ,
Bufcar donar ,come [pelar la gente]
Benché jon barba il Becco hoggi fi mire »
No mi dite, che pojjàn gli ammogliati.
Se gran barba han fui mento , honor
mentire. , *
Perch'io diro , ebefenza barba nati
50 anco i Becchi, anzi i babinC aproni
Nafcon prima c$rnuti,epoi barbati .
Dite pur cb'e pazzia farfi Garzoni
; Non d' e tà,nt a di peli , e doppio danno
Pagar Barbierie far di Lana i doni •
Viuon meglio le Pecore, cb'ogn'anno
Solo in Calende tepide fon tofe’,
E per premio al Barbier la lana daino
Si potrebbon portar barbe pelo f e ;
Ma da'Cenfor fi cjoìamertano ofeene ,
Già che fra i pel so le V ir gogne afeofe .
Selim lmperator dicea . Fobene
A portar fra i Miniflri il meto rafo »
Per eh' altri per la barba.non mi mene
E pur hoggi fra noi viuono a caf 7
51 polite politiche , che ancora
Chi non ha barba , menafipel naf 7 ]
Vna certa Pazzia Nafi innamora, fitto
Che nome hà di tabacco, e a mio giudi
Giada l'vrna dei mal trajfe P adora.
E me -
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i$p Delle Fraf cherie
E 'medicinale non fa mai f eruitio ,
Nofà fintino ,e a chi U piglia e grata.
Grata è per vfi vfafiper vitio .
A lordar Nafih e f aglietti e nata ,
f ero [cerner non so fe piu commne
A iNafi, o ai favole tti vna bucata .
Conte infuolpoluerofo ondofe vene
Piouon dai del ,cost dal nafo efclufa
- Snlapoluere fu a la pioggia viene •
S*a [grattar ilceruello vn buotno l'vfa.
Ragione non haurà > mentre fi lagna* *
Chefeggier di cerne Ilo altri l'accuf a .
lepre éola vn humor,cheil labro bagna;
Ond'io no so, fi magnilo cachi il Nafo,
O faccia colano» Nafo, che magna .
Ècco vn altro m orbiti ,ch'efce dal vafo,
*Vt fon certi h oggi dii ,v aghi di Nuoue ,
Che de le cofe altrui f ano vn gra cafo,
Sentir v or ri un vittoriofe proue
- In chi non vfa lor mai cortefia,
E in chi non l'odia mauperdite nuoue.
Mai non vider Monarchi , e benché fia
Da (cono [cinti Principi negletta ,
Li regalano ogn'hor di {impana.
Quàdo giunge tlCorrier vede fi in fretta
A bocca aperta vnfluffo di perfine ,
Correr quafi G adotti a la G aletta
Se la nuoua è conforme a l'tntentionc,
Crefcendù il polfo a le littorie fiacche
D'vna Chiauica fanno vn T orrione ,
Altre verrà con le fue Nuoue Br acche ,
Che'l Al arefciallo a prefe mille picche
. Cofei C omettevo Cor nocche Pam acche.
M- '
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- ... , ^ a[c io Secondo . r$r
dir a f he il Duca d’Ottericche
Ha rotti t Fami , * /* Caualltria
Col Camo la cap^a.che limpkckt
SejuJJe venta tanta bugia '
Sarebbe ne Bragbier la c /eretti* .
Ma fa per forte e ,nfa u fi a la Monella ,
Quel Poet a famigliano romito ,
C ha robbam eapo,e vota la [carrella
Meritanmuinfamrna Ubo, farmi.
Che ad Ohdogtadte Majlro Torquato
O non vift°, 0 mal noto.ò mal gradito.
Chifimofìra amater £ altri, o [degnato
Senza ragione e matto , e molto più
ti i o?f d> Ffra,chC' d Huosefo impattato
Jl Politic o e come la Firtu }
Chef* ’.condo il parer d'vn huomo , che
vPù dM ‘ Ct ^i ’ c " nl , rar ‘ e fatta fa . (sà,
rerbtgratta la Liberalità, 1
Che piu non e’vfa al mondo d'hoggidt,
„ Fr *!° Spilorcio, c'I Prodigo fi fa.
Il polttu o ancor fatto è così fa J
PfaÀdue contrari il Genio fuo di farete
F a fi mtrabil mente vn terzo chi .
Vnefempto vo dar, benché faceto,
• l vÌÌ'rAv tm Ci ] ia t [ em t** n**
r Fìii l tordo, e l far io fa Aceto ;
E pur fi vede, eh' a la mefaolata
D fa V*fa humor,che mai no fono vniti
J:??c, ‘de /Itali* flnf alita .
Magia che *dtr d'altri, cero ella rtt il ra
^h!tiÌi r 1> Kp0 fa ffehi vcrbl ‘0 "ur,
L infinite Pazzie ncglia&niti .
Sen -
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102 Delle Frafeherte
Setirgr a freddo^ sberrett are vn Carro
Di Caualier , che paffanoper vta >
■ E pigliar per creala vn buo cattarne.
Nel zir per firada, pretender ch'io dia
Precedenza di Aduro a le perfine ,
Mentre d'altri la Cafa,c non la mia.
Ne ponderar , che quefia conditone
Di prefi muro il Paffaggierno merta
Mentre dintorno , cheptjcia, epreten-
(ione . » /r
Non e (Ter noto ,& anhelarl offerta
. D'vn Signor Illuftnflìmo fui Piego ;
E'I Titolo voler , su la coperta .
Farei dijhntion [opra il fu (fi ego , ^
v Coperta ÀvnP^iZo, concedo , avn
ofeuro ,
jt fognar muM&mo lo nego .
SenZa maiftudiar tempo futuro
Goder tempo prefinte, e folo amare -
< Con Poptatiuo i modi d' Epicuro,
fra /‘infinito al verbo conjumare,
E non faper^be fi Declina il mondo,
.. Quddo non v'e da ber,ne da magnare
Tutto batter ne* piacer l'animo tmmodo:
Ne ponderar , che in dolce humor di
> letama
S'attinge vn dito, e non fi tuff a al f odo.
Emular per honor Cabbaio infame -i
. . Entro vn luffoghiotto,ch'oro difperde
Nel gusto altier d' ambinola fame.
Ne (aper,ch* ogni cibo ai fin fi perde ■ ■
\\ Dentro i Letami;* s'hà da Rege tfajth
Il Rege e quel,chefichtamauabmaac
Da-
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• Fafcìo Secondi 1 . j 91
Dare a lafamefua far didi pafli :
Per non far col rumor d y vn p agame to
A M oneta , che dorme , i fonniguaftì .
cr e fccr guadagnile hauer canuto il tneto
Qual Peltegrin y cbe sii la meta voglia
Proueder di viatici il momento .
In volontario laccio Huom » che s'am-
moglia ,
Imprigionar la liberi ode; e far e
Di C oforte Galeaf chiana vna voglia
Aiotar Pegafovn Huo 3 cbe maneggiare
Non sa la briglia : e creder fra i Poeti
Gir in Parnaf o:e poi per nafo andare»
Con fumar di fua vita i giorni lieti
Fra le guerre amorofe , e hauer fepolti
In T romba f e minti tutti i fegreti .
Spender tempo>cerucllo,e foldi molti
Di meretrici Arpie dietro gli amori ,
Cha mani occhiute acciceati i voL
Con affetti affettati hauer h umori (ti.
D'iuaghirD ame\e 7 far daGanimede
Puzzar d'Hkcaniatchaucr d'Arabia
odori .
Hauer gran Libreriajie porui piede
Per rtuederui a fuo profitto vn foglio ;
Come quelle* ha la Gobba^e no la vede
Comprar fperaz.e a prez.z.o di cordoglio:
P ere h'h abbia poi trai Cortigiani af-
fronti
Imbarcata Ambitione vrti di Scoglio
Meno Pigmeo , che mgrd fortuna moti >
Andar fuperbo, e no faper che i Nani
Non ponno effer Giganti fopra i Moti
I Ha-
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194 Dolio Frafcherie
Hauer Seneca tutto per le mani t
- 'Ne faper poi,quddo vna lingua abbaia
Che morde n folglifconofciuti i C ani -
Certe parole di tela C ambrata
. Moftrarnc le promejfe, e toflo vario
Far opre di Puzzol ,voci di Baia. -
Cinque offici) voler per vn fai ario ;
F per veflìr la pelle d vn P adronc j
Starfi disbumanato vn S cgretario.
Bandir fiafco da menf a* e a dtfcrettione
Star d’vn Coppier fiematico , e volere
Patir di fete per riputatone . t (re.
Ma fon pur pazx. o anch'io, meglio e tace
Par ap poco del molto e vna follia; 1
f . E f capi human fon di follie miniere.
Fra le Turbe ebep affano per via, *
Foche danno h oggidì faggio di fagge,
E chi fa daSznnucio,hoggi e Mattia .
O fortunate voi F ere feluagge.
Chef otto i Padiglioni de le S te Ile
Premetti Mat araldi de le piagge.
Tei fortunate Pecore, & Ugnelle,
Senna che la mifura vi pigliate,
Nafcete con le gonne de la pelle •
Sei del vi guardi d'ejfer [corticate ,
Ditemi in certefia,s'E[opo vuole , (te?
■ Qual perdita è cagion, che guadagna-
Chi non vifàfegutr dogmi ^f cole ’.
O shl di Corteft chi fu m voi cugtont.
Che cCtrrar,dipenar cor non fi duole f
Chi vhà le nata tanta foggettione
• D'aprir lo Scatolin de le Creanze f
Buó dì^uon*anno,e feruitor Padrone.
‘ ì Chi
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Fafcio Secondo . 19 $
' Chi vi dono fra le Cittadinanze,
la barba di tanti Galatei
Il paffaporto de le petulanze ?
E chi dieuui licenza^ Bruti miei.
Che per la via,qùdndo vi vien il hello ,
Senza tantjeicrewze ognvtto crei ?
Sbjche voi mi direte : e queflo,e quello :
Ma vi so dir , che'l voftro heneftf&t
• - Eia bella penuria del cerne Ito v •*
Che de l’Kuonj criminal Fifco è il Giudi-
tio. '
Qui prorompendo in ftraboccheuolc
rifo gli Amici , concordemente da Stana-
perme fi fepararono ; eciafcuno di loro
incamminoflì jn vn tratto dalla fua non %
lontana Magione à i ncoueri .
^ ^ ♦ ' * . , »
^ V * i ' • * . . . *
w i
Fine del Secondo Fafcio .
- * » • . i
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delle
FRASCHERIE
^ S C IO T E R z o.
; N Italiano Poeta foprano-
mato Telcdapo ; bramofo
di vagar da Vlifsepcr me-
glio vcrfeggiar da nome-
rò , haueua dopò il Romi-
taggio di tre anni, fatto ri-
torno in EfFefo,oue per lo fpatio di molti
altri precor fi nell'hofpitio dell’humanif-
fimoEgideargoviuutòs’era.
S’imbarcò da vn Italico lido Tclcda-
po; c come riferto haueua,per rimbocca-
tura dell’Adriatico Ceno approdò di Cor-
fù alle (piagge , Quiui giunto , volle of-
feruare i fiti , oue patì naufragi Vili se
oue hcbbegli horti il Rè Pheaco , c tolto
valicò verfo Epiro , paefe de decantati
Molofli , c c’hebbe dc‘ genero fi Caualli la
Palma. Quindi curiofo di veder gl'anda-
mcnti della Macedonica Corte peregri-
nò à quella volta , e peruenuto à Saloni-
-j /.?" - ' chi,
F * feto T trzjo l 197
chi, vi dimorò vn°ran tempo. Màpoi
de* corrotti coftumi della medefima nati-
feato,fe nè calò in Thefsaglia, vago di ve*
demi il porto dc'Pharfalici Campi, in cui
tuonarono i fulmini delle due Romane
battaglie ; e di vagheggia™ i’ctiandio Fa-
mene riuc di Pcneo, la cui figlia , direbbe
vn Romanziero , pame in quei primi fe*
coli vn* Aurora , nel precorrere con la Tua
fuga Forme feguaci d’vn Sole . Al fine sò i
lidi d' Armiro imbarcatoli, fe ne venne ra.
dendo di Negroponte leriue, e ne*confi-
ni dclHfola adocchiate le cime del Ca-
phareo moute, rammentoflì delle fiaccola
di Nauplo, che fù già vn inildiofo Faro al
naufragio dell'armata Greca. Quindi poi
trafeorfo FEgeo^e penetrato il mare , che
dal temerario Icaro hebbe il nome , ap«
prodò alle piagge di Effefo .
Era Teledapo vn huomo d’amenilfitna
letteratura, e vago non meno di veder
mondo, che di profittarli vagando . Per-
che haueua vna verfatile natura, nell’ade-
rire à i genij di chiunque praticauà feco ,
folca dire, che gli huomini di Mercuriale
eloquenza dotati, doueano rafsomigliar-
fi alFHermafcodito Pianeta di Mercurio,
che come gli Aftrologi difsero, è co’buo-
ni buono, cattino co’ cattiui'.
Non fomigliaua già coftui ad alcuni
fuagati Scioperoni dltalia , che dopo ha.
uer T auerne, e Città varie trafcorfe,altra
curioUtà uon riportano in Patria, che la«#
I 3 no-
195 Delle Fraf cherie
n ot iti adi, quei luoghi , it^eui goderono
con pari delettatione,ò buoni vini, ò ma-
le femine . Nè iimile poteua diri! à qu^l
tale, che dopo hauer hauuto grand’agio
di veder marauiglic in vna Città di mira-
coli 9 in vii miracolo delle (pitta , fatto fi-
nalmente ritorno àfua Patria , altro non
portò di nuouo,che k copia d’vn Madri-
gale , che trouò col carbone delineato lui
tnuro di vna montuofa Tauerna , mentre
forfè il Compofitore del mede fimo s’ab-
battè a pattar di là sù in tempo d’ vna fol-
ta nebbia. Il Madrigale , fe mal non mi
rammento, tal’è.
S apete T Ser Chriflofàno >
Perche de l’alto monte ,
Chiamato il Re di Cofano', ;>.•
- Spej]o nebbia fumo fa arma lafronttf
Lacaufa e.manifefta 9 ■ ■
Chifiàsìilegrande'^Cì ha fumo iti
, t e si a . w . ■ - v •
La vlftadi Teledapo fù grata cosi ad *
Egideargo, che nella fua Cafa d’Effefo at-
tendeualo,come à Rorazalfe, che l’haue-
ua nel fuo Italiano hofpitio fraternamen» ^
te raccolto vn gran tempo . Profeftaua^*
Teledapo vn rifpettofo, & immutabile
genio verfo la Virtù di Stampermej onde
■anch’egli trasferitoli itvvnp di, quei gior-
ni alla Cafa, oue gii amici fi conueniuano
diè materia d’intraprendere fopra le fue
trafeorfeagitationi vari) ragionamenti .
Era gli altri la relatione ch’ei diede , non
t * atiA
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Fa feto T erz v. C » i 99
meno delle vedute nouità* che de i pto*
nati difagi, fufeitò iii commuae yixquefi-
Codi tal tenore . S’ERA VTIXJRÌL PE-
REGRINARE, O NO'* c tvv
, Rorazalfe,che ^dimora toelJW&tr iau
difendeua , cofttrail parere di Tclcdapp ,
che il contrariofentiua* efpofe 1 fuoi elo-
quenti fillogifmi in talguifa . 5 . - .
a Quid breuifortes iaculamur atto
Multa f quid terras alia r nhnttt •: ,
Sole mutar» us , patria quiexul
« Se quoque fugitì ;n ' - •" :r ■ . , ‘
cantò il Lirico;. . '• a.< ; , * ,
Bramano di gir vagando? i mortaIi;nè Ci
auuedono , eh 'anzi d’cfporfi ad vn finito
pcregrinaggio , infinitamente peregrina-
no . Il desiderio , che folo fi pafeedi quel
che mancali , non è a Uro in noi , ch*vn_»
viaggio lenza termine ; onde i pensieri
humani affai più fremono di quei mari ,
che di valicare s'anhelmo.bSc andit ara*
tasvitiofanauescurafoggiunfcHovatio.
Che gioua all’huomo da 1 * vn Clima al-
l’altro la fuga,fe il defiderio, che l’accom-
pagna, non è vehicolo, da alleuiare alle^
-Tue agitationi à noia; ma vjia Sarcina, che
quanto più il graua, più veloce lo fprona,
più curioforinoltra ? S’ama egli da pun-
golo sì importuno liberarli, non fa di me-
ftieri,che altroue Ea;ma vn altro, c Nttf-
quam efrqui vbiqueefi. L’aiiinenza dVn
I 4 mul-
1
àoó Dille fraf cherie
multiplicc defiderio è così falute dVna-.
volontà inferma, come a fajhdientts fio-
■ machi efi multa deguflare , - qua vbt va-
ria Cunt , & diuerfa co inquinati^ non a-
lunt. I mentali, e corporali efercitij fono,
è vero, le armature d’vn Huomo contrae
colpi deirignoranza,e del Morbo; ma nel
diftretto d’ vna Patria nó manca fuolo da
feorrcre per la digeftiua de’praui humorj,
non mancano motiui ad vn’anima , che
immobilmente contemplando s’inalza . #
Qual maggior marauiglia potrà mai
veder altroue vn curiofo peregrino , che
tràlefeffured’vn domcftico pauimento
l’opere d* vna indù ftriofa F ormica? Que-
lla , che può dirli con Horatio bexem-
plum magni laboris » & non incauta fu-
r«ri,trafcinafeco infaticabilmente quelle
parte di riunita mefle , che pur fono mag -
ciori del fuo tutto .Fatta in vn tempo Ar-
chitettrice, & Economa, forma del fuo
granaio la caua;e quiui raccolte à fuo prò
fé raccolte altrui , ne rà conferua al futu-
ro ; Mentre c turbano i rigori d Aquario
il nuou’Anno, d ò raggio di vecchia Lu-
na non riluce , contra 1 vfó de i non fatia-
bili Auari , cdfeiido dall’inueftigar pre-
bende , s’intana ; ècoiil'efca che dinanzi
curtodita haueua>fcal crameme nutricali #
. Erga gli occhi il cuiiofaai tetto di ru-
nico T ugurio, e vedrà marauiglie , che-/
. ‘ fan-
a Se», b f$«r. c Hor . d Blina a . »
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• TdfbhTtrtfi\ # zo?
Canno tacere i miracoli de’ fuoi Obclifchi
ad vna Menfi . Qual mendico vfato à li*
mofinar cantando, con preci di cantilene
la Rondine chiede fui mattino nell’eftre-
ma tegola d’ vna grand’aial'adito ad vna
cella hofpicale.Quiui introdottali, confe-
gna airarbitrio delle humane domefti.
chezze il pentimento delle fue ritrolk-#
ftraniere.Pofca fenza arehipenzolo edifi-
cando , e fofpcndendo fenza puntelli vna
mole , che fembra hauer l’aria per fonda -
mento, forma col roftro alla fua volubile
poderità la fermezza d’vn penfile , ma_»
penfato edificio. Hor non fon quelli al
curiofo inueftigatore argométi baftcuoli
per filosofar della Natura,e del Ciclo ?
Che rilieuaà noi il vagare , per hauer
notitie ; fe le carte più ne infegnano in vii
giorno, che il Peregrinato in vii annoran-
zi il Peregrinagpio d’vn giorno vietai
fpeflo la lettura m quelle cofc, che bada-*
no a difciplinar per anni. L’inu etti gare
quel che gli Autori feriffero, s’èvcro, è
fu per fi uo; s’è fallo, è ridicolo • Che va»*
taggioè à noi ilriconofcere, 4 fe il Nilo
nelPcdiuo eferemento fi gonfi ,fc il Tigri
fotterraneo fen palli, e poi in cdrema am-
piezza fi dilani; fc il Meandro cÓfrcque-
ti tortuofità s’implichi ? Che profitta a
gli humani Ingegni il prouare, b fe l’aria
della Regione Attica è buona à formar
I 5 ta-
a Sente, b ti ut.
202 Delle Ftafchcfie
talenti ingegno#; efe’l a craflbaetfi éi
Boetia fà fiolidi .* e* per non tedi 3 rui con
le credute relationi degli Autori 5 che im-
porta à noi rinueftigare,s’èf 3 uolofo ò nò
b cheappreflò il Fiume Indo Fano collo-
cati due Monti, in vno de’quali , perche
hà coftume di rigettar il ferro , è neceflà-
rio, che ferrati deflr ieri velocemente tra-
feorrano : e nell’altro , perc’hà natura di
trarlo à sè , è fòrza che immobilmente fi
frenino . Vergógnofa curroFtàfù di co-
lui, à cui , cauàlcando per quello Monte,
fù necefi'ario ò il correre , per riferir no-
uella così leggiera, ò’I difeendere , per ri-
portar auuifo così pedeflrre \-aì ni»
Qual bene può rrarfi tifai, del Pcregri*
naggio/e leperegrinate cofe infeguaronò
AUi$ a’ mortali l r„ ’-t
cPrim* peregrino: ob.fcena pecunia mo*
v..: Tjei • . c \*«f ii\ .i 1 :
- Inutili: ->& turpi fregerut facuU lux*
z Diuitia molle: : •"* d*
JuiTùrae, & a' condimenti delle Golegl’a-
iòmati.ìFrigi co’ ricami, gli Attalici con
k tefiura d’oro , i Babilonici con la colo-
fata Sidone con j’oftro,il Perù co Rubini
il Golfo Perficocoii le Perle, fomentaró-
luote vanirà» e ^alterigie. .Fin Palamede
a Home, b Pii», c licun, :>•«' ,
cantò il Satirico* ■ ; il ’ • !.. bijp
- 4 . !Da i Pirenei peregr ino à l’ AuaritieRo#-
mane l’oro da l’Indie à aFincentmi delle
t*. f.àfbioT erzé\ lo}
non hauria cèda apprefo il mòdo *di meri
ter in ordinanze defchicre , & additatolo
à noi , per porre m di lordine il mondo, (c
le Grù non peregrinauano in ànla
Prima che Roma dàlPinfluflò dclle_»
Greche Barioni s’efFcminaffe,fi-i Republi-
ca in Gretia,che per non far contagio tra'
/noi de gli (trameri cóftumi , ò perche il
curiofoifuoifcgretinon inueftigafle-» ,
vietò il percgrinaggio,e Phofpitro . Sot-
to intcndeuano però gli Atheniefi la no*
biltà delle loro fchiattc nella figura d’vna
Cicala , che comediceuan eflì, nel Terri-
torio ou’è nata,mena,ecompiefua vita.4
Adduce Ariftotile l’efempio di moire-»
Città, alle quali recò il Peregritiaggio in-
fortuni j; ma fenza ricercarlo in elio , fap-
|>iamo bai noi quanti, popoli inuaghicifi
ielle Europèe delitie , per teftimonio de*
peregrini relatori , peregrinando poi da-»
femota parte à’faccomani delle medefi-
jne, flagellarono con Pire de i militari in-
cendi j Pinnocenze di moki Regni .
• ti II fumo della Patria è più lucido del
.fuoco de gl’altri Paefi;e nel godimento di
quella confitte la vitalità, e la tranquillità
humana. Interrogato Stratonico, che na-
rrigli cran piu tfeuri , rifpofe, quegli che-»
Ranno in fecco. b : 11 Rè Vgige chiefe all ».
oracolo d’Apolline , qual fufse il più for-
tunato del moiido^ifpofc,Poracoio,efscr
: q 1 6 vn
a jirijf, b * . .
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204 Delle Fr^fc berte
vn huòmo detto Aglaone,chefi viueuaJ
in Arcadia , & infefsantadue anni non-*
.l’era mai dal fuohorto allontanato vna_i
lega . Gli Vili , ò Zingani fon prouerbiat!
col nomedi non leali, perche dimorando
poche hore in vn luogo vi lafciano top-
pe,nonamicitie.
: f Quanti furono, che per curiofltà d i ve,
dere 7 chiufero le luci, e per riportare le
«otlrie de gli ftranieri ai luogo , ou’heb*
bero la cuna, trouarono fra gl ignoti (fra.
nieri la tomba? a quel Granchio apprefso
Efopo , che volle traghettar dell acque al
lido, cadde in preda crvna Volpejondcdi.
ceua morendo , Ben mi ftà, er’io marino»
e volli diuenir terrcftre. Terrcftre per
contrario è l’huomo 5 mà come fufse d’-
ambigua natura come il Cocodrillo , 0*1
Fribo , ofa ctiandio di fidar fe ftefso ì i ri*
fchi delle infedeltà marine, onde può dir-
li diiui, mentre nauiga , che foleua dir b
Biantc dei Marinari , che annoucrar non
£ deuono fra’ viui, nè fra morti .
Per iflimolo al viaggiateci giro de i co-
lerti orbi non è efcmplaie à gli huomini . *
Poifìam dire in tal fatto con Socratc;qucl
ch e fopra noi^ion appartieni! à noi. La-
rdi! ali’operation del Cielo il mouimen-
to , & imitiamo noi in gran parte corno !
noftracuna, c madre la Terra, c’hauer
fuole per f ua vitale attorie la quiete ; e fo
- jl pur ;
a E/op. b Plttt.
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FafcioT erXfi] 205 :
puf vagando , vogliamo imitar tal’hor^
le gireuoli inquietudini del Solfe, ram-*
mentiamoci, dille vn faceto Ingegnose 1
il fuo Percgrinaggio non può dirli lungo, ’
mentre diliefoli dall’Orto al l’Occafo , al-
tro non è, ch'efercitio d’vn fol giorno * _ :
' La vaghezza del vagare è vna foliadi.
Romanzi, vn errore da Caualieri erranti >
& vn prurito da Orlando, che al fine ^
per far pieni i Tuoi defiderij , diuenne (ce- 1
mo.
Le Stelle fide fiiron femp're più deli-
ranti beateje la Luna, come il più volubi-
le, & inquieto Pianeta . fù Tempre il Hie-
roglifico dello ftolto. Mutanti gli ftolti
Peregrini di {ito, come la Luna li muta; e
coi giro di queft’orbe foglionoi medefl-
mi calcul ari venti , e le pioggie alle loro
nauigationi. Altra differenza non verte
fra i moti della Luna , e di quei tali , che
per genio di peregrinare , lafciano in ab-
bandono le cafc, e le mogli ; fe non ch’cf-
fa,quando torna à rinouellarti à noi, por-
ta fcco le corna , e quegli quando alle lo-
ro cafe fanno ritorno, le trouano .
Qui con le rifalla con le commenda-
rioni di tutti,tcrminò Rorazalfe delle fuc
opinioni il racconto; quando Teledapo ,
che al contrario partito appigliato s'era
cosi cominciò a ragionare .
Prcn-
lized by Google
a Jrijt,
io 6 ' Delle Frtfcherie
I jRcndecòio, Amici, la difefa del Pere,-
gr maggio, già che/ua mcrcé,m’abbat-
to hoggi in Ijofpitk) , -agiatifTìmo per li
prefitti del mio talento; e perche nei vo- :
/tri peregrini Ingegni i mei Ragionameli*
ti faranno anche peregrinanti di piedi 5
mentre dalIVna crecchia valicandoui al-
l'altra , v additeranno , che non fon degni
di trouar meta hofpitalc nella voftra_*
mente , Dirò dunque in talguifa .
Ildeflderiodìfapereè il più ragione- r
noie carattere, che itnprimefse in noi la_*
Natura ; epocorilieuerebbe il feimo ;
quando da ghmpulfi del dedderio la po-
tenza del rapprender e non fi riducefse al-?
Tatto . Non è altrimente queft'appetito
vn Tiranno della noflra Immanità , à cui
debba valere di vendetta la priuationc-? %
ma ben sì vn Architetto , che forma d’va
rationaleedifìcio il disegno , acciochei
fenfi nelle operationi adcrendoli,la flruu
tura d’vn compiuto huQmo componga-
no f &iftabìlifcano. Se Tapparecehiar
quelle cofe ; chea vitali vantaggi fon ne-
cefsarie, e non meno effetto, che cagione
del Caper noftro a & à quello prouedi-
mento il fenfo della villa più attamente ci
conduce , farà vn protìoflico in noi dell*
hauer à Capere deli derare di vederc.coiw
grande argomento, difse Seneca, dell' ha-
uer a rifanarfì;e l’appetir rimedi j .
>». 1
a Arifi.
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^FtfcU TtrziòZ' . ' ioy
La ctiriofità d imparar leggendo, non è
vchfcoloàbé apprèndere, perchè h Scic-
za,chc da’libri fi trahe, è acqua di confec-i
uà; quella , che dalI'eTperienza derma ,
Fonte, a Le vedute cofefertipre più fran-
camente s’imprimono nell animo, che le
lette, che lefenrite; nè impafèrebbóno tal
volta g li h uomini da quel ch’è Scritto .* Cc
gliScrittori nò hauefsero peregriiiàtolper
afcriuere quel che noi impariamo. E cosi
certo,chc dall’efsere alla cogni rione fi va-
da, comeche dalia cognitionéall’efsere. -
* Gli oggetti , che tutt’hora «’apprefen t i
l’apparato d’vna Patria , non decano à fi-
losofar di Natura le nòlltc menti ; perchè
niuna cofòècosì mirabile, ch’ogntmo-
mentòr imirata * nonìfcemi à pocbàpo-
eoin nm quella marauiglia , checomè-*
difsePlatone,dalIa Filosofia nacque, nella
•guifa, che b Iride vollero gli Antichi, che
di Taumante,cioédelì*Ammiratione fuH
fe figlia. A ben conofcere tal volta le ve-
dute marauiglie d’vn foraftiero contor-
no ,o li ptouati agi d vn patèrno difèret-
tojfà dimiftien allontanartene ; perche ih
benènon mai compiutamente fi fee rne,fe
non quando perduto fi fpecula.* e la forza 1
della cognitionecosì nella diuifionc con.
fìtte, come quella di Amóre uel congiun-
gimento. c Malora credit de abjcemi*
0#/,difse Tacito. ; u . ;
' Non
a Firn. ìun. b Fiat, c Taci e.
3óS Delle Frdf cherii
Non ha dubbio, che l’ofscruar ftndu-
ftrie d’vnadomeftica Formica, farà vale-
liolc mczo per dottrinarci nella notitia
d el ramini r anda facitricc Natura>mà ben
fapremo negare a feorno delie incttic nò-
lire » che quefto picciolo Animale quatv
tunque non vigor ofo,& inetto à i trapaflì
di lontanoClima.pur a’ripari delle necef-
£cà future, non d’altra guifa, che peregri-
nando ammaeftràrfi . # '•
Non fi nega,che il ponderare l’cdincio
d'vna famigliare Rondine, non c’inalzi
parimente à fpecular l'opere d’vna proni»
da Natura; màchisà, onde quefto Ani-
male fi partì,e doue ritorna, haurà campo
di conchi udere,che’l folo Peregrinaggio
refe la Rondine faconda, ardita,fofTcr en-
te, domenica, indullriofa, difereta, e mc-
tnoreuole. .' L ' ■ i
I taléti humani fon come le piante, che •
traslatate da vn fuoio all’altro migliora»
no. A tal fine da Perfia fi trafmifsc a noi il
Pefco, da Soria il Cedro, d’Armenia il
Meliaco, da Cidone il Cotogno, da Car-
tagine il Granato . Non s’ineftcrcbbono
horanc'noltci hortì quefte piàte,fcnó pc.
regrinauano da gli altrui lepiàte h umane.
Qual vago di fapere è fra noi ,che non
benedica a il pafsaggio delle lettere dalla
Fhenica? Chi amareggiate hà lclabra,
fhc aó lodi il primiero tragitto b dc’zuc-
cari
A Lue. b PlÌ9,
T afe io ‘Tèrz.o. 20 ?
cari dall 'Indiche cannamele? qua! biliofo
infermo è , che non commendi dalla a
T artara Tangut del pietofo Reobarbaro
iltrafportamento.
Pouero Mondo , fe i prouidi huomini
non auuenturafsero co* trabalzi delle
merci l’aumento delle facultà humane .
Barbaro Mondo ; fe i mortali nelle patrie
tane infeluati reputafseroornamento del.
la fpecie nolira il farci efuli dalle foci età
foreftierc. Incfperto Mondo, fenclla_*
fola pagina d'vna campagna paterna ere-
defsero i curioii d’hauer ben intefo il
contenuto del libro della Natura. Scar-
te glorie fi darebbono da noi al Fattore,
fenon d’altro , chede*nofl:LÌ acquiftifc
gli intonafsero le lodi; fe nel trouamento
delle occulte cofe non fi rauuifafsero co- 1
sì induftri le fue creature;fe da teftimonij
de’ trouatori Nocchieri non s'vdifsero
1 antiche ercatiom di nuoui Mondi,
ì E 1 vergogHofo il ranm’cchiatfi,per così
dire , in vii angolo di muro , à chi è nato
per veder il Sole, ch’àgli habitatori di
cpialunqueCIima in (labilmente s’efpone.
h poi, come può dirti viuere chino pere*
«rina,sVn Peregrinagli o è ia Vita ? Non
fi nega,che ponderato il tranfito dVn’anj-
ma , non fla parimente vn peregrinare il
morire ; mà non fi negherà oltre quello i
che vn* Anima benperegrinante non hab >
bia
a Or tt l, ' , Ì.
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no Delle Frafchtrie
biain hofpitio il Cielo; anzi quella in fa-
tiabile incoiknza della noftra Immanità ,
che altro è ella,diceua vn Rèfauio,chVii
Peregrinando della nodr’anima immoc-
tale? la quale, come Torta di la su, cerca.»
Tempre, e rruoue vie appctifce; nè prima fi
raccheta, ch’alia Tua patria non ritorni . I
cadaueri foli non peregrinano;ma per gli
honori,che danno loro i Tempi j>eper lo
propugnacolo d’vna corruttibile materia
non difdegnanofrà le condotte de Viui di
peregrinar i ballami dalla Giudea» e gl’in-
ceniidaSaba. ' : ) • " ; .
Il viaggiare comporaegli animi, deflaT
membrijinflruifce le mentijauuentura lé
fortune.'
a Fin vn cieco Poeta, che di peregrinare
con frutto incapace, per formar la vera-»
Idea d’vn prudente, in agitationc di Pere-
grino lo linfe ; Si deuono, inammaflàt
vantaggt di Virtù , imitar le Api , che va?
gandoanch’effe trafori, per Cucchiaie i
più atti alla compofitione de’ioro liquo-
ri, e di fporli ne’Faui,ii può dire, difle Se-
neca,^ che non habbiauo la feienza da far
il mele,màdi raccorloT politica da Mo-
feouita non permettere, che i Cuoi pere-
grinino, acciò che allettati dal diletto d^
yna libertà edema , non fi {-ruotano da*
fuoi dominij tirannici il giogo . i
SonPald.tr e tal volta di rincrefceuolì
ri '
a Hom * b Senec %
FafcioT crzfi . 3Ji
agitationilc vie de’ Peregrini : m'a fc gli
huomini nonhaueffcio materia di doler**,
fi, onde nafeeria la Fortezza jSe la Natura
ci apparecchiaflè il tutto , che ci prepare-
rebbe il Cenno ì piuaggrada alla Natura ».
& al CenCo vn ripofo , che alla fiacchezza
fucceda vn efea, ch’ai famelico s’apprese-,
ti vn calore, ch’ali afliderato fi preparici
quel che facciano le piume agiate, per
adefearui la ritrofia d’vno Conno, vn cibo
lauto, per deftarui i pruriti d’vna addor**
mentata fame, vn acccCo focolare, per far-
fi feudo contro le trafitture d’vn rigore
auuenticio . O quanti Catia l’apparecchjQ»
di vna menfa Siracufan3,a*quali imprime
appetenza la parfimonia d’vna cena d*
Hecate.il patire impaflìbili ci rendere co-
sì Tinopio fcuote le torbidezze , come la
Pouertà erudifee le menti . Anche Alef-
fandro peregrinò in guerra; e con i’hauer
dilatati i Cuoi domini j fin alla cuna del
Sole patì alcuna volta di gelo. E vn gran
malejdifle B ione, non poter foffrire viu
male .
Quell’ AfiaticheCittà hanno hoggi del
Monte>e delio Scoglio,* cui Popoli più fi
motteanò col Forettiero inciuili,e rubidi
nè bada loro il dice, che per talento di
mercature in vari) confini s’aggitino;per-
che si fatte indullcie{ad altro non tendo-
no, che à bilanciare di che valore fiano le
monete, non gli huomini: ond’auuiépoi,
che fimiii trafficanti fanno conti non d
2X2 Dette F r afe h erte
tentò , fottrare numeri, non fottrarfi dal
numero. Deuonfi cortefemente racco- -
gli ere i Forcftierijperchel’vfo della Hof-
pitalità non folo contraheuafi à vicenda
frà i noftri Antichi ; ma non difdegnaro-
no etiandio gli Dei di far/i prefidi de*-
commerci hofpitali, e di trarne i nomi .
Giouò molto all’aumento del Roma-
no Imperio , che Roma fufse aperta à gli
ftranicri, & a’nemici . Le buone Arte fu-
rono per lo più da’peregrini infitte ;
molte volte, per l’integnamento d’effe , i
vinti furono del viucitore i Maeftri .
4 Greci a capta ferum Vtttorem c*pit,&
artes
Intuii t agrefli Latto .
cantò il Lirico. t ;
f Infomma,ouc libero fi viue,iui è laPa-
Cria, diceua Pompeo-, e chiunque della-*
propria , 6 per motiuo.d’clettione , ò per
colpo di re a fortuna diuene priuo, haura
l’arbitrio di feiegliere fra l’altrui la me-
defima ; perche al Sauio valed’habitanza
ogni fuolo . Pochi furono in fua patria-»
graditi, e pochi s’vdirono chenauigando
all’altrui, non trouaffero l’aura, ò la mer-
ce, .
Interrogato vn Marinaio da vn Preci-
pCjS’cgli haueua Padre , rifpofe , che s’era
annegato in Marc.Chiefeli dell’ Auo»e re-
plicò il medefimoj de’fratclli,e foggi unfe
che
a H$rtu
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, F*(cU Terzo, jiì
che t erano parimente Sommerà ; del che
marauigliatofi il Prencipe,col tenore del
feguete rimprouero il Barcaiuolo rìprc-
fc . E voi fiere così incauto nell eSempio
de gli altrui rifehi , che pur feguite colli-
temente le nauigationi d’vn pelago , alle
cut ingordigie corre, come tributaria a
dar efea la proSapia voflra ? Ritorcendo
1 argomento il Marinarcfco Idiota,con la
fauieza di coiai detti ilPrcncipe Maeftro
conuinSe. Ditemi Signore. Voftro Padre,
v0 ^ r ° Auo,e Fratelli voftri,oue moriro-
no ? Il Prcncipe Sorridendo rifpofe . Cia-
scuno a Suo capezzale mori ; L voi, cou-
cniuieil Marinaio; perche nógice à pro-
ueder le membra voflrc d’Alberghi ilra-
nieri , cessando homai di premere quelle
piume domeniche , in cui Sapete c’hanno
ratto 1 .e (tremo Sonno i voftri Antenati?
ootrointedeua in cotali parole quel roz-
SagS h ^ orte vgual piede picchia
1 1 alagi, e Tuguri, e che nulla rilieua , il
mentre
co moti delie mondane aure é pur forza
che dai mare di quella vita alle riuiere d*
Uccidente approdiamo. Quando Morte
vuol assalirne , anco in mezzo à i Tiuoli
e la Sardegna, diccua vn Poeta della Spa-
Pcregrinino i liberi huomini , i forti ,i
miSen, idouitiofi , e le Sole Donne , à cui
il magiftenodclla caSaappartienfi , fiano
quando a peregrinar Se n’eScano, prouec-
biatc
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2i4 Delle Fraf cherie
biate di Udite , & al feflTo loro , conforme
ideila Luna rafiomiglinfi.La Donna non è
mai più honeftamente fegreta , che men-
tre al fuo fpofo è congiunta ; nè mai più
vergognofamente è palefe , che quando I
'peregrinar slncamina ; onde pofs’io ra-
gionéuolmente conchiudere , la Donna
effe r Umile alla Luna, laquale , fin ch’é ri-
tirata col Sole,è inuifibile,e quando à va-
garcomincia, hà le corna ,
QuìTcledapo al fuo ragionameto diè
fine, e non meno à lui, che à Rorazalfe, fi
bisbigliarono concordemente i plaufi , c
le commendationi, mà richiedo T eleda-
po, à narrare qualche giocondoacciden-
te de i fuoi Peregrinaggi trafeorfi , pregò
Egideargo,che recitar voleffe vna Satira,
datali poc’anzi à leggere , in cui Teleda-
po,métre in Italia trouaua fi, gl’incomodi
di vnfuo diurno viaggio da Roma intra-
prefo , liaueua giqeofamcnte ritratti ; in-
tendendo forfè, di emular con efla Hora-
tio in quella infulfa Satira del fuo cam-
mino da Roma à Brindili; ò Lucilio in_*
quell’altrafua, pur da Roma al Faro di
Melfina . Onde Egideargo, dato di piglio
allo fcritto Componimento, che traheua
feco,ne fa à i curiofi -Amici vna grata cf-
preffionc di quella forma «
IL
✓
I L
*15
VIAGGIO
. S A TU R A. .
V ’ A"
A Ltro piacer, che viaggiar, no trono.
Chete fortuna ha inji abili le piante ,
Non la pojf ? arriuar,Je rio mi muouo .
S ol moti hà il Afondo . Il Ciel fempr* e
vagante ,
Il vago del jlimola ì Venti al moto »
* A moto d' Aurati Afar fa/t inco fiat e.
Vn incollante Afar traggo tl Piloto,
Seco il Piloto trahe Remo -, e 'Timone,
Remo, e T imon maone vn a Barca al
nuoto .
Chi vuol farfi cantar, lajji il Cantone ,
’ Nes' intani a cantar d'Orco le fole ;
Già che de l'Alma e in noi i occhio il
Balcone. * - f > *v
Che gtou a in cafa hauer norma di f co lo •
Se in Gener feminin noflrifcolàri -
^ Scolano il fen, per generar la prole ?
Trottano in fui natio fòio i Somari ,
Prouido è forchi le Proni ncie ha fcor-
te,
* E Tale ha Col, chi nauigati hà i Mari .
Chi fuor non efce , e debole di forte , *
Che infentir mentovar Golfo Ideiate,
' Fffer dirà Golfo lanciato vn Forte .
. „ Parrà
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li 6 Dell e Fr afe furie
Parrà colui , ch*vdendo nominato f(ra,
Doncberebe in oc enfio di certa Guer -
Diffc. Affé, che Do» Checche è vn
gran Soldato.
Geografo di carta , e non di terra ,
^fermerà, ch'vn falene di Capanna
Da Polonia lontana è V Inghilterra .
Fiume dunq\ varcar Scender montagna
Rifa lue, evfcir dai Citt adite confino ,
Già che inalza ipuzzor l’acqua che
ftagrja. ,|
Non e mitea meflier da Palaci»* ,
Star con la Pala a /fumicar Carboni,
E non e camminar flarfi al camini//# .
Cotaijurono in Roma i miei fermo ni >
Quado bum or di vagar fittomi intefta ,
M'affazjJonai diCopagnuol calzoni.
Qui mi feci vn vefìito in Fèria fi fi a'.
Perche* l f etimo di di fettimana (ì la.
T utt*i M er canti miei guarda la | Fe-
Fti tra fet a fra fiatale vecchia lana
Vnfagottin di\prouifion Ve fiali:
, E jibra vi fcriffe. Franco di Dogana?
Poi qual C or r ter de* miei finiti mali.
Mi fi inalai, per hauer forte in felle ,
Gi à c’han forte hoggidi fol gli Sii uaii .
Se lo {Iellato fpron regge la pelle
D’vno Stillai ,non faran cofe Arane ,
Chcd’vn Stiual fian prouide le ftclle .
V tder già non penfai d'africa tane ,
S apend'io ben, quante in Italia (tanno
D*inefto adulterin Beftie ^Africane •
Ne
Pafcio Terzo. 217
Neper Frondai 0 Capigli a errar qual^
da' anno .v . . ( w 0 y
'' JHetr'h oggi per le vieE emine io ( cer-
che perdendo Ca (tigli* , in Francia -
vanno . v • (no,
N on di veder t'vn Fiume efito ha Infierì
S’ altri dal Parad/fo ha la caduta ,
' S'Egitio Nife erga di fiate vn Verno*
Se chi bene il Clitorio , il vin rifiuta,
O fe ro fica ferri il Ciprio T opo.
Se Rana ferife a fempre fla muta .
Non di veder del T eranneo Canopo
Il fuol la fciuoi'o in 1A biffini (iti,
* Oltre Altana, e Quiloa Congo Etiope»
Non curai di veder Nubi, e Nigriti,
O là di Libia a la deferta banda
Gli arficct G*ramanti,e i T rogloditi*.
Non d'ojferuar la mercantile Olanda ,
O trofie or fo il fiuol Angle, e loScofizefe
Gronnia , e Ftnnia veder, girne al'Js -
- landa .
Non curai dì mirar tutto ilpaefie
Da U T ar tara piaggia a l'Indiana .
Da l'Atlantico mare, al mar Chine fe
NonC ataio veder, ne Mangiana,
Nè colgran Quinfail' Imam , e i fieri,
Ij^jS^fidfhtH iperborei^ l'odatìirca
N 0 di calcar de’S armati i sentieri, ina
0 qual Ruggierf oprai aereo calle
Pajfiar fra t Ruffiì , e tnapajfiar Pomeri,
Io non f rno Htppografio , e non ho siali e T
Se volo m carte , in su le vie vb tardo ,
1 ere ho pet?nf a la mà,non fu le fipalle
K Al
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ili Delle E rafchcrie
&il Poeta il Eronxin manca» c'I Baiar fa
E fel Carro hd E ebeorgii affi so guafli
Perche Infame fua vi maga* il larda
Ite ber fa io non haueafpirti st valli ,
Chetrar foteffi a /pinta eli moneti
* Vna pifla di volle a tanti papi »
Aiibafl ' ah a d'hauer piante inquiete ,
Quitto batter fuole il Sol lago il camino
Quado verfo Tor/w marcia d' A Riete.
Vitto laurei quel paefe»il qual fupitio
Si sloga in mare » e l’iAppemnjfli forma
Bottoneria al Gabba,? Alpe ttCttfcino •
Qui può ttampar peregrinante vn orma,
Chi hauer profeta Italiane impronte *
Cid che V haliajhd du Stiual la forma»
Quando le mie bazzecole fur pronte ,
Prefi vn Deftrier » nel cui denoto collo
Era vna corda , e vna cdpana ifrote •
Jnuoco berte C auallertzzo Apollo ,
Ch’vfatofei là per l'Aonio vallo ,
S oprati Pegdfo mio far caracòllo •
Fatti conìo,chor,hor monti a cauallo ;
E a la partita fua /proni il Ronzino,
Narra permc di fua parti/* //fallo •
Quello Ronzini videlicet Ronzino,
Giulio non e,mafette volte intoppa ;
E pur nome ha di Giulio buon latino •
Non ha di lingua intelligenza troppa.
Intende fol,quel che vuol dir , Stà lì»
Aid no sa poi quel che vuol dir, Galop
T ratta di tratto tutto quando il dì, (pa.
E / io f vuoto la briglia , e dico no *
Ali balza il capo, e mi fa dir di sì .
Erd
Frà 4 i„ er r, Tfz.o I 2
»^tS&SSg&-
tes
ufdZZ*" 0 :,':.., .,
^mP 0 d ‘ fen ^AoriP P ‘ Sl,a
*f u Jftjnai ^ penicene Lucerne
Vcniffe affjth ' 6 fP e ^nche inferno *
■ 0 ' '‘SSì/flrPlZ**', °" n 'M'rr»°
Io t v k» A?j- , h e ai plebe* Timer yt,
£«WH*ZÌ?JZbtZ m °/ erni
c ne non s wcauernL
K . 2 /v
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%ÌÒ Pelle Prafcberie ^
fer mofirar cbe'lfuo pie male badi calli
Muover non ofa maipaffo con fretta:
E eon ragion : perche le vie fon calli .
Se pifcia vn bora il V etturin l'afpetté ,
Pereti a ragione di Diminutivo
Tato e vn orina al fincato u oretta •
Chi hà mal di pietraie in ormar tardino ,
Pero tardi fen va ; pereti auuerf aria
E affi ogni pietra al fuo pedeflrearriuo
E in ver di Pietre efperien^a hà varia ,
Chor mi dona di afpi'o; h or far gli ag-
grada ,
Giacinto in terra# Caìccdonia in aria
Non muove pie# ti ad intopar nonjv ada>
Ne troppa mai, che fdrueùolt no faccia
Ne fa fdruccioli mai , che non ne cada •.
Non cade mai# ti io fono lui non giaccia
. Non giaccio [otto bui, ctiìo non m am-
macchi:
a E pur direi, me il ver di falfo hà faccia :
Pregoti, Apodo mio , che non ti bracchi.
Che (e ben volontier prenoti orecchi >
• Non mancherà fra noi lingua che-*
graechi,.
Non bafia nocche nel cantar nonpecch 9
Me tre al modo veggid T urba d* aloe chi
Che per tutii C amen fiaccano i becchi.
D tratti alcun# he i tuoi penfierfo ufcioc - .
chi\
E dar atti cagion , che in f w gli ficchi
b Materia da coturni, e non da Socchi.
Ea-
*.*••• V. f *
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F afide TtriLo. , ili
Inficiali efin la fier sacche V impicchi ;
Che da qnefii cernei drama di fiacche
>* Non cauerefti mai ce * tuoi lambicchi.
Meglio e jW in? indo tuo,tit Cabbalucchi
ì E eh* à finir quefio Piaggio firano ,
Colfaper di mia Palla ». Apollo io trucchi
Me tre horafermo,et horcel p affo pianti
Reflringendo me fi effe etro il mate LI o 9
Sul dorfo io già del mio Canai Sciano
D*vno pioggia fattil, come il capello ,
Sopra il mio Capotai vena filli atta ,
Ma poifefji Marino ance il Rufcello .
F eoi fdrucciolo tal dentro vna catta, \
v Chel capìtolo ancor ne fià dolente ,
* E guai a mè,fe vi face a 1 * ottaua .
M emre cade il Cauallo y & io repente -
/ faccorfi del Calchiamo anhelante*
Biaftemmail Vetturin?che no hà nietfi
Kompicfilli al Ronxjn prega F or fante >
Nè confiderà poi la conjequen^ji,
- ■ Che fe muore il Causilo, io refio Fante
Cosf mentre veglie la mtapatienz^a
v iA confu fione ad infufion condotta ,
Ne la mollitie altrui fo penitenza-
StfipeXtjcr due Corregge in vn a betta \
SiC lVaiigin,mà quàdo vnc..è frate >
Stuper non fife la Correggia è retta .
Tur gridando? & oprando io feci tanto,
CÌC a le miferie mie trouai fi occorfo ,
Mentre i molli Calfo» fiiìlauà piato %
lAlfin tornai del mio Cauallo al dorfo,
/Vi on dipajfo Chinea^ma di ginocchio.
Barbare di co fiumi , e non dicorfe .
K 3 E
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ta* Delle Fr afe berte <
E quado il S ol dètro il fuo rado cocchie
* Si ritir aua in camere da baffo ,
Ter che fentia certo defeenfo a Tocchi*
B fogno hebb'iojanto era inferno orti affo
T rouar Guarino, e Dante altrui moneta
Da Boccaccio magnar, dormir ^iTaffo
Tur come piacque al Ciefgiufi ala meta
E con filo fo fa pouera,e nuda
Trouo gli fitttariografi il Poeta.
Non hauea tal piacer l Orca d*Hebuda y
Quado al confin de la marina G rotta
Vn macello vedea di carne cruda .
Quoto rìkehb'ìojnc Parriuare à vn botta
Ne la qual mi fentia pronto a pagar e y
Ter far pago vn defio di carne cotta *
Mi fé gran corte fi a ne lo fmontare
L*Hoftc,contra l'v fianca del***
Ouefol cortefiafaffi ..
E perche vn Hofle entro Thoftile bottello
Suole TobiigofuofarC&mct&fiOi
fofio in Camera mia ttefe il manie Ilo»
Quefta fife,quando era Sillabe Mario ,
7 * ante in vifta era antica,e fui Catone
Se /fuperfluo non fu, fu il Necefsario*
Era vna ceda in ver dadtuotione y
Che fin dal tetto vna vento fa voce
Mi mandati a del Ciel Tifpir ottone*.
Uhauria fuggitati Diauolo>che coce y
Perche nuda di tela ogn' impannata
Su i legni de i telar feopria la Crocè*
Farmi intanto iovoleua vn afciugata\
Onde THoflier mi riconduce in Sala%
Che la Crufca diria la Camminata.
: ' Qui-
J7 *' ^'farbjndo
ftta t6gndAÌ(mcntre **^ „ /r- *
Uvlnì/X*”' ?t‘“ ^rdjprtfu '
S “>i“ ?»uro imCd* c a tS u ^
£ già che vuoi così sS Sl
wZ&izB
Q»ìfri •
jm0w-
Ch-arfi 7 dJno fi fZU e \ nlt ifumo >
Coumo in vitìJérliZf ‘balsamato
Sueft’vn/o Piracmnr, i K l 0Cnt ^>^‘ Vnto.
y» /•incudeX|±n “bbruggiate
Qa'fti hJfJShn' ehe ty’»*"- '
1 4 /A»-,
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<aa 4 Delle Trafilerie
Hor, [e vdia del cenar l'hora vicinai
Y . T ir ar face a dt Spofo Gallo il collo 9
ji cucinar pone a M adr e Galiina.'
Quegli tal'bor mone vn bel ballo al bello.
Et hor lajfai'aleffb, e l'offogiita,
, Rafchia pelle, fàpalle,arro$le pellt.
Hor fatta ha fetta y calo Scbidonl’ba
fitta, . ; ' .
. Hor tien pala , augel pela , e in pila il
caccia, , (f ritt *' s
Hor de' pefcivna frotta in fretta ha
S otto tl Ca win , s' altri a l'insìi s affaccia
V e de inuentton,da raggirar S c bidone,
. Senz^a vn aiuto minima di braccia .
JMcntre a la fua paterna ragione
Il turno [ale atro vapor cocente
j Fà vna laflra.cbe ìcotra, ddar girone
M none qu (la di par ferro pendente,
E al ferro al piede lo fehidone eretto 9
Volue in rota dentata efea di dente .
Oh de P human f aper parto negletto ,
Per cuocer l'efca a iforajlier budelli *
Delfumofo vapor (affi vn Faletto ..
Hoggi effetto, e cagion femh^an fratelli;
Nè fia ftupor,ch’al fumo efea fi volti*
Se fumo d’efea ancot volta 1 ceruelli .
JJHofle intanto trabea cibi non molti
Su menfa angui ! a : e d' ognintorno
batteri
Su dura Panca i Pajjaggier raccolti,
T)i N affare io, di Malua , e Dragontta
C omparueyn Infalata purgaHua >
Buona da etrar, donde fcappar danesi»
v *
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' F afri 9 F erfà . ' 22J
OueB * vn ceri Olio torbido sondi uà ,
«r ^ Che s’era Oliua,o no, Rettidubbiofo ;
Ma poi [enti, che veramente oliua,
: Comparite poicerto Cibreo brodofo , V
Do uè il Salatone ri Fumo tua del parò
Perch’ogn’huomojc’hà Sal,fcmpr'è fu-
mofo. •
: F utiifegni del graffo in fumo andare :
E*l brodo fuo potè a feruir di fpecchto ,
Che febefutno hauea, tutto era chiaro
Fofcia u Follo adorno l'alto apparecchio
Ala ben torto conobbi a V imbroccare.
Ch'era morto di nuouo,f?r era vecchio
Era più duro affai de l'afpettare :
E volendoltencx per vittouaglia,
< M ai noi potei teneramente amare . ,
Quindi impar ai,quato ejfertriflo vaglia ,
per non cader de lagiusiitia in mano:
4 S'à vn tritio anch'ignori potei far
f taglia .
Certo arr ottetto infìil da Cortigiano
Caparne poiima mentre iofea da Boia
v T fonai ne l* inforcar [angue T rotano
Onde gli 0 echi m'empiè di cruda noia
Crudo boccon ; perchè par e agra cofaj
.Che no fife abbruggiato,f/«^ Troia.
Bafla però, che in arrabbiata prof a ,
Pria d'accoftarleggeManilta algo 7 j.§
Far voi fin Verre vnOration famofi
Su principio di ntenfa in Mezo fozz.o
Venne vn putente vìn,piU che potente
l'armonia d'vn Strolffator fin *
ghiozzo .
K ; Qite-
by Coogle
D
22 6 Velie F rafie hérie
Quefli orina pare a de le Giumente ;
Adà, benché fujfe alquanto torbidetto*
Adi fini di chiarire intieramente .
L'Hofie l'hauea pergenerofo eletto ,(no;
Ada t nuouafr afe era gagliardo il vi-
Perche il gagliardo ac or forte viedet -
Jn conclufìon,per mio crudel de fiino, {to*
In carne in vin su l'affamata gtt erra
Nonfei Trincierà; e no toccai Fortino
La Notte homaide'neri pa]Ji,ond era »
Fatti hauea quatro,edipapauer cinta
T rahea Morfeo da la CimeriaT erra
Quado aperto il G tubo ola Calzji f cinta »
L'infame ardir de la mia cena trifia
.A Dormitorio rio diemmi vna fpita.
Fole a l* H ofie portar lefi a la Ufi a, (rare y
Ma qudd il huo vuol gl' oc chi fuoifer~
Conto non vai per contentar la vifia.
E a chi per tempo affai fi vuol leuare,
Suegliator delaborfaè il Creditore,
Suegliator de la tetta è hauer da dare •
Onde i Conti lajfai.cont ai quatr* bore 9
' - Quando le membra mie furo n codottt
in nero letto a ritrouar l albore, fio
Vi (fi allhorjra mefieJfo:Oh quante dot*
. Pa lone fon,chc tuttofi giorno ha leu
Enó ha Letto poi di mezza notte, (to*
V vna dura cerulee era il mio Letto ,
Hauea di pel eaprtn fcorzjt lanofa >
Paglia auafjeta al' A fìnin banchetto :
Qui tr à fiori di fpigo,e fior di rofa (ta 9
Fit dc'lcnzjtol la biancheria condut -
Ad àpi ii tofiofapea d'herba fcabbiofa .
• - . La
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F afcio T er^s \ 227
2,4 tela loro era s) firetta , e firma
Che di buccata vfcir tojlo io pe rifai ,
Perche la tela era buccata tutta .
Pur f offrì , chìuft l*vf :io,al letto andai ,
jCti fcalsuti 3 mi sbraco ai> foffiai nel Ite»
< me y /
Aii t affai ànice hi ai, ferrai mìei raì ;
Ch’à ftaco feno anco i Mattò fon piume .
Rife non poco la Brigata della faceta
Satira, letta da Egideargo : e parendo pur
a Stamperme^che Teledapo recar poteffe
altra pallura alla comunecuriofità,con la
narrati uade’riti di qualche Prouincia_*
Europea , Pinuitò di nuouo à dar alcuna
notitia delle Corti daini praticate in-r
cammino.
Airinchicfta di Stamperme , forfiden*
do Teledapo, così incominciò à dire-
T Vtte le Corti, benché di téperamen-
to varie fon forelle:*e Luciano,co*
me ben ofleruato haurete , fotto vna fol»
imaginc n’apprefentò i perfetti delrnea-
mentidi ogn’vna. Le Gran Corti però
della noftra Italia fono così atte à dar aU
trui buon efempio , come à trarre in sé le
commédationi di quei curioft, che le mi-
rano: «fopra tutte quella di Roma, alla
quale, come à C apoefemplaro per virtù »
equità, e culto, par che muoua hoggi i
fuoi piedi peregrini vn votiua Módo;ma
già che hauetepiu di mè vn antica , e di-
K 6 iti 11-
a Lnc,
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* i5 Delle Fr*f sberle
ilinta contezza dell'Italia tutta , & io Vi
vedohoggi curiofi d’vdir nouelle di paeli
più ftranieri,e che di derilioni fiati degni,
contentateui, che Colo della Macedonica
Reggia, io vi narri confufamente quel
poco , che mi rammento , per atteftarui ,
quanto batta .
La Corte di Salomchi è vn Mare; per-
che molti Fiumi , che dinanzi nelle loro
patrie origini erano farnofi , quiui intrufil
perdono la natura, e*l nome .
v Chi v'entra humile, è forza vi crefca_#
orgogliofo; e chi non s altera per propria
natura, cambiafi per l'altrui efempio. a
Non ego awbitiofus fum;fed tremo bitter
potè fi viutreA itte Seneca di vn altra Cor.
te. •
Là Città,ouerifi«de il Pcencipc, par c*
habbiail Carneuale tutto 1 anno: perche
gli animi vi ftano Tempre marcherati; mà
dirò meglio. Tutto l’anno v’è la State;
perche ogn'vno vfa di trinciar i panni
adotto al Compagno. Sirio vi latra fon*
T>re;e gli huomini pur che habbiano orn-
erà da ripararfi , poco curano , che fia di
Torre,ò d'arbore^ anzi ftuuienc tal’hora ,
che vi fi litigai l’ombrad’ vn Afino , co-
me ditte Luciano di colui , che d Athen*
paflauaàMagara*
La Fortuna è la più adorata Deità di
quella Corte „ Ha Tempi vari] , fecondo
“ a Stnec. b Lue.
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Fa foie Terzi, 22J #
i titfipi, & in e(É è anche varia di Titoli»
come anticamenre 'era. Hor fi chiama
Primigenia, hoc Vifcatrice, hor Priuata »
hor Mafchia , hor Vergine , & hor altra .
Colà però molt’ldoli di fortuna da co*-
trarie razze deriuano. Alcuno credei! diC»
cefo dal Cielo , come gli Scudi AnciE» &
alcun’alcro fi (lima ferro da baffe origini*
comcauennsa quel Simulacro» che fé
fondere Amaff Rè d’Egitto . ' . » £ >
Non v’è Idolo lenza Oracoli » no» v’d
Oracolo, a cui non fi verfino doni, non-»
v’è dono , che dall’ Adustione non fi fa^
critichi. L’Adulationc in fomma,fenon d
fcala da falire, è ftrada da premere. Vi fo-
no huominJ,chechiaraarcbbono a occu-
pationi diuine quelle d’vn Tiberi»,quan;
tunque brutali fulTero .
Il Rè fi crea per voti d’vrna, no per ra*
gioae di retaggio ; @ pecche fteila contra-
rietà, che hà il Soggetto emulato con gli
Emulinoti varie le palfioni de’Fattionari j,
il più vago Spettacolo della Corte èia
mutatione, in cui i Precedenti rouerfeia-
do gli odij nel Rè caduto , trasferirono
gli olfequij neh’inalzato, quindi auuiene,
che la Fede colà è volubile in tutti, come*
vfata à vaccillar fempre nella deuotione
de’Numi; e gl’efFetti de’Tcibutarijper lo
e -più fori meretrici, perche so pofticci.Chi
vuol viuere in queliaCorte,è forzato co*
&
a Tacit .
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Fafcìo T erz,o I 2 fi
che fon amati, s’inalzano; & altri, nò per-
che odi jno, ma perche fono odiaci, staf-
fano .
Nelle impreco ni delle Lettere, i dotti,
e le Carte fon quali il medefimo in Salo-
nichi.-perche le Carte da gli Stracci nac-
quero, e i Dotti frà Stracci viuono. Mol*
te volte è Giudice del merito d vii Let-
terato piu la Villa, che l’Vditorond’io di-
rei, che le noftre Donne hanno più Cenno
di quei Satrapi ;perch’effi nello fcegliere
vn Huomo al loro feruitio, s’appaga-
no dell'apparenza ; e quelle nei com-
prare vira pentola , la prouano col tintine
no.
F ormano però anche là vn ottima ec-
cettione alla catiua Regola alcuni Pcrfo-
naggi per Ingegno, Natali, e Virtù d'ani-
mo efcmplari , e di (lima degni , e que Hi
non difdcgnano di riconofcer gl’inchini
d'vn Letterato , e di fpecchiarli in clTo,
Capendo, che i Promontori] fpecchiano lo
loro gigantee alterigie ih quell’onde, che
lambifconoloro i piedi;mà perche iBuo-
ni fi contanohog^idi,comeleBocchcdel
Nilo, vi fono anche molti per contrarlo,
che chiamano la Poelia Lamina d Orpel-
lo perche hà fplendore nelPapparrenza
mà non vale,chead ingannare,^ à (Iride-
re, & altri fono, che commendano i Poe-
ti, per trarne lodi ; non amano di coman-
darli, per dar loro metccdi;e cosi può dir-
ii della Poeda, come cantò della Bontà
Giu-
*2 3 2 Delie Fr afe berte
Giuuenale . a Laudatur, & al&et\ '
Si vide colà negli andati Secoli qual-
che erudito huomo inalzato, e tenuto in
pregio i mà per marauiglia fi llrepitò col
Satirico .Exentplum nouorum fatorum,
come fi difle di Quintiliano arricchi-
to-
Nè màcano anche hoggi letterati huo.
mini , ch’entrano colà a i feruigi j di quei
Primati;ma è certo,cheogn’altco medie-
rò vi fanno fuor , che il loro , chi farà più
degno di vn altro , di dar da bere al Pa-
drone , non haurà però dal Padrone più
da magnare di quel che vn altro fihab-
bia, anzi, quando il Letterato muoia in_>
feruitiojfarà forza, che lafci herede il Pa-
drone , non di quello che hebbe per mer -
cede: ma di quel che auanza per merito .
In foaima trattiene quei pochi , che vi
diltinfijgli altri, molti vogliono, che
lettere di vn Huomo fian prezzo , da có-
crare il feruitio , non pompa da adornare
ia padronanza. Quindi e,che fra i Suddi*
ti ancora è più feorza di letteratura , che
midolla; perche poco frutto fc ne tragge;
c poche Arti da gli honori fon colmiate:
è però non auanzandofi gl’huomini per
fentierodifeienzeaigradi, non curano
gl’ingegni. giouanili di trapalare in effe
da i Nouitiati alle Profeflìoni . Vna fola
Filofofia fi iludia in quella Corte, &in
effa
H W i. ii 1
•a Ih (tei*.
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F afe io T érz,ol. -,
effa la maggior parte dpi Padroni foru»
Maeftri ; ed è , che l'Anima di chi regna ,
non habbia fede nei Ceruello,ma nelSan-
gue, '•
Quella appunto è la fuccinta Hiftoria
neUa’Maccdonica.Corte , in Ter moni di*
fciolta . Se bramate hora di fentire i me-
riti della medefiraa, legati in Vedi, ecco-
ui fcritta in quello feguente Foglio vii-»
acconcia Satiretta , che ne compofi in-»
cammino . Rorazalfe , che era vicino ai
Teledapo, pregollo torto , che ne rimet-
teflfe a lui ia Lettura ; onde hauutone il
Foglio , n’cfpreffe immantinente alla cu-
rioiità degli Vditori il contenuto con-»
taFordine. \
^ • * . ' ' 1
LA
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*34
1 A
CORTE
S A T I R A.
» *
G Rì vuoi. Muffala Corte Pio non $b y
come
Qtft potrai mantener cafto il Decoro ;
Sa la Donna hà da Corte hoggi vn mal
nome «
Vtuer qui t k non puoi £ altro tauoro ,
Che di far la bucata a i panni brutti »
Già che abondan lordure hoggi in co -
€auar anco potrefli vt ili frutti {fioro
Dal culcire i Calzoni a i Cortegiani »,
Che le Vergogne lor inoltrano a tutti .
J Ma i configli per te tutti fon vanii
V orche la Corte a Punirne tramutile
V Inferno e de la T efta,ò de le mani •
Un'inferno e la Corte , alberga mille
Enigmatiche S fingigli idre rinate ,
Qui s'inuentan chimere , e latrati*
S cille .
Qu) fi veggio no Arpìe d'oro affamate ,
E per rapir la Grafia d’vn Padrone *
j Da Centimani Gigi Armi impugnar
> te •
Quivedrefiitaluotta vn Iffione ,
Di forte amica a gli anh e lati caft ,
Stringer l e nubile imaginar G iunent * .
De
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F afe io Terzjf 2 ^5
De le Fortune altrui piangergli ceca fi 9
Qui vedrai Coccodrilli ; e in far^>
fcherni .
Spejfo allongar rinoceroti t naft.
JMa per meglio indagar mufcolt interni
Di Corte,amica Mufa,ecco da parte ,
Lafcio Beflie di terr a y Alme d' Inferni „
Per laprima, ogniHonor pofto \n di-
parte . •
Hora Giano Bifronte, bora sfrontato
T * r asforma ognvn la (ua Naturain
F perche riueslir corpo {pagliato, (arte .
Opra e pietofa,bà da bugiardi cori
La nuda verità manto adombrato .
Copron colpa carogna adulatori V;
Mantellijcvuol l'a&ontator Bifronte,
Ch’vn belmétic la ( ua Vi taccia honorr.
Di fegrete calunnie hà fempre prote (le, ;
L'armi fui labro,e in Gioflratorrtua-
. F in che'l piè gli f "anale a > vrta con *
onte .
Venga vn Tullio a la Corte , e in ampie
Sale ;
Di Calata eloquenza vn marcierai! ,
Scnonsàmormorarui,’hàpocofale i
Venga vn Numa a la Corte,honor vocia
Porga a Tuoi Dei /orza favà,chc auanti
V'adori vn Huom;c poi,s hà Tempo/
• Dilli .
L'altrui Liuor rinouerà fé mb tanti
ui'fuoi candor , candida agrefta ap-
prende
Dal fuo bruno Grand liuidi amanti .
Nè
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236 Delle frascherie „
Ne gioua il dir ,pr iad' imparar Vh«rreÀ+
' Norme di Corte , eleggerei fioccate p.
Ch'ai fin tu cdgieraifianza ,9 vince da
Vuoi da Numa incocciartti?haurai rifate;
Vuoi parlarui da Tullio ? haurai mali-
gni/*
Vuoi dar frutti, qual Noce; haurai Zaf-
fate .
Vieni* vieni a la Corte, i piu benigni
4 Volti vedrai degenerar coflumi , • • .
Corutvedraipennelleggiati in Cigni.*
Di curiofo ardire armai tuoi lumi.
Se vuoi veder , come i Pianeti pazzi
De ' miracoli fuoi fanno i Volumi.
Qui Dio nifi vedrai fu or de' Palazzi, J
Deporto il pie da i lubrici Gouerni,
Jn fognar Deponenti ai fuoi Ragazzi.
Cedrai baffi Agatoclia i più f u perni
Grado in alzar fi, e in tributarieT erre
Empir d'oro non fuo gl* Or ci paterni.
Qui tu vedrai Cortegiane Guerre
Hafia vna lingua, e fcrupolofofarfi
Di ftupro vn C Iodio , e di rapine vu
^Vérre-i.
Vedrai fertto Pallori d'aure gonfiar fi ,
Erger alCuUper forza d'altrigil moto
E per natura fua precipitarli .
Vedrai de' Vinti vn Ventar ier mal noto
Entrar nc'Golfi,e fra t marini dubi
Di figura Galea far fi vn Piloto .
Vedrai tal hor le tempesto fe nubi (vote,
E uonar naufragi , e per f aerar ne vn
Speli© adorar qualche latrante Anube .
A Cor -
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F afcio T emo . ' 237
A Garrente guido n a vn cor denoto
Sacrificar vedrai preghi efecrandi ,
. Nè torcer mai contra il Torrente il
nuoto.
Cl’huomindabenhoggihan da Cortei
‘ • bandi;
E fé mai per difgratia vno hà ventura ,
D’inalzato Briccon feruea i comandi.
L’oro c hoggi vn Padró fpender procura
Somigliai Fichi d’vna rupe alpeftr«, »
Che fon nati de’Corui a la paftura .
Sul vitiofo Bagoa da le fineltre
Si verfan gratie^ e a l’ingegnofo Plauto
Si difpenfano i pan con le bai e (tre .
A la Smorfia d’vn cato, al fuó d’vn flauto
S’apron tati d'Orecchi, e vn Letterato
Sul nafo dà , più ch’in Germania viu
Crauto .
JE pur Infogna ejfer di flemme armato
' Picche in foco di bile armar le furie}
E con targa di cor vincer il Fato .
Regole fon di CortegianeGurie»
. Chinarti ai Reo,ch’c Giudice del Buo-
no . *«
Render le gratie,a chi decreta ingiurie
V'uoi qualche esepio? eccolo. Aregiotrono
. D’vn Can barbone , hoggi 1 mordaci
tmpieghi ,
Piu a’vn S eruo,che tace, accetti fono .•
Se muore vn Huom fra i Cortegian
• Colleghi ,
Cent altroché vorrid vitto# prigiotte$
\ Porgono al Re. memorial^e preghi .
Mà
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2_j8 Delle F r afe h clic
MÀfe muore per forte vn Can barboni*
Subitamente il Rei* altro domanda ,
Beflia no v*e,che fupplichi il Padrone
Guarda in soma chi fernet chUomdda ,
Guarda bene il? aftor -.guarda la lana,
Che difetti vedrai per ogni banda .
Tanto Croco Cilici a, Hibla S icana
No [punto tanti fior,quant*hoggi e fai a
. No iofi odor Cortegianefca tana .
Gioftra e la Corte, tu e Bugia lagaia.
Premia vnaGratiafe Saraceno u Mer
In cui di tradigion Lancia fi cala . (to 9
£da (forte di Mufica vn concerto.
Otte ogni bocca a dar Motetti e nat a >
Oue vn Falfetto cor fenipr*e coperto .
Ohi fa Pafsaggio ogn'horT urba /cantata
Qui Soprano v fidai lacera vn Bafso,
'Squimerta Battuta Alma Intonata.
La Corte e vn mar di [coglie, nato [affo,
peggior di quel, che la [alage Argina
Ne Lode Cafaree mìfi in coquaffo.ftiua
marche mcflra alNocchier-calmaattra
Ma tofto inganna', e inferocita P onda
Di tolta Libertà nega la riua .
Marc,ou'hannoi Pirati aura feconda,
Oue i Uberi Arbitrtj al remo Hanno, _
Edoue al fin merce di [ennoaffonda.
Mare » oue molti a ricercar [danno
Z/J5W* Fortunate; al fin chegioua?
Sol di Buona Speranza al Capo vano •
Mar, che cofla [alato a chi lo prona ,
Oue fon Cappe lunghe, e Pefce Spada >
Oh u Porpore pefeate u Grdchio treua
Tuoi
Digiti;
F Afe io T era* • p
Vuoi veder come t Cortesi mar fi Vadai
OJferua in Jeu che de le leggi i Venti
Fano agititi Nocchttr perder la fra»
S pejfo a ritta li ballano i Ponenti: ( da.
Aia [e Cagiano h umor gli Dei marini
Aiandan toflo a Leu ante i Prete de ti.
Così di Corte i Liberi Desini »
S eruo de /Garbo altrui [pejfo a i motiui
Perche diCorte ilAiar vata tGatbini
Scola e la Corte y o u'ha principi / attilli ,
Per le fortune fue Seruo,che mente ,
M afe il vero vuol dir Jìudia i paffiui .
Qui Virtù Declinata impara a mente ,
S èfc.4 che maì proni il Donato al tatto.
Che viue a cafo vn Numero di Geme*
La C orto ha di Comedia ance il ritratto
Perche Fauola e fpe/fo vn Cortegiano ,
E [pejfo ancor v*e /’ofeenario in Atto .
Oue braua t nonfere «/ Capitano,
Oue ù S eruo tal'hor parte ha di Zanni
Ouefk da Dottor f pejfo vn Granano,
Ai uf *,da Corte rea fuggi i tuoi danni, •-
Son le Ai oue Ile f te di quefta forte ;
Perche pari faranno in tutti gli anni
In dar Nuoue di Beftie Africa, e Corte .
Il lodeuole talento di TcIedapo,chefu
da Rorazalfe nella letta Satira rapprefen-
tatOjdiè maceria à gl* Amici tutti di biatf.
marc in varie forme i viti] delle corrotto
Corti , c le pazze infirmi cà di chi le cor-
teggia . A tal proposto Ticleue citò vn
Madrigalctto, ferino già da lui in Euro^
P*
ilio Delle Fraficherit
pa aa vn togato Corteggiano, in occafion
di certo Tabacco, inuiatolì . li Madri-
gale era tale.
' #
X Jt Ande poluert tuoi da far ftranuti
Ì.V 1 Ch'effendi vn Cortegtan dilunga
vefta 9
JEforz a al fin ,c'h abbiate fumo in tefia
’i E gran ncceffìtàjhe Dio v’aiuti.
Egidcacgo , il quale foleua con pari '
energia deteftare bene fpeflb i compa-
gncuoli coftumi delle Corti d’ Afia , prefc
licenza di recitar anch’egli il feguentc-*
componimento SOPRA VNO SPELA-
TO CORTEGI ANO , il qual* incaro- |
gnito nelle marce Speranze della Corte ,
tifolucvn giorno di ritirarci in Campa-
gna, e di cantar iui vna graue Canzonet-
ta in lode della Speranza .
*■.
N EI mondano Spedale (me
Giace a con mal di Cortigiane file •
Certo Mattufalemme, >
Difperato era il male : ■
Ma con fperargià viuacchiartdo ad
i,ì fferch'aì nuomo che more
In Cortcgi aiia ftanza ,
Macinato Giacinto è ia Speranza .
Si volete vn efiratto '
-wDc la Camera fuOyde le fitte ferme «
s Fi fé fi tper , ch'eli' eranuda affatto ;
- Fcrcki nuda ì Colihcon cui fi dorme «,
Non
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>00
Fa feto T erzo • 141
Non haueaqueffa Cella , ,
filtro Quadro dì (lima , • »
C/S \ nu Conci 11 (ioti cella ,
l Ch difeorreade /* materia pritna;
E no con gran ragione ,
Perche la conclnfione
ò opra qu: l muro bianco
Era prima materia, e Cvltim*anco •
la Camera haueua
V >ìo fc/ibet 0 / ch’etto ,
C ISer a d'vn piede zoppo :
Nè poco era in effetto :
Perche il Padron dtceua ,
/ Qiiefto Scaheilo è troppo ,
Se vuol meglio fedcr,feda fui letto.
Clt feruta ni Buffetto >
v De fa larga fine ftr a il T enitoriof
C li feruta di fcrittorto
Vnctno repertorio ,
Che piu caro tenta de le pupille J,
Doue tl filo chiudevi* Stgo t e le jpiUe .
Con quefl'armtcmendaua
C ento rotture ^ mille>
Che fra 7 tepore t caffo nafeer miratta
Onde l A^o thiamaua
. La bell* n fi ad Achille*
Che feria le Calzette , e le fanaua ,
Jffàper tornar del mio dtjcorfo al punto
Già che d Ago fi p< rla,r dt cucire ,
Eolfe vn gioì no coftut^ pria di morire »
Con la Turba campagna
Trafpiamar il fftto mal ne la campa-
gna* ?
* 4 * Delle Frafichtr io v
per auuerrar queflafienteteza nuoto A *
Chi l 'entrate non hà»l’vfcit« proua.
Quitti dico, qual Cigno > „ 4
Che canta a l'hor quando la Mirti tl
freme*
Sopra rhumana [perni
T ejfiuto a Paria vn mafie ale ordigno 9
Cosi 'Canto col fuo tener fo due.
Benché (Poro leggiero , in verfio grano»
R Afciugate, b mortali »
L'humidagota >
Il Fato rota, ■ % ...
£ Ceco porta il fui contrario ai mali.
Sfrondato Legno antico
Jginucrde al fin la chiamai
£ in mebra adulte egettitor di penta 9
Nel fuo racemo aprico
Doppi hreue dimora •
L'acerbo è dolce at'l pallido t indora,
• AI anca di F e ,
Chi fempr e geme *
Chi non hafpcme, %
Huomonone,
E *»" 11 r*
Non fi a , frànto tlvofiro^ fi
Sperate fempre* (flmpre.
Speme di frutto aurato
^ Sfera i tormenti
Ne i mal profetiti
Le fofferenze fol fiancano il F ato •
Temerario Dcttrkro 1
- * A duro pondo il dorfo ** (mrjo*
Col tempo adatta a e'I fiordo labro al
i*!T E coti
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Fafcto Terzo . *4$
«. • E con feritile impero
' affannato Bifolco ' ^ (folco.
Fa domo UT auro , e Cinnamoraal
* Affine* di F e ,
Chifempregeme »
Chi non bàfpente ,
■ - ■" - - ■ Huomo nonèt
Non fiacche in pianto il voftro cor fi
flempre.
Sperate fempr e .
Co// cantati a vn Cortegiano vn dì
Sotto l'ombra d'vn Faggio ;
F fe ben mi ricordo , mi d/ di M aggio t
Quando da prejfo vn affino l'vd) >
. F ece.ragghiando, vn flrillo
Quafi volere argomentar così y
So di quejl’berba la verde fembianxji
Simbolo è difperanzay
Se palio d'htrba a V Alfine s aferine ,
Afino è ben, chi di fperanza ville • .
Proruppero in vna rifata gli Amici ali*
vdita di quello Componimento j c Mo-
inarte, che volle anch’cflòtrà le ccnfure
della Corte annoucrar la Tua , cosìrcpi-
gliò indi à poco . ■' , .
Veramente le Leggi della Corte fon co-
me i tuoni delle Chitarre, che ad arbitrio
di chi Tuona s ‘abballano , c s’ergono;e pe-
rò i Cortcgiani fono anch'eglino , come i
a caratteri d’abaco , che variano fecondo
l’arbitrio di chi calcola » pecche hora va-
• L a 1 gliono ;
a Vtlt.
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2 44 Ideili Frafcberie
elione) vn migliaio, bora vn zcro.Io però
nò calculato, che per lo più fan zeri tut-
ti ; pecche in quanto ad elfi non vaglio»
nulla , & vniti con numero : vno del Pa-
drone hanno forza di mulciplicarti
comodità centinaia In Comma c cosi pe-
rigliofo l’entcar in Corte,come difficile il
guadagnami entrate , Ogn’vno fpera d i- -
Hai /arai li, ma non fi penfa, che gii vrti di
vna fperanza Cono anche atti a far cadere.
E Ceouit miei configli,
T re fono tgran perigli.
In cm tempre ciafcun dee c en figliar fi t
Ctr l Corte, a aùucrr*,e Aiaritarfi .
Altro vantaggio non so io feen ere in
Corte dilfc all’hora Ticlcue/e non qiuff
vno . Confeguendo colà più fortune , chi
hà meno ingegno ; c gran bendi, io d vn
Galant’huomo,potcr iui raccogli er-mdfe
di buona forte lenza briga di riuangare-»
nella mente lo Audio d vna faricofa col-
tura Chi è Alino fatica moltoima per pa.
v rcr Anno, li fatica poco ,
Anzi è tutto il roueteio, foggiunfe.»
Stamparne. InLortcilGalant’huomo, -
per parer Alino faticherà molto i perche
vi sforzerà la natura;mà fe farà Alino, fa-
ticherà poco ; perche v incontrerà la for-
tuna.Sòper volete,onde nafte, che gl Ali-
ni hanno communeounte buoiia Sorte
nel Mondo? Vdite,fe v’aggrada, quefta_*
hreuefauoietta, *
*’ ' Co*. ' ’
yGoojL
D
Fttfcio T erz .9 l 245
C OntenderHo vna volta nella mag-
gioranza del Regno vn Leone , de
vn Afino, fi sfidano ambidue al Corto da
vn Molino, one fi trouano . fin alla meta
di certo Fonte*, ch*era di là da vn Colle ,
Nello fpiccar delle Molle il Leone s*aua-
za:e l’Afino ttimaudo vana la Tua Corta, s*
arrefta poco lungi da quelle. Haneua già
feorfa la coliina il Leone ; quando nella
Valle adocchia vn Afino vicino aliame-
la : e credendo fial Auuerfario,che pre-
corro l’habbia, fi protetta in arriuando, di
non cederli, fc non fi riccoreallindietro.
Era quel! Afino ignorante del fatto; ma
per promouere d’ vn Si temuto Auci fario
lafaga,cedcaldetto de’fuoi pattiti e-»
(picca la carriera con efiò.Non andò mol*
to, che anche quel t* Alino a rreftò la fua_#
non dureuole carriera; e’1 Leone intanto,
checrede haucr à lato il Competitore,
giunfe frettolofo alla Mola. Hraquiui
quell’Afino , con cui il Leone hauea la_«
primiera volta corfo’onde il Leone cré-
dendo, che fufie anche della fecóda il pre-
corfore, ttancodi più cimentarli, rifolue
di concederli il palio dello fcomelTo Re-
gno. Da all'hora in qua fu decifo, che per
tutti i verfi tSummarcrutapems Afìnos
mttneat : c che gl’ Afini pi ù di qualunque
altro habbiano non faticate le fortune-#
nelle Corti , e nel Mondo. .*
Bizzaraparue à gli Amici la dee fionfe
di Stampecme; e nelle hodierne allegoria
l 3 ' F*
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34* J Belle Frafeben
praticata molto: ma perche lo fteflo ad
altri queliti trapaflando>non diede tempo
di foggiunger di più tal fatto , richicfc-p
TelcSapoadirc> in qual Nanonc dEu*
ropa haucfs’egli trouatt difetti , k o virtù
In quanto à ciò * rifpofe follo Tcleda-
po, haurei dadirui molto,e credetemi*
die per non offender me con le menzo-
gne , & altrui con leccnCure , affai piu lo-
deuoli faranno fempr e rtella mia lingua le
ofeutità che le dichi af atiot i.T uttauolra,
s*hò da feoprirui in (empiici parole i miei
fenfi liberi, vi confcfib ,che il folo Italia-
no, quando è buono, non ha il megliorc ,
quando è prauo , non può il peggiore ri-
trouarfi>non è Virtù quando al bene fi fiu
fa , che perfettamentenon imm; non é
feeleraggine , quando nel male acciecafi ,
che arditamente non intraprenda •
corruttione del fuo ottimo è lg pelfima.
Nellaindifferenza poi del gemo verlo
gli llranicri , l’Italia è più fcimumta Na-
tione ch'io mi vedeflì mai • Nc gli agibi-
li del Mòdo hanno ben fcà loro g Italia-
, ni la a deftrezza d* Alcibiade , col faper-
£ accomodare a diuerfità di Natura ; ma
con le forcftierc Natiom pochi fon gli
Hctcrognathi,direbbono i Greci,che(ap-
piano in vn tempo magnare da vna ma-
cella, e dall’altra . Appreso tutti il capri-
cio
a jp/#/. _
Fafcio TerTe r *47
ciò vai di ragione, per difendere hora IaJ
partialiti vcrsVno , hor l’antipatia verte
l’altro ; ma qui, che più li condanna^ che
non curano di far le Scimic dì quei tali ,
che farebbono volontieri con effi daLeo-
ni infermi , per diuorarfcli . Vedete di.
gratia, come l’Italia ha copiati in mè gli
originali di quei popoli,che già furono le
copie de i Tuoi Originali . Ofseruate la-,
f concia tura del mio habito , la polucre di
Cipro fui capo , la moda della barba ra-
liccia, del Capello aguzzo , deiNaftri
confuti , del Giubbone fmilzo : de i Cal-
zoni sfondati , e dello Stiuale piegato a.*
barca, c piantato a corna. Qucftaè vna
forefticra Moda , piaciuta alfltalia, per-
che altri l’ vfa : vfata in Italia , perche al-
trouc piacque.
J l Prima vi/fa pare ,
\ Che gioitemi Brigati
yfino in eapo lor mode F ornare , - ,
Mentre pertan le chieme infarinate *
Però direi 3 quando a la Donna bella
Il G tonane vuol bene ,
Che mal non cje ne la Tefla tiene
Del pane i fegni , vn eh' a la farne ve<*
cella .
Strati agame pen fiero ,
Gl' altri con color nero
T ingono in se la verità canuta ,
E ne' nofiri paeft ìl Caualiero
in bugiarda canitie il capo muta,
L 4 Eram -
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. Delle Frascherie
- JL rammentati dogame
Da Vecchiezza à morir fia eerfa cor*
t a , *' ■
JSfe la tenete fmert a
Porla fempre il .. w sii le chiome •
Del C multerò tl vol*o
Manto dei crm mi garba*,
* Paiebe, qual Lana in mutar faccia » è
flebo, (ha.
Quel che cagta la moda ac o ala bar -
- Vna volta del Volto er un modello
\ Certi m ufi acci a punta di lancetta ,
E certa barba torta à grimaldello j
Hor la moda è interdetta ,
Che con model più brutto >
~ Radendoti vi fo tutto .
. Del pelofo ornamento
Fanno mentir nouetUmente il metò x
Ond'à fatica il labro lor barbuto .
Che*l barbtero Bifolco
Quafi tutto hà mietuto ,
Perfemez.adip.li hà vn picciol folce •
E pur. cotanto in fua bellezza audaci
Pian coloro t capricci ,
Che mguifa talraficci.
Credon rubar da le lor Donne i baci ,
0 quanto in ciò fon Cau alteri erranti
Fili toflo ogrìvno e degno ,
1 bacihauer da vn Zoccolo dilegno %
M cntr' hanno faccia affai da,.*
Qu e paguro Capello , v »
C he forfè odora male ,
P crch e fatto à Pitale ,
Gta
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Fafcio T er x*. H9
Già ntrouato fu , * .
. ? erc he do ut a quell’inueotor Cervello
Schifar in lui qualcb'efcrc mente in
S e pur noi ritrovo , ( s ù
Per poter dire io fo
C entra i'vfo cornuti lubrica l'opra,
. • • • gl* altri di fotto,& io chi opra.
Attaccato al Cordone
, Gira d'intorno intorno
Di più colori adorno
V n Fondico di N adiri in proce [fi onc 3
Orde colteti entro Fcnet iati afe ,
E tal moda ojfervafje ,
S cn[a d*bbu> diri a •,
Ch'yn Rialto di t eff a è Merceria ;
Adà con moto più bella ,
. Poiché di fet* il laccio
, Fà corona al cccudio, ('ciò.
Chiamarci l'Inventore vn Cerudlac-
Adàil Giubbone vn vfanza
Dì rotonde faldiglie, e di minute ,
Ch'aperte ne la pan za
F orman punte cornute ;
E rafsebra la Luna^all' h or che torna
C'hà due dita di faide, e m offra corna .
Falde di cofforo ,
r ?*[/*,' Potarvi entrar l'aura di fiate.
Eia d'occhiute Fineflre vn Corridore
Ove non ft ano mui ffringhe affacciate;
Che le pouere Stringhe t filiate
Nel giro de' Calzoni
Sette flati pendo Ioni,
E de' puntali fuoi decapitate :
L | Et
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Ijo Delle Fr afe berti
Et Mitre pei contrite ,
Ter veder fi bandite
Da la primiera fianca ; {nunzio.
Stanno in ginocchio a chieder perda -
ha moda del Calzone ,
P ere b' aperto nelfondoye ferina intrico
S*al\a fin al bellico, (< none ;
Chiamerei per guadar buonainuen-
Mk con effetto è de la Brache il Foro
De' miei Venti e falati vn S fiat at oro.
Quello, che poi da me
Coti rifa adulator fempre fi loda y
E il c aminar per firada dco la moda ,
Ognvn di noi per naturale affetto
Maone le gambe fitte con mot or etto ;
E quefla gente afiuta »
Ter nonguafiar la piega a lo Stiuale *
Che in figura nauale ( acuta »
Curua a l’ indentro ha la fina prora~>
Muouere in via fi vede
Con giro tondone a caracollo il piede,
Mk qu eliche infine atìorna
Quefla moda cotale ,
E vn a forma di Scarpa , b di StiuaUy
Con certe punte organizsate a corna ,
Va quefles annue de y
Chel dominio cornuto h oggi s' auaz.a*
Vna volta le corna haucan Fv fianca
Di nonpaffar la tefia,e qa) fi vede »
Che fon dal Capo anco apliate al piede
O pur laffano il capo , e al pie fen vann*\
Perch'ogn’vn s'ammaefire ,
Càci-Capi ptincipal corna non hanno*
Ma
% 'io T erz. 9 . 2*1
Ma fon proprie le corna à Phuoiu pe-
deftrc. - r
O pur direi , eh e vn giorno
C afe ar patria da l'humai
(«V
_ - . cape vn cor -
Per qucftoilpie l'ha confermate affai,
Che. chi fta Tempre in piè , non cafca
mai. , .,, r>
M à fi a meglio, eh e' l piè la meta tocchi v
Quella c'hoggi i vofìr occhi
Merano, ^tmicifin vn paefe infi abile.
Et efitner a moda, e non durabile .
O/ imitai or c erudir
Da se ftejfi re belli,
To fioche vie vn altra Moda in (lima
jibbandonan la prima,
• & ogn'vn fi prenderà gioco
Il rinegar l'vfanz.a,in che fi trotta.
Per credere a la nuoua , ;
C he fon ficur di rinegar fra poco •
Vi conclude pero Moda di Mafia,
C he, nel portar ve fluì,
Moggi in Italia s'vfa
che Veggio di Done a gli appetiti
■i /f degli Adulteri permejjo ,
a Molti hauerii€,vn goderne, cca«-
gi ar fpefiò .
^ Sol lazze u°Ic > & inafpettata riufeì a gli
\ d>tori amici la faceta defcdttione della
Italiana Moda; ma perche l’hafeito di T«-
ledapo appariua fuperbamentc guarnito
L 6 di
a Guar.
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Delle Fr afe berte
dotati merletti, nacque curiofità a Sta-
perme,di fapere, come hauefs’egli potuto
Con l’adefcamcneo di sì ricco arnefe vfeir
franco in sì perigliofo camino dalle rapi-
ne de’ Ladroni. Rifpofe alle interrogatio-
ni T eledapo , che pur troppo era egli ca-
duto vna volta in Italia in si fatto rifehio;
ma che per miracolo né forti libero; e per
narrare in dillefo l’accidente, che curio-
fiflìmoera , neriprefelcnarratiuein tal
guifa .
I Oviaggiaua, due anni fono, per l’Ita-
lia, con la Camerata di molti ; quando
yna mattina, nel pafìfar da vn Kofco, vrtai
infermali huomini, benifiimo armati ,
che tutti da vno in poi , erano camuffati
nelle buffe. Sbigottiti alla prima vi fta_*
i Compagni, fi ritirarono alquanti paflì
indietro , in vn lato della Spelonca: onde
verfomé, che volli intrepidamente non
muouermi dalla via , tutti i Ladi i in vn_.
fubito con l’armi calate fi fpinfero . II
Caporale di effi, efcrcitando meco vna_« *
furiofa violenza, mi fecetofto vna con-
fufa interrogatione del nome , del cami-
no , c de i fuggitiui Compagni. Rifpofili
al miglior modo, che feppì ; & in quanto
alla mia Comitiua , mi venne detto , che
gli altri fi cran forfè. ritirati , per fofpet-
to , che eflo con quei Tuoi Galant’huomi-
in Malandrino non fufic ; ma che io, pec-
che '
F *fcio T erz.o * 353 ,
dhe morto non mi era , rcputauali tutti
Guardiani di quelle Campagliele del Bo-
fco. Fidatomi poi nel Caporale, che-*
Colo con imperio mi fauellaua, difilli» che
il Tuo bcirafpetto m’indicaua in lui pitk
natura da imprendere le difefede i Paf,
faggieri , che da far loro oltraggio . In-è
tanto io mi era tratte dalle braghe alcune
monete di argento , c già le haueua offer-
' te a quel Capo , come residui del mio ca-
mino; Mail buon Ladro s’er a così fat-
tamente compiaciuto delle mie lodi, per-
che fue non erano, che cangiato da quel
di prima , ricusò di accettare le monete .
V110 della imbacuccata Mafnada , che
vdì quelli infoienti rifiuti, lo inftigòa_*
prenderei denari: & il Caporale riuoi-
gendo contr’effo l’Arme, dirteli imperuo.
famente. Taci tù che io non voglio nuL
la da Coftui. All’vdira di così affaflìne
cortefìe, ricominciai ad incalzare troppi
rettorici , & aggiunrt alle replicate lodi i
miei oblighi . Ripregai torto l’Amico , a
prendere almeno in beueraggio vn*-.
portione delle offerte monetejdé egli tor»
nò a replicarmene con virtuofa pertina-
ci*» i rifiuti; Qu^ fi fece frà la mìarelliua
muniticeli'/ a,e la prodiga rapacità di Co-
lui i la piu curiofa gara di cerimonie ,
che mai frà due Scgrcter i e s’vdifsero . Al
fine, filmandomi honorato da queibof-
chcrecci Fenati , più nella licenza , che
«cli’hofpitio , e trahendo meco il gua-
dagno
. * Delle Frafcherié
cagno di cinquecento feudi, che diuiii io *
collane i e monete eh io teneua frà i na-
«cojidigli del Vefti mento riporti, riprc/i
tolto con la mia ricuperata letitia,e fenza
ucceffitàdifprone il cammino. Intanto i :
«nei Compagni,che, come diflcro, non_*
riebbero cuore di fuggire airindietro :
perche panie loro,di efler porti in mezzo
da altri della Squadra, che di fatto erano ,
nfolfero di sbuccar fuori, c di riporli tut-
ti ndl’arbitrio della Fortuna; Onde gli
Aflàffini,rouefciando ne i fuggiafehi huo.
mini quella fame, che haueuano poco an-
2Ì foftenuta nel volontario digiuno delle
miemonetc/ualigiarono ad vno,ad vno
i PalTegieri tutti, di quanto puotè rapire
la violcnza;ò facrificarc in dono la paura.
Per lo beneficio dunque , che traili io da i
malefici iiifludìdi quei Malandrini , efa-
gerai frà-me flcflo quelli fentimcnti>
.quando in ficuro mi viddi .
4
D A s) firano accidente ogn y vm
J quadri ,
• Che in yneflo tempo a ipoueri Poeti
Rubano a $ Donatori donano i Ladri .
* 1 * —
Marauighofo oltre mi fura panie Tait-
,»icnimcnto,coiatato da Teledapo» ccon*
chiufero tutti , non hauer mai vdito La-
dro men degno di corda,e più cordiale di
colui; ma perche nellcx^ondanc cote, co-
me cantò il Lirico* *
Fa feto Tirz9*~ *£5 J n
4 Nil efl ab orniti — Torte btatum . %•
Raccontò Teiedapo, che nel fuo ritocib '
no ad Ephefo gli era al rouefeio auuenii-*5
to. ' .
Difife , che in vn luogo d’Epico fù alfa* :
lito , e fpogliato da i Malandrini , e frà i ■
Cittadini di quel Paefe,non fenza cagio- >
ne ; fecondo ai canine razze ,più canità , .
che carità r itrouato hauea. Lonchiude^
polche in vnfol Contado vn ruftico,mai
ciuilc Huomo,l’haucua nel fuo habituro
fraternamente raccolto, e quiui trattenu-
to fi era , finche da Corfù , ouc attenenze
di pareutelle haueua , gli furono i nccef-
farij viatici trafmefll,per loprofeguimen-
to del fuo cammino in Macedonia .
A pena hauea Teiedapo terminata-»
quella fua nacratiua , che Egideargo , an-
lielante olite modo delle glorie deli’hof-
pitc amico', prefe à'fauellar di lui alla Bri-
gata in si fatta guifa.
Narrò Teiedapo inqueft vltimo acci-
dente i danni dclIaFortuna,manonifpie-
gò per modeftia le vantaggiofe fpccula-
tioni dcirintellctto , che per lo più fra le
turbolenze della humana vita r Schiara-
li . Dall* empie repulfe, che trouò egli
nelle fue milcrie frà quei Cittadini ifL*
Epiro , e dalle pietofe accoglienze , fat-
teli in vnrufticoHuomo nelfuoTngu-
rio, traile materia in cammino di deferi-
ucre
agle
Sk Ho rat.
Detti T r afe h erte
uere in ampia forma vna Fauola di'Oui-.,
' dio, neU'Ottauo delle Trasformationi ,
della quale: fe non vi farà noia l’inten-
derla , fpie^hcrouui io la Tua alterazione
ingegnosa, in quello vaghi (fimo Compo-
nimento di Ottaua Rima,che fi compiac,
que di coromunicarmi /là mane. Qui pa-
rendo ad Egideargo ; che Teledapocon
vn forrifo tacito > e che il cello de i men-
tòuati Amici con le loro infilanti pre-
ghiere a i fuoi ragionamenti acconfcnti f-
fero , doppo la lettura di vn anteriore ar-
gomento , prefe per lo filo a di (tendere^
della promcfsa mudinone la tela ; e così
cominciò .
» » » y ,
R lfoluto/i Gioue di punire alcuni
empi HabitaWi della Frigia; il
mafehera da huomo in compa-
gnia di Mercurio; ceciato in Alia, in ha-
bito di mendicante, và chiedendo elemo*
fine col Figlio .Molti li dileggiano, tutti
li fcacciano,netrouano chi foccorra loro
di vii minuzzolo . Finalmente fuori di
vna Città della Frigia , s’abbattono nella
- rozza Capanna di Philcmone.c di Bauci-
de , Marito , e Moglie , che fin da i primi
anni fpofatid , s erano concordemente in
quel T ugurio inuecchiati , Quiui giunti
gli feonofeiuti Deijchiedono mercede.»;
* Mercurio 3 che traheua feco la Lira } di
cui
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/
F afcttT trx.o . a <7
Cw fuimrmtore,canta, come de’pezzcn^J
ti c Pvfo, vili Canzonetta . I Vecchi im- ,
pietofitili ricourano,e preparano loro 1®
menfa: e fra tanto Philemon? deforme
con eloquenza, nfu'ali da Gioue, la-#'
tranquillità d? If io Italo ruftico, Doppo
quello gli hofpui lattano i piedi a i Pere*,
gcini, e corte-demente imbandifcoiio il
roz o pranzo . Si pongono a menfa, nel-
la quale Gioue fà multiplicare il Vino.
1 Vecchi confuti dalla nouità , ne ringra-
tiano quel Gioue de i Cieli, che era , non
creduto firà ufli , e gl’incogniti Numi , fe-
condano fintamenre la difpotitione dei
loro Voti. In tanto per far factificio
gli Dei hofpitali , cifoluono di vccidece
vn Papero:ma mentre Bauci traccia que-
ilo per Cafa , Vccello fuolacchiando fi
ricoura in feno a Gicfuel Gioue allho-
ra,c Mercurio, riprefe le loro lucide fem-
bianzc,fi difeoprono per Dei , & imman-
tinente i dipingono à gli Albergar ori, che
con elfi ne vadano verfo il Monte . I vec-
chi pieni di ftupore, lafciando in abban-
dono il Tugurio, feguono l’ormede’Nu^
mi . PrefTo la cima del Monte . Philemo-
ne , e Bauci , riuolgendo gli occhi, vedo-
no la Città vicina fommerfa da vn pre-
cipitio d* Acque . Indi a poco, mirano Co-
pra vn tranquillo Lago piantarti sù la_#
bafe di vn Ifola la loro Capanna , e que-
lla indi a poco trasformarti in vn Tem-
pio. Qui Gioue diflingue alti pietotiffì-
• * ini
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lf8 <Dtllt Prafekert*
mi Vecchi i Flagelli , dati alla Città , e Se
grandiffime Grafie fatte alle loro Mure
Hofpitali . Et ancora cel dichiarare i
detti Philemone,e Bauci Cuftofti di quel
T empio, oue molti Anni poi concorde-
mente fe ne videro . Et alla per finefenz*
alcun dolore di Morte » furono ambi io
due facre Querce contieniti .
«
GLI
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' w
GLI DEI
PEZZENTI.
« 143 ?
C OrreàSeeol briccone ; et ceri kn*
mani
Erari putride tombe a morta Fede 3
Efea ne * Re^uafi in Ladron Spartani
Mafcb orata Ragiongiufte le prede.
Meretrice Amicttia apri a le mani
Ter vergogne venali a la mercede ;
E con onta de* Cicli erari gl'inganni
Faufti Pianeti a incoronar T ir anni «
Fatta meta vn guadagno, a foro b Attuto,
Falli adulti corre anfeofee/e miglia \
Ne mai folta con l* arbitrarie aiuto
Arretrar la Sin derefi la briglia,
D'ogni Ricco il Mendico era il rifiuto »
Ne da Borf e pietà traffico da Ciglia:
E Col la robba altrui per tutti i canti
Taide parea con quantità d* Amanti,
Mentre attende an vitupero fe fette
Nel Ruoti de l* Afia a barbicar coflumi ^
Là /aura il Cui, per decretar vendette ,
Con figlie fe angli il ornatati N umi >
Cih
360 D*Ve Frafcberie'i
Ch voleafoprai Rei piover Saetti*
ChtZfrJar jcprj t fi eigorgo d' Fiume*
jìl fin G oued l Ciel lajf a i veftjff »
Chi «im a Ai eroine,* cala [eco Ài Frigi»
Mafcherar da vii huomo iì ditdn' volto
fé perfori lor p*irut opportuno ,
Ciac he in Latin ,dt cw gli Dei sa molto
La perforiate la mafchera e tutt ' vno *
Fojcia in vii Saltami arco in corpo in -
teolto ,
Scefero in Frigia afimular digiuno :
JE qui gli Dei conciti fero ab cxp^rto ,
Ch’andar pczzendo hoggi è Dettino al
(Merto.
peparne a Giornee al fuo diletto flr ano
Prender forma d'vn Fi uomo j e di vn~>
Guidone , '
Se già, in fuggir dal gran Tifeo lontano
JJvna Augello fife, l'altro vn Motone
Bechi Gioucàn penf archila fua mano
Già per Danae gentil piouea dohlone *
F e maggior pitoccando il fuo martire*
Ferch* allora era u Oro*hora era u Irò.
\
* , « . . V
Clone vn Vecchio fi fin f t * e li regge a
La mentita Vecchiaia vn Bafì once Ilo ,
Mercurio polche fc altro tgegno haueà
Face a per ecctllenH^ada At un elio*
Chiedea mercede in verfi*e li piouea *
Da ie luci vn Rimario del Rufcella *
E in quefte note à la raminga fame
T rar fi crede a l'alta pietà d'vn Rame ,
'Mor-^
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Taf ciò Terzo, 26 1
Mortali,© V' i, che da le Stelle hauete
D’alimenti fecondo vn pinguefuolo*
Ne le miferie altrui deh riflettete
Di de >tata Fortuna vn raggio folo ,
Ne la fame,che n*ange,e ne la fete
Tempri» voifreletitie.il noflto duòlo;
• C he il Ben , verfato in Pouertà mendica
Seme farà ■ ultiplicato in Spica. %
Aia che vai /’ Eloquenza ì vn membro
• M9ZJC.0
Hauer anco potè a che zìi oravano,
C on la muffa barbuta vn fecce tozzo,
A 7 on v'era vn Huom, che gli appettajfc
in mano ,
A l arfe fete h umidità d*vn Pozzo,
A’ è pur fi offria,che veramente e (Ir ano
filtro mai non v diari per ogni T erra t
C he A la Furca Guidoni,itc à la Guerra.
Incocciala qual Rofpoale (affate
V opinato Ai tr curio a t fieri detti ;
£ pere he » Ricchi in quell auara Etate
Le Poefie chiamauano dif etti,
C biedea mercede in pr 0 fa:e dice a. Dato
L'clem» lina a quelli Poueretti;
Ai a (ole vàia da l popolo rapace
Quefte (ceche parole , Andate in pace.
Tna Donna in Balcon le chiome aurate
Spande a a Emulo Sole a 1 paragoni ,
F ifso Ai er curio m et luci impenfate%
E le dijje cosi le f uè ragioni ;
Voi
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*6* fittte F rafie berte
Voi,ch'àpefcare vn cor, reti acciugate,-
Cangiate ornai le voftre prede in doni}
Ch’à voi più recherà glorie diuinc
L’argento d’vna man .ch'oro d* vn crine.
Qui la crudele Arpia^bench' auree mafie
D'Alchimifiieo crin neri cacciati fame
Jnuolto etro vrta carta a i Numi trajfe
Degli eri [udì lo [cardaVate (lame*
Ma fi letge y che irate a T horcangiafie
Gioue i Juoi cri n di Canape in legame*
Qua fi velefie dirle . Hor che le ricche
Ghiome non hai, la fuue Ior t’impicche *
Chiefe Gioue elemofinaa vn Zerbino >
Mafie in guadagni il felito progrejfo ,
Ch' Amer delfoeefue f otto il camino ;
Le monete di lui [quagliati a fpefio •
Ogni Cerne et Am or brama il quattrini
Ter che Cupido, e cupido è le Beffo ;
Ne fa ftttper y ch'ai p eutrofia crude ,
Chi nega vn Cencio a vn cieco fiio»ch'i
nudo.
Certo brodo ad u fiefie vngforne chiede
La lor Donimi a , eh' era già fecca ,
Vn Piatte vnto , mà itolo d l'hora diede
L’Hofle a Mercurio dipeli. Tò lecca,
Fife Ater curiose replico , Si vede,
Che l’Hofte in noi crhoftilità non pecca
V uol , che netti i Tuoi piatri vn Diodi-
* giuno ,
Perche nettaree Nettare è tuttVno .
Mà
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„ . Fdftn T erto'. z6t
JW.A fkcafo ridicolo agli Dei,
Aientrefean d'Elemofim richieftaì
Da vna Finefira in (or certi Plebei t
Vtrf irò vn v*{o d'xcqu/t in tù la tettai
Piouano,pur diffe a l'hor Girne, i Rei,
Vn dì fia lor la pioggia mia moietta ;
M a per quanto in quel di ditte vn Lu-
nario
Gioite, e M er curio (lattano iti Aquario.
rincontrando per Stradava l . ;
Che la Crtifea direbbe vn Barbajforoi
Me . . tux,dijfc, commendo,
•Mercurio, e nel latin chiefe vn ri fi or Ot
Quei ,faper dii atinforf r credendo ,
• • • non habeo, dijfe loro , -
Co sì volendo dir. Non ho vnquattri-
110 ,
Dijfe, ch'era empio ,e non [ape a Latino
Mojf rro al fin da la Cittade ipafit,
T antt digiuni de l human a aita,
Quamofatij de' Vitij,c tarozzi fatti
L orme trottar d’vna Pietà bandita ,
SpeJJo il Valer fede trafpianta> e fatti
C tulle tl Bofco,e la Città romita ,
* E onta pur de la magion fttperbe
Germe di alta Virtù [puntate frà l' herbe
^ f HOr J del Borgo in vicinanza
BoTa magion d' Architettura [cabrai
Che di murainfrafeate banca Ufi Zzai
E vii Neccjfttan'era la Fabra.
Qui
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1^4 Deile Frafcherie
Qui compendio eCvn Fioro • mp'ta la-t
, . panz.* : '
Qutdtfcorfo d’vn Rio beuran le Ubra » j
E qui (ole a propagar or Faff al lo
T tibutida* dtPoWuttomvn Gallo.
« * | • . ,
Del felli aggi* T u furio batte an fonemi
B mucide, e Philemon d'anni già oreui*
~ Pondo di ì ouertà restano alterni :
M a vn bel (off ir t %itt i dolor fa lieui .
Vjjjero cimanti a Primavere, a T r crnf\
Finche in fio/ pùntemi cadde e netti*
F fatta poi Paccor a Eia men fc altra,
. De l'vn l'impero era vn fer Maggio ita
Patirà.
Congiunti tran cosi che ne c onusti
òi Congiunti non jen le menfe a i Sali:
Se no» quanto fra ìor da gli appetiti
Facean dtuorz.t i fomiti ca> noli.
Due far menti parean di fece he viti , .
P «z.z.i parenti cC infracidati pali ,
Foco a pranfo magnauano , mà qua fi
. Sempre traean la co lation sii i nafi .
Nonfifapeua*fe più con fumate
Jriauejftro ie membra ò'l M atnmonio*
- Si sa bea che più anttea haueai Fatate*
Ch dritte agite non ha ferine tl ...
St rtcordauan quando erano nate
Le gambe Serpentine ad Enttonio ,
Anz.hC hauea d/Jfe vnNotaio in CirrA
Da la CafaSzttoma Alia vna F ir rat.
C or-
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Fafcìo Tey^o. 265
Corta vjfla hauean ambi\e batte ano an-
cora
ifeffì occhiali lor vifla non f ina \
Onde Gioirà gentil ve de a fi à l'bora ,
Che la V occhia cucia la fuaS ottano , ,
Ne la cruna d'vnuigo u quarto rfhora
Con la Lacia d'vn fil correa Quintana.
£ fe regge a dritta vi fiera il Nafo ,
Frane al fin l imbroccatore il Cafo .
Quando Bauci prende a , per far attorto
Le [placchiate Canapi , la Rocca ,
Colei parente he lunghe vite » 0 corte
Ftlafo troca al Ai ortafquado gli tocca
£ ben ver , che la Parca hà in man la~>
Morte ,
M hauer Battei parta la Ai erte in boc-
cau,
£ di nero cammin prejfo al calore ,
Filar [ole a le corte vite à Ihore .
Hor quiui appunto,oue Innocua ha fede
S montar fero gli Dei la fua molejìia ,
S Motar,difs'io:*percbe nogiano d piede,
Dei, che per tra eran J aliti in beflia .
Qut S er Gioue il buongiorno à i Vecchi
diede ,
jì la moda, con modo , e con modeflia,
£ mofìr arano affi fi in <vn iftante
Aiendicat a fiancherà, e mendicante .
Perche fpejfo cantar Mercurio fuole ,
Com’vfo 0 de* perenti, vna canzone*
C erta Lira,ch*à fecole fu fu a prò le ,
Stacca tofto dal fianco ,e in man fi pone,
M Gio ne
ti>6 Utile Frafe Ferie
Gioue tacea , perche canore gole
Httaer non danno mai Regie perfone .
Chefpeflòfà, come in Neron fi mira .
Scordar gl’imperi vn accordata Lira .
\
Col curuo Archetto , ond'hà ladeftra •->
armata ,
Va le corde a ferir da l* alte, a lime ;
E forma in vn con la [ìniflra alata
Belle fuge animofe in sii le cime,
Tofcia per trar dal fen voce purgata ,
Da le torbide fauci il vìfco ejprime ,
E apprefe il tuo,ch' a le f ne note ei mefce
Lenta al fuono lo fpirto , e al canto il
ere [ce .
S prigionatoli pcnficri ,
Che premete .
D’ vna Reggia i nidi auari ,
Qui vedrete
Senza foco i fumi alteri ,
E procelle fenza mari ,
Mirerete
Dentro il velo
D’vna Nube fenza Cielo
Pauentar Alma,chefperi, . •„ -
Sprigionatcui penficri « '
Trasfcriteui Speranze, *
Che à tutt’hore " _
Siete à l’Anima vn tormento;
Mentre vn core.
' : Pien
Fafcio T èrt.o 267
Fien d’inutili baldanze,
Per voi fole abbraccia vn vento , .
• Per voi more ,
Corta vita ;
E’n chi brama hora gradita »
Breue dì non vuol tardanze ,
T rasfer iteui fpcranze ♦-
Accoglietemi Campagne ,
Voi mi aprite
Ciel fereno*& ombre grate *
Voi gradite,
Che letitie il cor guadagne
* Da Speranze feminate ,
Le romite
Voftre Selue
Campi fon d’vccife Belue, *
De*penEer fon le Compagne r
Accoglietemi Campagne. ~ .
D’ vna Cintia cortefe vrna ftillante
Fecondi in voi del buon Cultor la fp e-
me ;
E chino il Sol fra rugiadofa pwnte ,
Coni S raggi temprati il volito teme ,
Paflì armata là Nube, à voi dauante .
K faluti col tuon T urba che teme *
Fermata poi Cotto auucrfario Cielo ,
Vibri in folco di Rei globi di gelo • , ^
Delle Frafcberie
Qui fe pof * Mercurio al dolce canto ]
T oiche il varco vocal di fete arde a ,
Onde a temprar V arder tqlfe da canto
T orto vafo ripien d'ambra Lem a ,
Queflo al labro fofpefe,e l'orlo intanto
Con bei gorgogli in Nettare piouea ;
Fin che fparfo d’humor l’Organo roco ì
L'hurmdo precipizio efìinfe il foco .
In afcoltar la Pouertk canora
Vn pietà fo tintinno à i Vecchi fuona ;
£ qucfti all’hor,fenz*a interper dimora 3
Dentro chiamar la Deità barena.
Sopra certi treppie , che flauanfuera.
Li fé feder la rancida Padrona ,
Mane a z,oppo vn T reppiede il pie confà
pagnoy . ’ -
Mk il pez.z.0 d'vnpiattel gl'erfe il cal-
cagno. • % ,
Battei vn Panfrà lor due tolfe a partir^
* Crudo nongiàfenche Nero» parca ,
E die lor certo Vinche potean dire ,
Vin Vinitian , perche dei' acqua hauea ,
Magnar poco gli Deiiperche venire
Ganimede ognidì Gioue face a,
Che traheatantigit/li Ambropanì ,
Qndti hauer ne potria quattro Milani .
j - > • • *
* • ' .
Chiefcro intanto a' Pitoccanti i Vecchi ,
Doue han la cafa,oue il lor pie camini >
E Gioue, perche aprian tanti d’orecchi*
Appetto gran carote a quei mefehini ,
Al
iy Google
Tafcto Temo * • ,* * -
[jLl fin quefiti fecero parecchi "
la Coppia Conforte i Pellegrini , .
Poi Filemon lo fiato fuo deferire
Con confa fa el oqnenz,a 9 e così dtffe .
I N quello Albergo, oue mi tratte il Fato,
Del mio giorno vital godo il fcreno ;
E Ce viuendo lyuom fù giama i beato ,
- Qual cuftode d Elifio igiorni meno ,
Non fan tributi mifero il mio ftato ,
Non fan pensieri lacero il mio feno.
Le Reggiefprez 2 o,e fol vedermi curo
Cittadino di Ciel,pria che di muro i ■.
Tempo già fu quand’è l’Huom meno ac-
corte ,
Che di mia libertà cangiai lo ftato ;
E fui nel mar de le Speranze attorto ,
E fui palco d’Ambitione al fiato ;
Hor che ne’flutti miei trouato hòì
porto ,
« Lafcio à tumide T urbe il ra3r turbato;
E godo io qui , come il veder foaue
Sopra lido ncur naufraga Nauc .
Qui di rozzo confi» fon Regc anch’io ;
Forma la Reggia mia fterpo feluaggiqi
Inoltrano le Rofe il manto mio ;
i M’indora il fuolo il mattutino raggio,
- Tapeto è l'herba,oue s’imperla il Rio,
E Trono vn Monte, oue dà fcctroil
Faggio,
Son mie corone i ftor,B auci,ècompa-
, gna, • * ' * (Agna,
Tributario vn Monton, tributo vru<
M s
D
y Coogle
FafcioTerx.o Vji
Qui $’ armato di ferro auuian ch’io
mieta #
L’inutil ramo al palmite Letico,'
Veggio al cader di vanità ferite
Sotto maeftraman piagner la Vite .
Quando arde poi sù la ftellata mole
l) i Leon Cleoneo Giuba crinita ,
Veftefi il Campo mio d’vn biondo
le %
E del Sole i color Tarlila imita ;
A Phot la falce mia mieter la fuole ,
In faccia à chi ne crea , i’efche di vita j
E pria che in man d’horrida Parca in-
ciampi.
Sembro a foilegni miei Parca dc’Capi,
QuaThor di State in fra gl’ardori efbremi
Tempra Erigone pia feruide ambage
Al nato Eumoc de’grauidT racemi
Con doglio prigionier formo le fafee
Mentre de Tvue i crefpi globi, e feemi
De la pioggia Thumor gófia, e li p afee ,
Miro quanto in vn Bacco acqua con-
trada X
Che in viteil creale ncfcriftalU il gua*
; # fta* m > <f
Se il gran Pianeta il Incido gouerno
t Da TArcicro Cétauro in Capra muta ,
^ Di gelata ftagion pronto à lofeherno
_ Fuggo tra Lari miei l’aura tcmujta .
Qui m’adì do à le fiamme , in finche il
Verno .
Hà per trimeftre Età chioma canuta;
E vn legno al fin, cui la mia Vita è pefo,
M q Mi
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ìji ' t)elle Fr afe berte
Mi regge intiero, c mi rauuiuà accefo.
Quella vita morttal di Prato kà faccia,
Oue han molti Animai vario il taléto.
In lui fegue del Lepre il Can la traccia.
La Cicogna lacertc, herbe l’armento .
Là tra piùme otiofe altri fen giaccia ,
Varchi le gole altrui Uranio alimento.
Qui la fame, la Cete, c l Tonno mio
Appaga vn Prato, vna Radice, vn Rio.
5prezzator ftudiofo io qui non viuo
D’ogni diletto, ond’è Natura amante ;
Nè aborro il ben, perche del ben fon-»
priuo. ? (re.
Nè moftro Hippocrifia tra quelle pià-
Scarfo non fembra al buon Colono il
riuo,
- Che comparte al Tuo prato humor b a,
dante;
E à far de l’Alma mia fatie le brame.
Baila vn lieue alimento à poca fame .
Pari à fpatio di campo ioferbo ilfeme,
Pari à l’cfca,à la fame io varo il merlo j
Nèda lungodigiunfpinta la fpeme,
Anhcla al fin d’ vn alimento incerto ,
Così di Pouertà duol non mi preme ;
Ne a cader vò,pcr rimirar tuopp’ecto.
Che Fortuna è dc’piè pari à la, fpoglia ,
Troppampia atterrai tropp’angufta^
addoglia .
Chi mena i dì con legge di Natura ,
Nc la parca mangioti l’anima acqueta.
Chi d* vn auido fpirto i moti cura ,
Al fuo lungo fentier non tcoua meta ,
; > ai-
Googi
Di
V a peto T erte f 275
Alma non fatia in pouera -mifuca ,
Ha nc la copia fua fame inquieta ;
E fe’l ben,ch’anhelò,mai non raguna >
. Delitto è di defio , non di fortuna . ;
Forfè auuerà^ch'al ben oprar m'infpire
Solitario confin di chiufe Falli. :1
Langue hoggi il vezzo, ouc non è chc’l
mire ,
Ch’anco la gloria fua tentano i falli .
Non vuol Bofchi fuperbia j e humaru?
,, fallire
Specchio non vuol di liquidi criftalli ,
, Là sù le vie d’adulator ripiene
* Non fauolofc colpe hoggi ha le leene*
V 9 lea pur dir perche de Vecchi il petto
Naturalmente i Cicalecci cfala :
JE fero de l'aurora anco il Vecchiatto
Fu couuertito in garrula cicala >
Ad à da Battei à tacer videfi affretto ,
Ctivn appefa caldaia à terra sala .
Fer qui lauar con rufficani arredi .
La non pedefire impurità de' piedi .
Scalca i Numi il buon Vecchio ,e m gc-
■ nocchiose ,
-A non creduti Dei celebra honore,
Lei terge-, afe tuga , e in riftorarli poni
Grande humiltà, gran carità di co -
re,
Ai entrefalia de la denota attiene
•Al del deNafi il f acri fido odore ,
Q11 effe wfegnar le Deità mendiche
N orme cor te fi à le Row^e ami-
che .
M 5 Voi *
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274 Delle Frafefièrie
Y Oi, che in aperto Tuoi lieti afeoridete
L’anhclato da pochi otio imiocéte
E da l’empia Città mai non trahete ,
Qual da putrido humor » morbi a la_*
. < mente, : ». .
In fuon mormocator voi più godete
' Fra’faiEvTJtio,chefrà leCorti vn dente
E fate in voi con L Vnicà gradita,
Poueri di defio, ricca vna vita *
Sprezza i fatti gtand’Alma , c l magiftero
D vn Cenno difeufor merti l’infonde ,
Non vàta Nane mai fcaltro Nocchiero*
Che d’oro hà il rotte o » c d’hebano le_>
fponde»
Cara è la Naue ancorché tinta à nero ,
Le cui ferme giun tur e e Ce l udo n Fonde £
E per far le maree d ira fpumanti
Rende a’ colpi di prua gli veti refranti*
Di bella vanità fchiua è Natura ,
E Col contea i perigli arma il talento.
Così prode Guerrier fpada non cura,
Chi trahe fpogli a gémata, elfe d’argento, i
Gradito è il ferrod n cui l a *ép ra è dura
E in colpo emulator rompe ardimento j;
Cheirobufti ripari, e di repente
A punta pencu òjfranfe à fendente*
Quei Grandi là, cui le fortune diede
Coltro d vn crin, curia Fortuna inoltra
Sembrati colui, che in conturnato piede
Clamide fauolofa al popol inoltra^
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Faf tio T erz.o \ 27?
Che fé fpoglia regai, più non pofsiede,
Fà de Torme plebee pouera moftra \
Così quà giù uè Tvltima partita _
Torna al nulla primier pompa di vita.
Fauci, che intenta a l’opra meritoria »
, Po fi e in ordine banca diuerf cofe,
E di coglier ne l’horto b~bbe in memo-
ria
Vna inf alata d’herbette odorofe ,
RncchettaJndiuia,Crifpigno Ct cerini
Pimpinelle, Borracine, Acetofe ;
Va Pagliariccio al fin;màf?nz.a paglia,
JSf oblino col titol di T ou agita, %
Stefagid la touaglia grojfolana y
C’ h atte a di grattacacio aco il modello >
Difpofe i Piatti in lei di Porcellana ,
Perdo v fan a magnami anco il Por ce Ila
Qui la Vecchia diftefea caro nana y
Noci,pere,Carotejvn Rauanello y
Add per leuar de la Radice il fieto ,
Due Cipolle acconciar volle in aceto*
Camparne qui la Nefpota brumale ,
Al cui frutto gentil Gioue s'agguaglia >
Perch'egli ancor qual Nefpota regale 9
La corona tene a, preme a la paglia •
Certe Caflagne ancor dieder fognale*
Quanto il lor frutto À Viandanti va*
&ia>
Che s* altri haurd dinauigar talentiy
La c a [lagna in vn fen genera i V tati.
M 6 Sui-
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ìyb Dille Frascherie
Suifcerato fende a certo Porehetto ,
Che pur dianzi tngrafs'o ghianda di
certo ,
Fauci da r Animai tratto vn lombetto.
Vi fparfe il [ale, & infilzilo à vn ferro,
Afetre al foco il volgea,detro uP aneti o
spremea l’humor,che diftillaua tlVerro
• Che s'ei tal'hor guaftb le biade altrui ,
| Degno e benché le biade efpriman lui ,
Y'tra nel graffe vn Cauole termino ,
Ambrofìade' Ghiotton Napolitani ,
A cui diede Mercurio il ben venuto ,
Che Attesegli hauea N apolitane mani
Queft$> e ciò , che imbadir hauea f apulo
fof ero in meri fa i proni dt Villani ;
£ che vifoj[e 9 0 uidio, e di parere ,
Vn par d’oua toftijfiwe da bere .
Fra in tauola vn Pane , il qual hauea
Gra pretesoti fopra la,l7gua Hetrufca »
Per eh* a la cera fua nato parea
In mez.0 à l'Accademia de la Crufca •
7* rouar Vino miglior poi non potè a.
Chi d’vn Vi Corfo ddar volejfeibrtfca
Era u Corfo leggier, che no s* adacqua
Mà tanto corfo hauea 9 ch'era tutt* ac-
qua,
t
Già lauate s'ha nettano i Romei
Et nette manine s' erano afciugati 9
C «ntra l’vft ladriffimo di quei 9
Che di man non fon netti , e fon lauath
Già
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Taf f io T nz.0 'lyy
j G ià d’AÙtii a la Magna er angli Deh
£ da Vinetia a Brindi^ pajfaii :
E già rotta la carne m piu bocconi t
Di fette baite an, non affittati i doni .
Ciàficredea File mone , che veto
Tuffi il Boccale, onde trahea.no il Tinoy
E già pre/olo in man,voleafar moto
Verfo il Baril, che flauali vicino \
Quando a l'atto db aliarlo il Nuenc^
ignoto
Lo riempie d'vv Nettare dittino ,
Stupiffi il Tee chi» , e lo fìupor a Battei
Le parole attaccar fece a le fauci.
. /
Tur grati al del gli u ìlbergator fenili
Con h umiltà di core alz,an le ciglia »
E ognvn di loro i faenfieij humili
«A gli hofpitali Numi erger bisbiglia ,
Qui Gioite anch’ei, per crefcer core a'
, vili,
De* miracoli fuoifea marauiglia :
E l’oration con meritorio paffo
Feagiro al Ciel per ritrouarlo a baffo .
Era vn Papero in cafa , il qual vinca
Contragli humant odor per fentineda »
E di lui capitai già fi face a ,
Ter darne al Ctel la vittima nouella ;
Aia mentre intorno al fuol laffa correa
Per hauerlo a le man,la Vecchiarella ,
Verfo i Numi l' .Augello il volo muoue.
E: e di lui la Saluaguardia vn Gioue }
Ginn-
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ì7$ Delle Frafcherie
Giunto il Papero a Gioue , immantinente
Lavargli DeiTadulterinfembiante i
E preja la natia forma fpiendente)
Influpidir degli hojpiti le piante .
Abbagliati adorar quei di repente
Il Nume Caducifero,e’l T* onante ,
E Gioue a l'hor del fuo baleno a i doni
Volle accoppiar di t ai parole i tuoni .
Sian Numi. Al fin da’noftri ceni hauuan»
Non creduti dolor l’Alme vicine.
N’andrete impuni voi ne 1 altrui danno-
Mà feguir mi .conuien Torme diuine ^
T ofto in traccia de y Numi iVecchiv ano
A contemplar de la E ragedia ? l fine ,
Vvfcio aperto laffarimà dice il T tfto , .
Chi memoria ha di Cicl,fcordafi il reità
O belici! ginocchi mici verde Campagne*
Care à Torccchie mie Linfe fonore ,
Valli, à cadente fen pronte Compagne,
Ri ui algenti lauacri à Tarfo core.
Già die amico deftin vuol eh io fcom-
paglie ■ >
( Da Therbc il fiaco,e da Thumor Pardorc, »
A Dio valii,à Dio riui, ecco in congedo
Vii fior al prato , vn bacio à Tacque io
chiedo..
Sì dice a Filemon^menire il fuo puffo
Alone a dal patrio fuol timido , e tardoi
Vinche in cima del colle al corpo laffo
Dierpofa i Vecchi , e n' arretravo il
-guardo
A ‘ Ahi
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Wafch T erz.fi . 2 7^
Ahi vi fa amara. Vn Rio mirar da vìi
/affo
Spumante vfcir,precipitar gagliardo:
E la dura Città d’ acque cofperfa
Entro il molle flagel videro immerfa,
• - * * ■ * t • * ' *
Liquefatta in palude eccola a pena ,
Che cCvn i fola in lei [punta l oggetto:
E n quefla poi, qual Deitade inf cenai
il E uguriofedel mìrafi eretto .
La Capati a e già E empioftn cui balena
Arfaface 3 aureo muroyargento tettOy
Nel fumante Camin cupula appare »
E la Menf % hofpital s'erge in Altare *
• a
Mirate là, dijfe àl'hor Gioue à quelli.
Come forza di Giei i’opre compenfa:
Quali ad anime ree pioue flagelli ,
Quale ad anime pie premio difpenfa .
Hogg’è de’Pefci il fen tomba a’Rubelii ,
E Sacrario è di Dei la voftra menfa,
N’hauretevoi di Sacerdoti il zelo;
Fin ch'ambo à vn punto effcingua aura
di Cielo. . .
Spar nera t Numide i Semidei Cuslodi
JS'adoraro nel fuol forata fi amputa s
JE Nancy al fin de le diurne lodi
E" orfero il piè ver lamagion [aerata
Qui fi vijjer congiunti : in fin che 1 nodi
J)' amor di feto fife h umanità cangiata »
E fatti rami i crw feorfj le veflt >
j Fero in dueEronchi à tronca Vita-*
in e fi i.
n
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ìSo Delle F rafie berte
Vi fi a norma vn Efempio . A l'altrni
pene ~ ,
Non fiate voi di poche gr atte auari ,
Se bramate,chel Cìei dal voHro bette
E arfi pie tofo a'voftri mali impari :
La Fietà, che qua giù gi’cgri fouuicne ,
D’humido campo al vapor lieue è pari
Che dal Tuoi difettato in alto poggia,
E cade poi ficco d’vfurc in pioggia %
s
Qui diè fine Egidcargo alla lettura del-
le ottaue di Tciédapo , alie quali per la_*
varietà delle materie, c de gli itili, oppor-
tunamente frapoftiui , fecero ben torto
vna lodeuolc appendice Rorazalfc, e_*
Stampermc , ma perche Thore della fera
inuitauano gli Amici più faticati a’ refri-
geri) ò dell’aria , ò della menfa ; Stamper-
ai configliò à tacere , attertaudo col pa-
rer d’Hippocrate , che il Silcntio, à chi
vuol aftanei'É dal bere , era vn’ottimp
Antidoto contra il male della fete..
r L FINE.
-♦i
\ a»
V *
’ 6
TAVO-
TAVOLA
DELLE PROSE.
Falcio Primo .
, . I .
C A Unita dell* Afta . a cart . 15.16
Configli alla letitia . 18.19
Configli a di fc or fi . 20.21
Chi debba imitar fi nel fenolo , fi cr adi-
tolo Democrito . 36
Giuoco di Corte . 25
G ino calori dannati l 24. 2 5
JAiniflri d'iAfia j loro nature . 53
Principi d' A fio., e loro Guerre • 5 1
Pianto 9 efHadifefa. 37
•Ki/o • f /# * . 41
1 — 1 nmi 1 . in li 1 ma . m»
Fafcio Secondo .
/
A Petino, & .Ariofloy inculti % & infulfi
mila S atira • ^ H 1
Cagioni de Ila f acuita poetica .
Giu-
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Tauola delle Profe .
dimenale Archetipo della Satira frài
Latini . 140
Ciane naie, e fuoìefemplari,e forme nel-
la Satira- - . T 3q
Giudicio [opra le Satire di Horatio , e di
Ter fio. V , ^138. Ì&
Hijlorici della Ionia bìafimath 1 64
- Libello Infamatorio dannato . IQ 7 « 108
Libello^ fuoircquifiti . _ _
Principe infamato , perche giudico male
dvn Compofitore di Cartello . 107
Toetaftri d'Ephefo , c loro forme , Ui
Qual me^o fta piu efficace , acquiti ar
Lama. 88
/ 7 *i piu difficile nel Secolo , /7 faper
fare vna Satira/o'l non farla .. &£
Jto manieri d*U*~ 4 fi*,e lorojlile 1 67
Sentimenti vari) de * Principi antichi,
contragli Scrittori del Libello . 101.
xoì
S atira, origine della Poe fa * 91
Satira,/ 'eparata, dal Libello . 98. log
Satira^ (ue parti .
Sue origini antichi . ^ • ; 4 ■. 94
Sue difficoltà * 134
Falcio Terzo .
C Ortt de iS alonichi > e fua def eru-
ttane . ' 227
Confiderationi f opra le Corti. 242.244
i? f «9 <?/* i de gl* Italiani verf ? 5/
nicri* „ .246
i^T"
Tauo la delle Pirofe .
Natura de gl'italiani. ^ 246
Peregrinaggio biafmato • ” * i?i>. 209
Peregrinaggio lodato . 205
Perche gl* j 4 fini hanno più fortuna d(L>
gl' altri nel Mondo , Fauoletta. 244
PiUmone*) e Battei . 256
Viaggio di T eledapo . - 196
Suoi accidenti nell'incontro de Malan-
drini. 252.254
Fine della Tauola delle Profe ,
%
T A-
Google
TAVOLA
delle POESIE. '
Pafcio Primo .
A l,ìegreX5-*t° utr *\
d'vntìicckc'lz.a ingorda^ .
Quadernario. «*w«|.
Aligeri* nel P tonte de Bo-
bini, Madrigale- Recit \ 7 .
Amante che va alla uuerr .
tiuo , c Canzonetta. ^
^ Guerrieri Principi dell j4J*a •
Cannetta. 4 »
J Ridiceli- Satira. J
La Guerra- Satira.
La Fame. Satina. Q^er. So
Joetayche va alla Guerra,
Ritorno delle flagizi, e caducità hnma
Scherzo [opra la Pouerta,e la ? attenta.
Vicif indirti di Natura, Madrigale : . «5
Tauola delle Poc/jc.
A
i *
Fafeio Secondo .
r^Ontra A 'grippiti a» e he fa filar Clau-
àio. Terzetti. 121
Jl Principe di Fejfa , che vi fi t a F erte z.-
z.e,p er carpir tributi, Madrig. 122'
Jl M onarea de!U More a , f colpito , &
adulato in marmo . Madrig. 123
T tberio Imperatore , lungo ntl mutare i
Governatori . Sonetto. 125
La Gola, Terzetti. . . 162,
Vna raZz.a di Poeti . Ottaua . 176
Vna Damaàmbellettata di rojfetto, Re-
citatiuo,e Canzonetta. 109
Vn Vecchio, che fi tingenti la barba-/ .
Sonetto. * 11 2
Vn Amico verbofo in lettere. Madrig.
n ?
Vn Giovane , che adducete a per argo-
mento della fua pudicitia lo poca Età #
Madrig. 113
Vna Donna che vuolVefte dal fu* Dru-
do^ gli ruba Anelli . Recitar. 1 17
Vn Afirolog 0 c'haueua fatta la Genitu-
ra alla fua Donna. Recitat. 1 14
Vn Zerbino , acni fu ver fato ado ffovn
vafo d’acqua . Sonetto. 119
Vn Francefe , che fpende prof ufi amenti
‘ in vna Donna . Sonetto . 11^
Vn Par afta. Quadernari j. . 16 1
T auola delle-PceEe l.
Jl Corfo . Satira .
HVegafno. Satira.
La P aXzia , Satira .
Lodi della Satira. Terzetti. ^
Faccio Terzo.
C Ortegiano^e fua Camera Rccìt. 14 P
Canto del mede fimo in lode dell *->
Speranza . Canzonetta . 242
Gli Dei pezzenti. Ottaue. 259
H abito alla moda tìff/cnV/#.Kecitat ; 247
Jl Piaggio, Satira. 31 5
La Corte. Satira. 2 34
Nebbia d'vna Montagna, Madrig. 1 90
Poeta fauorito da' Malandrini • Ter-
zetto. . a 54
Tabacco mandato a *vn Cortegiano .
Madrigale, 2 4?
I L F I N E,
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